Scritto da © Manuela Verbasi - Ven, 26/11/2010 - 21:49
recensione di Vincenzo Atzeni
…e profuma ancora il mirto
di Giulia Luigia tatti
Nell’indagare attraverso una lettura non capita spesso di sentire assonanze che consentono un intimo colloquio con un autore. Quando questo accade, si è piacevolmente sorpresi nel constatare quanto simili possano essere i modi di intendere, ragionare e poi concepire un declamare attraverso un lessico accattivante per forte impatto emotivo.
Per queste ragioni è necessario, per esperienza, tenere lontane le emozioni nel momento in cui si recensisce un libro. In questo caso, uno di Poesie. “…E profuma ancora il Mirto” è uno di quei libri di Poesie che hanno messo nella condizione sopracitata chi in questo momento recensisce. Preso atto di ciò, è necessario fare dei distinguo tra costruzione, emozioni e quanto un’autrice riesce a far baipassare senza forzature né ammiccamenti. Le poesie di Giulia Tatti questo trasmettono senza alcuna forma di falsa, seducente maniera di convincere il lettore. Sono evidenti i modi di intendere e quanto genuini siano i pensieri che l’hanno attraversata per poi fermare sulla carta i medesimi.
Quando nell’intimo, quello di un percorso di vita, si riesce a condensare senza sbavature versi che non hanno alcuna forma di petulanza scritturale, allora ci si trova a dovere constatare una consapevole – perché veritiera di un intendere non artificioso – visione introspettiva che non lascia spazi a vocazione per richieste di approvazione. Leggere le poesie di Giulia è come passeggiare nella battigia, a sera, quando si è soli a riflettere. Come quando i pensieri corrono veloci a fermare attimi e momenti che hanno cadenzato un vivere nel quale si è stabilita un’analisi molto attenta delle sofferte emozioni e, di queste, cogliere anche le sfumature che hanno inframmezzato di gioie non superficiali tanti anni di un vissuto molto intenso ed incisivo.
E allora perché certe poesie “parlano” e sono positivamente ferenti per un lettore? Perché queste hanno in seno la magia di “sapere disegnare sulle nuvole” (come si legge nella poesia ‘Lungo il bordo della strada’) quei ricordi di echi arrugginiti dal tempo, come ancora Giulia declama nella stessa poesia. Arrugginiti dal tempo, certo, ma non dimenticati né privi di struttura emozionale. I percorsi tortuosi non sono necessariamente faticosi, ma possono rappresentare - come rappresentano – quell’indispensabile soffrire per giungere al termine di un percorso dopo il quale si può assolutamente dire: “…Ad occhi chiusi / ripenso ai giorni, al tempo in cui / ignoravo, e sentivo il mio cuore / aprirsi ai passi incerti della vita / e, come raggio di sole / che trafigge una nuvola, / mille ricordi attraversano la mente / …”. Così si legge in un’altra poesia ‘… E, mi manchi’, che ferma fotogrammi vividi di passione ed emozioni.
Nell’incedere delle liriche di Giulia si percepisce anche, e per fortuna di chi legge, quel vento che soffia dalla natia terra e che viaggia nella consapevolezza di un io non desideroso di dimenticare ma, anzi, voglioso di essere partecipe di un percorso che ha valicato il mare per deporsi in altra terra accogliente quanto gratificante per gli affetti più intimi, quanto per tanti riscontri di ordine lavorativo e culturale. Nella Poesia ‘Tepore di scirocco’, questo sentire prende forma e si amplia: “Tepore di scirocco / addormenta la volontà / ispira / desiderio di sonnecchiar senza pensieri. […] Germogliano i lumi, per la via, / e a poco a poco / la folla si disperde / ed il mio sguardo / indugia su un albero che geme, / inclinandosi a compiacere il vento.”. Davvero eloquente ed intensa, quanto pregna di quell’amore viscerale che accompagna il passato attraverso il presente.
Non si possono non sottolineare, anche, alcune liriche che entrano nel sociale affrontato con delicata osservazione e giusti interrogativi. Ne è un esempio la poesia ‘Il colore delle lacrime’: “… Piccola donna dal tratto Orientale / incedi, lenta, sulla tua vita sciupata / inciampando su quel destino mendace / che prometteva felicità e chiarore. / Ma come è faticoso, vivere, / fra esseri indifferenti e muti… / forse che le tue lacrime non siano del colore / delle mie? …”
E’ certo, inoltre, il gusto estetico che non scivola mai nella retorica. Se si vuole osservare un valore aggiunto, lo si può trovare nella continuità di una semantica essenziale quanto efficace.
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