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E l'amore? - Elvio Cipollone

E l'amore? L'amore sempre al primo posto. Avremmo colmato la stupidità delle donne, la loro ottusità, la testardaggine a non capire quanto fosse bello vivere l'amore in libertà. Che poi, a pensarci bene, lo chiamavamo amore ma intendevamo sesso. Sesso libero planetario. Incontri una, ti piace, le fai un cenno e vai. Ne incontri un'altra, lo stesso. Tutte quelle moine e paure delle ragazze, dovevano essere proprio stupide, ci dicevamo. Bella la nostra fede, totale e cieca! Un tantino scema, certo, ma non per questo meno bella. E durava fino a che la notte non svaniva e il giorno, invadente, dichiarava la sua imminente venuta. Allora ci separavamo con il cuore gonfio di orgoglio e la mente offuscata dai fumi. È durato due anni l'incanto, dai sedici ai diciotto. Due anni zeppi di contraddizioni micidiali; durante la settimana fatica e frustrazioni, il sabato notte sogni e allegria. Quando sono partito è finito tutto, zac, un colpo d'accetta.

Per stare dietro ai pensieri, non m’accorgo che m’allontano. Devo stare attento, va a finire che mi perdo. Perdersi qui, tra queste montagne? sarebbe assurdo; però se non riesco a controllare questa mia tendenza a seguire assorto tutti i cavolo di pensieri che mi nascono dentro, succederà veramente. Questo ripiegamento eccessivo su me stesso sta prendendo una brutta piega; allerta, rischio di follia. Prima regola, maggiore attenzione all'esterno. Ecco, guardare la valle fiorita, il bosco incantato, il vento che soffia tra i rami, il rapace che plana alla ricerca della sua preda; che scemo che sono. Comunque, a parte gli scherzi, è meglio stare all'erta.

Ecco lì monte Velino. Finché vedo la sua punta bianca sto tranquillo, è la mia bussola. Vediamo se riconosco i posti: dunque, quello deve essere Gallo. E sì, non può essere altro, disteso sul cucuzzolo arrotondato della collina, profilo inconfondibile, non ci si può sbagliare. Però, s'è allargato, accidenti. Prima stava proprio sulla punta, guarda adesso quante case! È raddoppiato, quadruplicato; tutta questa gente vive lì? Gallo, chi era di Gallo? A settembre venivano alle Case con l'asino e le ceste piene di limoncelle. Quant’erano buone! Si faceva a cambio con le patate: una cesta di mele, una di patate. Mia madre ne prendeva due ceste ogni anno, le metteva in cantina e duravano fino a Natale. Me ne dava una al giorno, se andavo a zappare, altrimenti niente. La sensazione di piacere che mi regalava quella mela, oggi cosa potrebbe eguagliarla? Nulla. Ero ancora alla fase orale, direbbe Freud.

Fase orale un corno, era la fame.

Elvio Cipollone


-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione Paolo Rafficoni
-Racconto di Elvio Cipollone
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