Gabriele Menghi - Taglioavvenuto | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Gabriele Menghi - Taglioavvenuto

 
Biografia
Gabriele Menghi, o “Taglioavvenuto” per gli utenti dei siti web di poesia, nasce, studia, vive e lavora in Emilia Romagna. Esercitando una professione economica liberale, nel suo primo arco di vita non tralascia di spostarsi in vari Paesi europei alla ricerca di affari, sembra, però, più affari di cuore che affari e punto.
Durante il periodo degli studi ha la ventura di lavorare quale cronista nella Redazione del “Resto del Carlino” di Rimini e lì cercare di imparare i primi rudimenti del metter su parole sotto la guida arcigna dello Storico, Prof. Amedeo Montemaggi, e di un eclettico giornalista quale il compianto Duilio Cavalli, padre del poeta contemporaneo Ennio Cavalli.
Abbandonato dalla carriera giornalistica, dedica la maggior parte del tempo trascorso da allora ad oggi al lavoro ed al lesso quotidiano, con piratesche sortite per lo più notturne tra fogli di sapienza antica e begli spiriti.
Nel 2007 approda, cullato impropriamente fin dall'inizio come un bimbo in fasce, nel Salotto Letterario Rosso Venexiano e qui, forse per ripagare a suo modo tante cure, comincia a buttar fuori versi e versacci, sicché, forse per metterlo a tacere definitivamente, la signora Presidentessa "Em-Manuela Verbasi Vien dal Mare" pone mano, si crede a soli fini solidaristici, ad una sua prima Raccolta.
Generoso com'era una volta per antonomasia la sua Terra, Taglio, giunti a questo punto, vuole anche offrire qualche coordinata, una chiave in più da cui anche quel nick, a Colui che tanto incautamente si è dato quale Recensore.
Si parte quindi da un dato: il primo componimento o l'ultimo nell'ordine del libro, dal titolo “Zero”, il quale accentra la propria attenzione sul linguaggio scientifico, o la Scienza, per dar conto che la circolarità insita in essa, se non suffragata dall'equilibrio della mente umana, lungi dal costituire il nuovo Dio, ha in sé le potenzialità per riportare l'umanità a zero.
Tutto il percorso ulteriore è una scoperta di: frammenti, visioni, concetti selezionati e recuperati tra le più variegate letture, di sentimenti più che di personaggi, esplicitata con un linguaggio piano e comprensibile, rinunciando perciò a priori al ricorso ad un lessico ricco ed enigmatico.
Quanto scritto si traduce ogni volta in una Speranza da far salire su di una nuova Arca, convinti come si è che il mondo intorno abbia la necessità di essere rifondato su nuove basi e che il dialogo, prima del diluvio, fra uomini di buona volontà forse è ancora possibile.
Se non lo è, allora si faccia la volontà di quelli ancora sani di mente.
Gabriele Menghi
 
Recensione
Ecco le istruzioni per l’uso che l’Autore ha lasciato allo “incauto recensore” che, incosciente, si immola: “Frammentazioni”, il canzoniere di Gabriele Menghi si può leggere in svariati modi.
Suggerirei di alternare la lettura dall’inizio a un percorso a vista della titolazione dell’indice delle circa trecento liriche. L’occhio che vuole un po’ divertirsi e farsi un’idea cade come su una lunga lirica fatta di titoli che parlano in modo evocativo, ironico e curioso. Con sequenze di titoli-lampo che colpiscono per l’ecletticità e per la polivalenza citazionale e creativa.
Un esempio: Schiocca la luna…, Barocco…, Marechiaro…, Come due zucchini…, Odio la squola…, Atomi e fardelli…, Fero fers tuli latum ferre…, Ricchione…, U’ pisci spada…, Don Juan…, Primovere…, Simhala Dvipa…, Un bosco a triangolo equilatero…, Manifesto alle padrone dell’amore..., Zero.
Incauto recensore, appunto, mi arrischio ad affabulare criticamente su un'avventura poetica ricca di sperimentazione, intersezioni di universi culturali molteplici, suggestioni in cui si incrociano gnosi, architetture cosmiche e matematiche avanzate, partiture del quotidiano, amore generoso, carnalità, navigazioni in tonalità blu - celesti - azzurre - verdi su spume marine e scanzonate ironie. Frammenti architettati con disinvolta e caotica premeditazione e con mano di uno stile d'autore sapiente ed esperto… e coltissimo. Frammentazione e rigorosa circolarità.
Riporto interamente la poesia iniziale: Schiocca la luna (p. 7), che, volente o nolente, ha funzione e valenza proemiale (e dà indicazioni di poetica):

Schiocca la goccia sulla foglia nera
rampolla
tu la stai a guardare, studiare
infossature, tendini
di un lago
oh, ti piove sopra il capo dolce
la luna è grande allora
schiocca la luna sulla foglia
misteri, che s’incurva.

