Più della metà delle clementine era finita già nel tragitto nonostante fosse stato un viaggio breve e non avessimo nemmeno fatto ritardo. Appena arrivati e scesi per ammirare le bellezze che la città offriva, mi colpì subito il gelido freddo che regnava sulla città; quel freddo che quando respiri e sbuffi ti fa vedere la nuvoletta bianca. Mi divertivo a creare quegli anellini di fumo bianco che alcuni riescono a formare con il fumo delle sigarette, ma così, senza esperienza e con una semplice espirazione, non mi riusciva. Passai ore in solitudine, passeggiavo, analizzavo le formiche che correvano in mille direzioni con buste di regali natalizi nelle mani. Formiche cittadine con neri cappotti, pesanti giacconi, lunghe sciarpe e cappelli di lana scorrazzavano per le vie del centro città. Li guardavo, li esaminavo, annotavo ogni pensiero accompagnata da un Rosa d'Inverno, tè dal gusto di pesca ed albicocca che mi riscaldava nonostante i spifferi si insinuassero dagli antichi infissi lignei. Lo zucchero si sciolse e colorò di caramello il liquido aromatizzato.
Fuori sulla piazza, davanti a me, una giostra antica ricoperta di luci, girava: mi chiedevo se a vuoto o se effettivamente, per magia, qualche bambino cavalcava uno di quei cavallucci. L’aria fuori dal mio Salotto Buono era in attesa del Natale, sarà stato il freddo, il buio o forse gli addobbi e le luci che ricoprivano le vie della cittadina. Riempivo foglie e pagine intere di pensieri, di impressioni, metafore dell'attimo che vivevo. Avrei voluto essere altrove, catapultarmi in quelle lontane terre ed epoche remote in cui principesse e favole esistevano, epoche in cui i grandi saloni barocchi e rococò, illuminati da lustri di Murano, ogni sera si riempivano di gente interessante e colta, e su un walzer si chiacchierava di amore dolce, di nobili sentimenti, e si poteva arrossire per un complimento inaspettato. Sognavo di essere a Parigi, sognavo di essere a Firenze, sognavo di essere in viaggio per le capitali e per i regni del mondo cortese. Le tende arricciate in alto della finestra centrale, cadevano invece morbide sulle parti laterali: color panna, avorio o pesca, assorbivano la luce dei lampadari e ci rinchiudevano, noi amatori del bello, nella stanza come le calde coperte invernali di un letto. Osservavo la gremita piazza, sempre più si riempiva di vite coperte di mantelli e lana. I cavallucci volanti di Mary Poppins adornati da una rossa piuma in testa, ondeggiavano sinuosamente su e giù nel carosello. Non si stancano della ripetitività del gioco, non viene loro il mal di testa di girare instancabilmente ne dal guardarsi rispecchiare nelle luci.
Amavo quella sensazione mista di freddo sulla pelle e di thè ardente che mandato giù scivolava nelle vene e nelle arterie per sparpagliarsi in tutte le cellule e riscaldarle affinché facciano al meglio il loro lavoro di corpuscoli. Il calore del thè si propagò, accese la gola, scese lungo l'esofago e si catapultò nello stomaco. L'inizio è il momento migliore, quando i sapori ancora intatti, al massimo della loro prestanza solleticano le innumerevoli papille gustative, si diffondono nella bocca per dare piacere ai sensi. Assaporavo l'infuso lentamente, sorseggiavo il liquore di sapori. Percorsi per lunghe ore le rinascimentali strade, immagazzinando visioni, percezioni, colpi d'occhio;
fotografavo con la mente ciò che non avevo vis(su)to.
Rita Foldi [fallenfairy]
Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione Paolo Rafficoni
-Editing: Alexis
-Racconto di Rita Foldi [fallenfairy]
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