Alessando Baricco - Emmaus (2009) | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Alessando Baricco - Emmaus (2009)

Dell’ormai statuario Baricco non c’è molto da dire, perché molto si è già detto a proposito dei suoi libri precedenti e non solo. Baricco sa cosa significa Scrivere. Possiede un dono -raro- che oggigiorno molti ritengono di possedere e in virtù del quale (seppur presuntuosamente) si arrogano il diritto e la facoltà di mettere nero su bianco parole e godono del vedersi pubblicare ciò che han scritto.
Ma “Scrivere”, quell’arte rara che pochi in passato han posseduto e che oggi possiedono davvero, quello con la maiuscola cioè, fa parte del DNA di Baricco: da questo punto di vista quindi, nulla si può dire di “Emmaus”, che dal punto di vista stilistico e della forma brilla alto tra gli eletti nell’olimpo, senza aloni.
E’ nella trama che però, a mio parere, Baricco ancora una volta scivola. E’ una sensazione che sempre mi accompagna quando leggo i suoi libri: quella cioè che giunta alla fine del cammino (e in questo caso è d’obbligo il richiamo al passo della Bibbia che l’autore stesso cita, centro nevralgico della vicenda narrata) non si abbiano le idee ben chiare rispetto a ciò che si è letto.
Perché Baricco “Scrive”? Questo mi viene ogni volta da chiedermi. Quale è il messaggio? Su cosa dovrei riflettere? Sono tutte storie umane, quelle che negli anni ci ha regalato, e anche in quest’ultima fatica è così. In “Emmaus” adolescenti ancora troppo piccoli per capire ciò che sta davvero dietro agli eventi della vita.
Ma bambini ormai troppo cresciuti per non cadere nel vortice degli eventi, per non rimanere dannati. E feriti, irrimediabilmente. Il desiderio li governa, il peccato li divora e il pentimento li perseguita. Sopra a tutto però loro e la ricerca di un senso a ciò che accade, a ciò che li travolge e li risucchia.
Mi dispiace arrivare a pensare ogni volta che chiudo un libro di Baricco, che forse Egli scrive più per se stesso che per gli altri. Forse più per crogiolarsi nella sua magnificenza formale che per raccontare qualcosa; un po’ come dire insomma che la trama è in funzione dello stile e non viceversa. Ora, a mente ancora calda per aver appena terminato questo libro, non so dire se aspetterò l’uscita del suo prossimo. Magari deciderò – quando sarà il momento- di non prenderlo. O forse non saprò resistere alla tentazione di immergermi nella vertigine data dalla magia del suo splendido saper Scrivere.

Federica Venanzi

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