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Jane Hirshfield - Il messaggero/The Envoy

Un giorno, in quella stanza, un piccolo topo.
Due giorni dopo, un serpente.
 
Il quale, vedendomi entrare,
con una frustata ha mosso la lunga striscia del suo
corpo sotto il letto,
arrotolandosi poi, come un docile animale domestico.
 
Non so come siano entrati o se ne siano andati.
La luce della torcia, poi, non ha rivelato nulla.
 
Per un anno sono stata ad osservare
mentre qualcosa - terrore? felicità? lutto? -
entrava e poi lasciava il mio corpo.
 
Non sapendo come vi fosse entrato,
Non sapendo come ne fosse uscito.
 
Stava appeso dove le parole non potevano raggiungerlo.
Dormiva dove la luce non poteva arrivare.
Il suo odore non era quello di un serpente né di un topo
né sensuale né ascetico.
 
Ci sono apertura nelle nostre vite
di cui non sappiamo nulla.
 
Attraverso di esse,
le mandrie con i loro campanacci viaggiano a volontà,
con lunghe gambe, assetate e coperte di polvere straniera.
 
 
 
 
 
 
One day in that room, a small rat.
Two days later, a snake.
 
Who, seeing me enter,
whipped the long stripe of his  
body under the bed,
then curled like a docile house-pet.
 
I don’t know how either came or left.  
Later, the flashlight found nothing.
 
For a year I watched
as something—terror? happiness? grief?—
entered and then left my body.
 
Not knowing how it came in,  
Not knowing how it went out.
 
It hung where words could not reach it.  
It slept where light could not go.
Its scent was neither snake nor rat,  
neither sensualist nor ascetic.
 
There are openings in our lives  
of which we know nothing.
 
Through them
the belled herds travel at will,
long-legged and thirsty, covered with foreign dust.
 

Jane Hirshfield, “The Envoy” from "Given Sugar, Given Salt" (HarperCollins Publishers) Copyright © 2001 by Jane Hirshfield.

 

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