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"Hanno le case qui della torbida Notte i figliuoli,
la Morte e il Sonno, Numi terribili; e mai non li mira lo scintillante Sole coi raggi, né quando egli ascende il ciel, né quando giú dal cielo discende. Di questi, sopra la terra l'uno, sul dorso infinito del mare mite sorvola, ha cuore di miele per gli nomini tutti: di ferro ha l'altra il cuore, di bronzo implacabile in petto l'alma gli siede; e quando ghermito ha una volta un mortale, piú non lo lascia; e lei detestano sin gl'Immortali. " Esiodo, Teogonia |
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Afrodite
Cantan labbra di vermiglio
sopra le notti sagge. Sorge dal mare Audace parlo nel caos.
©iry50
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Conflitti
E’ una tentazione porre in un collage coerente le sicurezze,
la ragione, la luce palpitante del mio incauto cuor… Raggiungerli, imprigionata dal logico, mutevole filo del pensiero, attraverso ogni sostanza. Ugualmente sento il rigirarmi all’angolo di eterna ratio e bramosia di intenti che mi allontana al contemplar eventi e dell'amor a sentir bisogno.. La tentazione è di Psiche l'eco e l'enunciar che vedo in ciò che vedo è di equità e d'acerba costanza. Tutto sembra intero e parte nelle taglienti parole -ragione in limiti o amore in versi- Neppure con l’abbraccio tuo -Amore- io posso delle tentazioni mie fermar l’eccesso
©kiara75k
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Osiride
Al popolo insegnai
a produrre vino e a coltivare terra Nel Nilo la morte Annuale inondazione Iside ha poteri magici Seth nasconde di me La parte migliore sarà
©Manuela Verbasi
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Preghiera di Iacco, in carme di Satiri e sileni
Il tuo sguardo m’inchioda
mi strini fra ventricoli e palpebre grondi in dolce ferocia sulla mia nuca nasci battendomi a rintocchi lavandomi di sangue e profano vino -e voglio le tue candide carni Tu,Arianna serpeggi sottocute -rituale di sangue nel quale s’annegano (scritto leggendo Catullo e il carme LXIV)
©Morfea77
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Come Araba Fenice
Mille volte ho incontrato
la Nera Signora mi trascinava per i capelli strappandomi la pelle affondando le sue lame nelle mie martoriate carni Ho conosciuto il sapore del sangue rappreso sulle mie ferite ho gridato al cielo la mia rabbia per un destino segnato Ma con la forza di un’Araba Fenice mille volte sono risorta strappandomi la vecchia pelle a morsi incidendo sui muscoli il ricordo del dolore dissetandomi delle lacrime versate nutrendomi delle mie stesse ceneri rimettendomi al mondo ogni volta con dolorose doglie Ma digrignando i denti contro tutti e tutto ho gridato -IO SONO ANCORA VIVA-.
©veronicasn
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Luce d'ambra su Anniot
La guerriera ha l’arco nel fango, il suo scudo ammaccato è a terra lontano e lei non ha la forza per riprenderlo. Gli altri avanzano contro l’accampamento di Achille, nessuno si è accorto che Ainnot è rimasta indietro, disarcionata dal suo fedele compagno fuggito via a briglie sciolte verso la radura . Tutto le sembra offuscato; la ferita tra le costole le fa male ha perso troppo sangue e le forze iniziano a venir meno. I capelli maceri di sudore sono appiccicati sul volto trasfigurato dal dolore. Invoca la clemenza degli dei e a lei sua protettrice implora di morire non da codarda: - Oh Diana dammi la tua forza. Ridona potenza al mio arco. Fa’ che non muoia senza l’onore delle armi. La vista le si annebbia, l’arsura della morte le rende difficile il respiro. Non vuole cedere il passo al volere degli inferi . Stringe i pugni, serra i denti e anche se il suo corpo trema come un fuscello alza la testa e guarda con i suoi occhi neri il cielo . Un piccolo raggio buca le nuvole e illumina il suo portafortuna, un pezzo di resina d’ambra . Un dono fattole dal padre quando era partita dalle sponde del Mar Nero, in Cappadocia. La luce dorata le illumina il viso e sente entrare in lei una forza divina . Appoggia le mani nel fango e si rialza. Un nitrito la fa sorridere , Mesithos le si avvicina abbassando il capo e scuotendo la sua nera criniera. Recupera lo scudo e l’arco, raccogliendo le poche forze sale sul suo destriero . Il sole squarcia le nuvole donando il tepore dei suoi raggi . Ainnot alza il suo arco per ringraziare gli dei . La vita le è ancora amica, lancia il suo cavallo al galoppo, non ha tempo deve andare, prima che Atropo recida il suo filo . Va’ guerriera, vai e scrivi il tuo nome nell’illusione di questo tempo.
©ambradorata
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-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Redazione -Direttore di Frammenti: P. Rafficoni -Supervisione: Manuela Verbasi -Autori di Rosso Venexiano -Editing A.H.V., Emy Coratti -Dipinto W.A. Bouguereau diciannovegennaioduemilanove |
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