Demain, dès l'aube
Je partirai. Vois-tu, je sais que tu m'attends.
J'irai par la forêt, j'irai par la montagne.
Je ne puis demeurer loin de toi plus longtemps.
Je marcherai les yeux fixés sur mes pensées,
Sans rien voir au dehors, sans entendre aucun bruit,
Seul, inconnu, le dos courbé, les mains croisées,
Triste, et le jour pour moi sera comme la nuit.
Je ne regarderai ni l'or du soir qui tombe,
Ni les voiles au loin descendant vers Harfleur,
Et quand j'arriverai, je mettrai sur ta tombe
Domani all’alba
Vagherò attraverso la foresta, vagherò per la montagna.
non posso restare lontano da te più a lungo.
Camminerò con gli occhi fissi sui miei pensieri,
senza vedere niente al di fuori, senza sentire alcun rumore,
solo, sconosciuto, la schiena curva, le mani incrociate,
triste, e il giorno per me sarà come la notte.
Non guarderò né l’oro della sera che tramonta,
né le vele che in lontananza discendono verso Harfleur
e quando arriverò, metterò sulla tua tomba
Tomorrow at Dawn
Tomorrow, at dawn
In the hour when the countryside bleaches,
I will leave.
You see, I know that you await me.
I will go by the forest, I will go by the mountain.
I then am to remain far from you for a long time.
I will walk the eyes fixed on my thoughts,
without anything to see with the outside,
Nor hearing any noise,
Only, unknown, the curved back, crossed hands,
Sad, and the day for me will be like the night.
I will not look at the gold of the evening which falls,
Nor the veils that descend far towards Harfleur.
And when I arrive, I will put on your tomb
A green bouquet of houx and heather in flower.
I versi di questa poesia, sono alessandrini: versi doppi di sei sillabe francesi, sette contate alla maniera italiana, li riporto con la cesura. Il ritmo è giambico.
Je partirais. Vois-tu, || je sais que tu m’attends.
J’irais par la forêt, || j’irais par la montagne.
Je ne puis demeurer || loin de toi plus longtemps.
Je marcherais les yeux || fixés sur mes pensées,
Sans rien voir au dehors, || sans entendre aucun bruit,
Seul, inconnu, le dos || courbé, les mains croisées,
Triste. Et le jour pour moi || sera comme la nuit.
Ni les voiles au loin || descendant vers Harfleur,
Et quand j’arriverais, || je mettrai sur ta tombe
L’ ‘800 fu un secolo di grandi cambiamenti e la cultura francese (insieme ai suoi accademici) desiderava fossero introdotti dei distinguo nella cultura e che un autore dovesse rappresentare la Francia, quale faro dominante. Non fu facile, ma si arrivò a vedere in Victor Hugo quel lume attorno al quale doveva riconoscersi l’intera cultura francese (e qui si torna al principio del "Re sole", secondo il quale tutti gli altri dovevano girare intorno al prescelto per rappresentare la Francia nel Mondo della cultura). Scelta giusta? Mah! Certo è che scegliere tra i grandissimi della Francia non sarebbe facile per nessuno, ma Hugo rientra tra quei poeti e romanzieri che hanno rovesciato il sistema culturale del declamare classico. Insieme a Baudelaire e ad altri, avviò quello che sarebbe diventato il nuovo Romanticismo francese. La rivoluzione, quasi copernicana, non è stata quella che molti pensano, come ad un revisionismo storico culturale, ma, finalmente, a quel rinnovare l'estetica della prosa e della poesia perché si uscisse da quell'ermetismo che, secondo lui, rendeva incapaci i lettori di entrare nell'anima di ogni parola e verso. Difatti, "Domani all'alba" è una di quelle poesie che non necessitano di sofisticate e complicate analisi per tradurre il pensiero dell'autore. I versi sono espliciti quanto estensivi e mai per difetto.
Altra cosa è quello che riesce a percepire un lettore. La sensibilità di questi è soggettiva, e giustamente ma, V. Hugo riesce, come Baudelaire, Celine, Flaubert, ad accompagnare tutti noi verso il canto dei versi. Quel canto che ogni lettore fa suo a seconda della propria sensibilità ( come detto ) ma, soprattutto, chiunque di noi saprebbe scegliere un sottofondo musicale che possa ricordargli i versi appena letti. E qui si torna al vissuto di ogni singolo lettore. Come ho scritto riguardo al saggio di M. Proust "sulla lettura", i versi di Hugo sanno riempire la fantasia di ognuno di noi e di questa renderci partecipi di una passato, di un presente e di un futuro che si vuole immaginare confacente al nostro essere uomini o donne.
Ogni verso è una rammentare, un singhiozzare, una osmosi mai dichiarata felice o dolorosa che sia stata o sia. La poesia è sintesi ma anche denuncia. La poesia è senza ma né perché. O la sia ama o la si odia. Molti di più la odiano o non la comprendono e, se ci fate caso, sono quasi sempre persone razionaliste e di estrazione scientifica che tutto vorrebbero potere analizzare in laboratorio per decifrarne Dna o quant'altro; senza soffermarci, poi, su tutti quelli che fanno di ogni giorno della vita un vissuto da buttare senza ricordi o melodie che avrebbero potuto suggellare straordinari momenti della loro vita.
Nessun rimprovero a questi, naturalmente, ma non mi assomigliano. E per fortuna!
Nel 1813 i suoi genitori si separano e la madre si stabilisce a Parigi insieme al generale Victor Fanneau de la Horie.
Qui Hugo frequenta il Politecnico dal 1815 al 1818 per volere del padre, ma ben presto abbandona gli studi tecnici per dedicarsi alla letteratura.
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