Biografia
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Nato a Collesano (Pa) 08/07/1936 Anagraficamente residente a Viareggio (Lu) vivo a Orciatico (Pi) piccolo borgo medioevale della campagna pisana, vicino Volterra. Trascorro l’infanzia “intrabellum”, girovagando per l'Italia al seguito del genitore militare. Scuole poche e mal frequentate, molto maestra la strada. Quarant’anni nell'Arma dei CC, ho svolto servizio di polizia nel reparto volo elicotteri in zone sensibili al banditismo. Esperienze di vita non tutte esaltanti. Caratterialmente insicuro, introverso, ma necessitato a farmi forza (violenza). Letture molte, senza guida o piani. Curiosità più che altro. Preferenza per l'umanistica in senso lato. Comincio a scrivere con assurdità nel 2004-2005 quasi una terapia antidepressiva perché, dopo la quiescenza, con la mancanza di impegno, si evidenzia una crescente carenza di senso per il futuro e recriminazione per il passato. Non ho veri hobby: vado in moto a caccia di paesaggi e realtà impolverate nei ricordi. Randagio per carattere, frequento cacciatori senza cacciare, pescatori senza pescare, agricoltori senza coltivare, ma mi offro per aiutare questo e quello nella loro quotidianità senza ansia.
Bruno Amore
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Recensione
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Bruno Amore si definisce un girovago, un randagio costretto, nei suoi continui spostamenti, prima al seguito del padre militare e poi nell’Arma dei CC, a portarsi appresso le sue insicurezze, le sue paure accentuate forse dalle esperienze “non tutte esaltanti” che è stato costretto a fare ma che gli hanno insegnato molto già che maestra gli è stata la strada. Ed è da queste esperienze e da una necessità di sfogo che nasce la sua creatività, a volte semplicemente a volte con proprietà di linguaggio ma sempre curata nei minimi particolari. Ma sa anche stupirci con l’ironia e con fine erotismo. Davanti al dipinto “l’urlo di Munch” dal quale l’autore ha tratto l’incipit del suo “Aspettando Munch”, lo scoramento ha portato a far risorgere ed a scatenare tutte le paure, le ansie e le incertezze che accuratamente teneva nascoste nel tentativo di debellarle, di ammansirle, di neutralizzarle, perché, forse, in quel momento si sentiva il protagonista di quell’urlo. “Fioca viene una melica, tango da fisarmonica seguita da violino…” Le note languide di un tango suonate da una fisarmonica, scandiscono il ritmo di questo struggente e sensuale canto, riportando alla mente dell’autore la passione che ha condiviso con il suo primo amore “finito”, come dice lui, ma mai scordato. “Corpi fanciulli in palandrane lunghe…” E’ con toccante semplicità, che qui l’autore ci fa sentire la sua partecipe sofferenza, il suo rammarico, per le vittime innocenti ed allucinate di un gioco perverso inventato dalla stupidità umana. Un gioco che ha privato del sorriso e tolto la spensieratezza dell’infanzia a ignari bimbi che “si scambiano in allegria i pezzi inanimati secondo bisogno.” Questa, per l’autore, è una delle sue prime e più care poesie. Amori che finiscono, amori che nascono, questo è il leit motiv dell’autore. Un raccontar di storie incapaci di chiudersi o di aprirsi. Versi, i suoi, che sembrano lame taglienti e lui, il tiratore provetto, che centra sempre il cuore delle sagome lasciando un segno indelebile. “C’era una volta (mia madre)” una dedica dolcissima e commovente. Quasi una elegia questa lirica, uno scavo nella memoria alla ricerca delle parole, dei gesti che solo una madre sa dire o fare. Il ricordo di momenti, di attenzioni che per un adulto rimarranno eternamente preziosi ma che un bambino invece mal sopporta. Gesti che un uomo, nell’età matura, inconsapevolmente si ritrova a ripetere. Nelle poesie di Bruno c’è compattezza e forza, condite a volte con una punta d’amaro ma che scorrono con impeto dall’inizio alla fine.
Eddy Braune
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Aspettando Munch
(questa è l'incipit del mio scrivere versi)
Urlo lancinante un silenzio, da un sentire sepolto, profondo. M'impedisce perfino il respiro, mi stringe la gola senza voce. Così dentro la notte, quando si spengono i tardi bagliori della sera, mi ritraggo ad ingoiare le ansie, le paure. E occhi gialli foschi spuntano dai muri grigi della città, spiano le vie. Sogno di buio in buio scansar l'ombra mia spossante, che mi insegue. Chiamo, più forte di mai, ne esce un timbro ignoto, come un soffio infrasuono che scende nel gorgo della coscienza. Lo strido straziante del muto, al vicino, distratto da un sogno, che passa via. |
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Hotel Argentina
(il primo amore adulto che finisce)
fioca viene una melica |
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Un giorno a Kabul
(la coscienza civile che incalza)
corpi fanciulli |
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Chi lascia & chi resta
(ancora l'amore che non si ferma mai)
Sempre chi lascia pare esser |
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C’era una volta (mia madre)
come odiavo le tue ansie
ad ogni mio seppur piccolo volo l'aria sgomenta che mi accoglieva la stretta spasmodica al rincasare il tuo silenzio triste quando dal balcone miravo l'orizzonte avviandomi non mi trattenevi e dai vetri un cenno mi mandavi Ora amo disperatamente quei tremori non soltanto tuoi quella presenza che mi dava forza di andare e sempre ritornare quei baci profumati di cipria il contatto stretto caldo che più non mi consolano. |
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Corrono nubi
e corrono nubi grigie
cariche di sogni attraverso il cielo di questa stupida vita è vento gelido quello che le rincorre e porta via. si scaricano lontane da me come certe piogge attese desiderate per rinverdire sedimentati desideri inappagati riposti in attesa di tempi migliori che non vengono e verranno mai. |
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Timidezza
Non arrossire quando ti bacio
ascolta il tuo corpo che brama viepiù le mie carezze languide non intimidire il tuo cuore ma scioglilo che impazzi gioioso quando il piacere raggiunge ambiti gelosi predestinati e cogli le rose dell’amplesso che seppur vi furono spine a recintare il campo della vita nulla ripaga di più d’un orgasmo. |
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-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi -Autore di Rosso Venexiano: Bruno Amore -Recensione: Eddy Braune -Editing: Anna De Vivo -correzioni di Maria Catena Sanfilippo -tutti i diritti riservati agli autori, vietato l'utilizzo e la riproduzione di testi e foto se non autorizzati per iscritto |
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