A parte il primo romanzo che lessi di questo autore “La variante di Luneburg”, del quale non sapevo in che mondo mi avrebbe scaraventato, ho sempre cominciato i suoi scritti con un certo timore; quando, comodo nella mia poltrona allungo la mano e raccolgo la sua ultima fatica mi sento come un meccanico che sta per cimentarsi con un libro di anatomia e chirurgia del corpo umano, sempre di meccanica e idraulica si tratta, ma a che livelli… Quindi io da lettore vorace quale sono mi sento in grado di sezionare un romanzo e capirne i meccanismi, a volte trovo il difetto in questo insieme di lettere (pistoni), che compongono parole (motore), che creano un libro (automobile); a volte invece godo della perfezione del rombo e degli incastri perfetti che gli ingegneri sono stati in grado di creare per favorire la nascita di qualcosa che durerà nel tempo, un’auto… pardon, un romanzo che, citando Il giovane Holden di Kipling, quando lo finisci vorresti essere amico dell’autore per poter alzare la cornetta del telefono e chiamarlo per dirgli quanto ti è piaciuto. Sono quindi alla prima pagina e già ritrovo lo stile di Maurensig: il racconto in prima persona mi piace, lo vivi, lo fai tuo. Poi mi faccio più attento, perché se lo conosco bene comincerà il suo viaggio in quello che è per me una delle sue caratteristiche migliori: chi racconta, racconta di qualcuno che gli ha raccontato qualcosa… o apre la porta verso una tangente che ci spinge, pare, lontano dalla storia principale, ma stando bene attenti, scopriremo alcuni tasselli che ci catapultano indietro, fisicamente indietro (quante volte ho sfogliato questo romanzo al contrario per ricercare qualcosa nelle prima pagine che m’era parso centrasse con quest’altre!!). In questo romanzo ci si può perdere sulle varie strade che Maurensig asfalta per noi; vuoi accontentarti della mera, seppur meravigliosa storia d’amore? Eccoti servito di righe che descrivono l’innamoramento con frasi che pare arrivino direttamente dall’ottocento. Vuoi invece visitare Venezia? L’autore ci propone una sorta di guida dei vicoletti più belli e sperduti corredati da ristorantini tipici. Sei appassionato d’arte? E allora non leggere questo romanzo in spiaggia come ho fatto io ma fallo in un luogo dove hai accesso a internet, perché le informazioni che Maurensig elargisce su svariate opere d’arte ed in particolare su “La tempesta” del Giorgione valgono la pena essere approfondite almeno con la visione del quadro di cui si parla, anche se solo attraverso lo schermo di un monitor. Sei in un periodo in cui ti affascinano i misteri del passato? Nulla di meglio, qui avrai pane per i tuoi denti. Ultimo ma non meno importante, non si può tralasciare di elogiare la maestria con cui vengono timidamente descritti, quasi gli si togliesse di dosso poco a poco un leggero velo, il parallelismo degli avvenimenti che accadono all’io narratore con quelli che lui stesso va cercando. Un romanzo, per concludere, dove alla fine capirai qualcosa di più dell’artista e dell’arte, delle scelte e degli obblighi, dell’amore e della morte. Imperdibile. Cit. Dalla quarta di copertina de “La tempesta – Il mistero di giorgione” Nato a Gorizia nel 1943 dopo aver compiuto gli studi classici, si trasferisce a Milano e inizia a lavorare nel campo dell’editoria. Parallelamente coltiva la passione per la scrittura, pubblicando alcune raccolte di racconti (I saggi fiori, All’insegna del cigno). Il successo arriva nel 1993 con il romanzo La variante di Luneburg. Seguiranno Canone inverso (1996), da cui è stato tratto un film diretto da Ricky Tognazzi, L’ombra e la meridiana (1998), Venere lesa (1998), L’uomo scarlatto (2001), Il guardiano dei sogno (2003), Vukovlad, il signore dei lupi (2006) e Gli amanti fiamminghi (2008). Diego Rocco
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