Raffaele Carrieri nasce a Taranto il 17 febbraio 1905. A 14 anni interrompe gli studi e abbandona la famiglia per imbarcarsi alla volta dell'Albania. Rientra per un breve soggiorno a Taranto e riparte per stabilirsi nel 1923 a Parigi, dove conosce i poeti e gli artisti dell'epoca. Nel 1930 si trasferisce a Milano e alterna a una rilevante attività di critico d'arte su giornali e riviste un'abbondante produzione poetica: Lamento del gabelliere, 1945; Souvenir caporal, 1946; La civetta ,1949; Il trovatore, 1953; Calepino di Parigi, 1954; Ballata del povero emiro, 1955; Canzoniere amoroso, 1958; La giornata è finita, 1963;Io che sono cicala, 1967; Stellacuore, 1970; Le ombre dispettose, 1974; Fughe provvisorie, 1978. |
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Benevolenza, Signore
Benevolenza, Signore:
Un poco di silenzio Dalla mia parte, Un poco di pace. Un poco di cenere Sul grande fuoco Che ancora s’attarda. Un poco di chiaro Sulla mia strada, Un poco di spazio Al tuo fianco. Un poco di dubbio Nel cuore dell’uomo, Un poco di dubbio Nella ragione. Benevolenza, Signore: Un poco di grazia Nel tuo perdono. |
Pietà cuori duri
Pietà, pietà cuori duri
pietà per l'uccello migratore che ha perduto un'ala in volo. Pietà per l'orfano gitano che s'è giocato a carte sella e cavallo suicida in una prigione. Pietà per il giovane Nessuno ucciso in Cina o un qualsiasi altro luogo clima razza condizione. Pietà per chi muore all'impiedi dentro una camera d'affitto. Pietà per chi cade pietà per chi si lascia cadere. Pietà, pietà cuori duri voi che siete sempre seduti e apprendete dai giornali la morte degli altri. |
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Le strade
Quello che sono e sono stato
domandatelo alle strade dei paesi della sete. Tufi lucertole spine, bell'uva sulle colline dove fui ladro di galline. Strade di cenere e pomice lavorate dallo scorpione. Dove ramingo io vissi la cicala ancora muore. Quello che sono e sono stato Re per un giorno Alla malora carte |
L'asino di Gerona
Il falegname che batte il legno
nulla sa di ciò che duole e non duole e ha cura della sua mano quando forte percuote. Nessun legno ha mai detto: ahi! falegname, mi fai male! La pietra si lascia rompere dal tagliapietre, l'asino del padrone. Questo povero animale poggiato come un arnese l'asino è di Gerona. |
Io che sono cicala
Io che sono cicala
per te canto. Per te canto che stai zitta, sola in ombra nella casa grande. Si addice al mio verso Si addice al mio verso l'andamento leggiero e l'odore bruciato del fuggiasco. Si addice il vento caldo che fa spuntare astri all'aglio nella fornace di sabbia. Nasce per la rabbia lo spinoso cardo e la capra consola col suo fiore. |
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Il silenzio non mi salva
Il silenzio non mi salva
la parola non mi aiuta. Muri aggiungo muri tolgo. Più mi scopro più mi nascondo. |
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Ho perduto vecchi amici
Ho perduto vecchi amici
che sembravano fedeli, e altri più giovani e leggieri sono usciti dai muri come ladruncoli svaniti. Se ne sono andati quasi tutti in punta di piedi, ballerini incapaci che fingevano volare verso frontiere assicurate. Nessuno si voltò a guardare dalla mia parte informe dove, dopo le rovine, la musica ricominciava. |
I chiodi
I chiodi mi fanno male
E io mi metto a ballare Per dare sollievo alla voce E placare latrato di cane. La cenere diventa neve Il cielo pietra nere E io mi metto a ballare E io mi metto a ballare. |
Fra poco
Fra poco
Consumato l'ultimo inchiostro, fra poco fra poco sarò pronto. |
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La morte di Kennedy
Nella molto ricca città di Dallas
la Speranza si mise a piangere e il sole si nascose per non vedere. Nella bandiera dello Stato del Texas c'è una sola stella e quell'unica solitaria stella quel venerdì diventò nera. Nella molto ricca città di Dallas la Speranza piangeva. All'oscuro la Speranza piangeva perché la luce era diventata nera e la verità cieca. Le campane, le campane, tutte le campane delle ottocento chiese della molto ricca città di Dallas la sera del venerdì restarono mute, mute in gramaglie. E quando il lutto le scosse, quando il lutto le percosse, le campane, le campane, tutte le campane della molto ricca città di Dallas si misero a piangere la morte. |
Solo
Ora che sono solo
Per amici ho Gli uccelli d’inverno. Piumaggio di poco conto: Canto scialbo, Canto solitario. Ora che sono vuoto Quante stanze alle spalle, Quante porte. Alla vista del merlo Forte batte il mio cuore |
Quieta luna
Come la quieta luna di settembre
La sera il poeta fa lume E le tenebre sbianca. Il muro degli orti scavalca, Si affaccia ai ponti; Accompagna i treni in viaggio Che si perdono nella pianura. Il poeta come la luna Non distingue prigioni, castelli. Le pietre sono sorelle E gli uomini tutti fratelli. |
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Non una sola volta
La Morte non viene una sola volta
E bisogna saperla riconoscerla. Non è la Signora con la faccia mangiata Come si vede nei frontespizi latini. Spesso è gentile e ha buoni modi: Non toglie nulla di vistoso. Le basta che muoia una cosa Una sola, diversa ogni volta. E ci toglie dalle mani la rosa. |
Lamento delle 0,20
Signore, tu mi lavori senza tregua.
Nell'inverno mi lavori e nell'estate, nei giorni delle feste consacrate. Nei mesi pari e in quelli di trentuno Col sole con la pioggia con la luna. a ore, a settimana, a cottimo, a giornata. Come il canuto operaio della ferriera tu mi cuoci mi sciogli e non ti bruci. |
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La mia barca
A secco ho tirato la mia barca
e l'acqua mi ha compianto, ha compianto il vecchio marinaio. Nella bonaccia nella tempesta fedele sono stato alla mia barca. Lontano va il mare e non si stanza. |
Le ore risparmio
Di giorno in giorno
Le ore risparmio Come un avaro, Le notti trattengo. Che danno l’inganno: Sfuggo il tempo E divento vecchio. |
Le parole che dice
Le parole che dice
non dicono niente. Ma quando ride, e ride sovente, il silenzio splende la morte si diverte. |
I braccianti
Al chiuso restarono le donne
come ombre di rondini sui muri di calce. Su moli e gettate nessuno pianse la partenza dei braccianti. |
Editing di Anna de Vivo
Redazione di Rosso Venexiano
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