Il soggetto lirico è osservatore di fenomeni e significatore, indagatore che si muove elasticamente tra universi frattali, micro e macrocosmi, perlustrazioni dell’ombra e del mistero. Con attenzione alle fonosemantiche e alle allitterazioni, studiati segnali al lettore e domande e provocazioni. Frammentazioni, frammenti certo. Dobbiamo credergli, ma con il sospetto anche di una riuscita partitura, con l’effetto di progetto narrativo che dice, suggerisce; la storia di un’anima, il diario di un’interiorità che si mostra e allo stesso tempo sfugge, si maschera, talvolta. Colpisce, fin dagli inizi, la coloristica di Menghi. L’insistere su tonalità-base blu e verdi, con varianti molteplici: azzurre, celesti, marine, smeraldo, militare. Colori del mare, dell’ombra, del sogno, del mondo naturale, del mistero. Un mistero navigato, da navigatore concreto e metaforico, marinaio di probabile esperienza e corsaro di universi culturali primordiali, antichi, postmoderni.
Suggerisco: Inverosimile (p. 9):  

Inverosimile
il vento azzurroferoce
con metodo frange, a destra
un mare grigioverde
un uomo solo
il viso illuminato
li fende
aggira il promontorio
scompare
aquilone felice
e il mare, il mare ora
sferzato
ad ogni dove diviene
color militare.

I frammenti del frangitore-fenditore si diramano con uno stile nominale, con sintassi offesa e caotizzata, con ricerca dell’impressione pittorica, con sprazzi e interventi da collage. Le immagini si fanno oggetti. Il bazar oggettistico di Menghi è ricco, debordante. Marineria, gastronomia, eros, barocchismi, dettagli del quotidiano, oggetti di scena, fino ai veri e propri correlativi oggettivi: Correlativo oggettivo, (p. 21). Cosmologia esistenziale che ha insistita passione per la dimensione dell’ombra: Camminando dune, (p. 12):

Sì, camminando dune
cullando
ebbri d’oblio
il profondo e il nulla
smeraldo
dimmi tu
di onde fluorescenti
nella sera
un bacio
che si perde.

L’uomo sta in un viaggio sapienziale, viandante, mago, sciamano di un’esistenza fitta a decifrarsi, fra il passato e il futuro impalpabili “stregone delle formiche” e “fallito negromante” di: Guarda mi dici, (p. 41). La sorprendente: Semisuppergiù (p. 44) canta un museo di simboli e di segni, icone sedimentate della storia, dalle antiche civiltà a un Novecento irto di avanguardie e cultura di massa. Il pop e l’araldica, la medicina e l’ipersemia del floreale in poesia, in una ellissi vertiginosa che denuncia l’esposizione del tempo umano a un incerto mistero, tra timore del nulla e fede in un senso ulteriore, mal-mai-certo:

Semisuppergiù, ah sì l’avverbio
come angolo che trepida nel muscolo
le Azzorre, profondità ventricolari
mostri insigni, di aeroplani
caetera et caetera
C’erano una volta massi
bianchi e neri
e cunei, troppo inamovibili
quindi alberi che fiorivano dall’acqua
oh Akh Menu
le tue piante araldiche!
Colano invece succhi gastrici
all’occhio, mani audaci
le rose poi, titubanti e azzurre
i gambi, spicci e velenosi
birbi e turbanti oggi
Perciò che venne Woodstock, a Bethel
C’erano i Gutenberg, Dunlop e le biciclette
Il tutto, sul fare della sera

Fendere il mistero, ma fendere, frangere come amante, coniugale, maschile. Con spavalderia e canzonatura, dove la quotidianità erotica mescola la femmina “cortigiana di razza” a “un piatto di zucchine / e sogliolette”: Dettaglio d’amore, (p.11). O con vitalità henrymilleriana, lievemente bukowskiana, o beatnik: Apri le gambe amor, (p. 36). La poliedricità di immagini del femminile desiderato in una ricca gamma tra l’onirico e l’osceno: Quella notte, (p.113). E l’amore: l’amore, declinato in mille ingegnose maniere, giocando tra vagabondaggi folli e crudi alla Paolo Rumiz e languori-slanci alla Verlaine: Mentre, (p.154). E il desiderio, come mistero mai del tutto spiegabile: Mi chiedevo perché, (pp.238-239). Infine, segnalo un brano da pastosa ed equivoca: Autointervista (p. 246), con cui Menghi sembra strizzarci l’occhio e in cui emerge l’abbassamento e la perdita d’aureola, come da una nobile tradizione, che attraversa i vari Baudelaire, Palazzeschi, crepuscolari vari, antiseriosi e antiaulici:

Vuole una birra?
non ha di meglio di quelle alla spina?
in questo momento lei sta facendo il guitto
perché lei no?
risponda seriamente, lei la considera poesia la sua?
in quanto dilettante allo sbaraglio
i poeti si sentono soli?
forse hanno pochi amici, quasi tutti morti
vogliono sentirsi onesti?
quelli veri lo sono
esprima un desiderio
non mi capirebbe, la spaventerei inutilmente!

(Vorremmo aggiungere sommessamente: forse che i critici e i recensori, fra dune e avvallamenti incerti, dubbi di onestà - guitteria, stanno messi meglio?).

Ezio Falcomer
 
 
 
L'autore devolve i proventi della vendita del libro all'Ass.ne Salotto Culturale Rosso Venexiano
 
Frammentazioni di Gabriele Menghi
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Prezzo di vendita € 14,90
288 pagine
Copertina Morbida - Formato 12x18 - bianco e nero
1a edizione 12/2009
 
   
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Autore di Rosso Venexiano: Gabriele Menghi [Taglioavvenuto]
-Recensione: Ezio Falcomer
-Editing: Anna De Vivo
-Correzioni: Maria Catena Sanfilippo
 

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