Scritto da © rossovenexiano - Mer, 28/03/2012 - 22:06
Mi presento (quasi completo)
Sono magro, abbastanza alto, capelli neri, occhi neri.
Di fisico asciutto. Non sono possente, ma agile. Cammino molto. Fumo. Ho polmoni d'acciaio. Quando corro è come se volassi. Un giorno, leggendo che i velocisti (il mio idolo è Bolt) corrono sulle punte, ci ho provato anch'io: un fulmine! Ma non ho mai fatto dell'agonismo. Come tutti, a volte sono felice, a volte depresso. Comico, impacciato, bello e brutto. Intelligente, stupido.......a volte mi sfiora il pensiero della morte. Come tutti. Quando sei giovane ci passi: Giocare con la morte, credo che faccia meno paura di quando si è vecchi. E così non pensi alle conseguenze: Saltare nel vuoto, camminare su un davanzale al decimo piamo. Non so, non so..... Mi piace la storia. La matematica è così estranea(con tutte quelle parentesi, le incognite. La trigonometria). Ma sono bravo a fare le addizione senza calcolatrice. Adoro il mito, i saggi, storie di unici. Non credo di eccellere in qualcosa. Ho una particolare predisposizione: tutti si fidano di me, al primo incontro. E, molti, si confidano. Le confidenze, spesso, sono ferite aperte da lacrime nascoste. Ognuno è un mondo. Mammà è francese. Di Lione. Papà era napoletano. Di genitori di Napoli, ma nato e cresciuto, per un certo periodo, ad Amsterdam. Dipingo città immaginarie. I palazzi a forma di scatole. Non disegmo mai le strade. Il cielo bianco, oppure nero. Al centro un puntino: Bianco per un cielo nero e viceversa. Detto così può sembrare un lavoro inutile, ma il risultato sembra buono. Ho rimorsi per quegli adii fatti di lacrime e voglia di restare. So scrivere i nomi in geroglifico. Un'altra passione sono i King. Conosco molte poesie. Spesso mi capita di ripeterle in mente, mentre vado al lavoro. Quasi fossero preghiere da recitare. Prima della laurea, ho lavorato come meccanico. In estate ho fatto il anche il bagnino. Ho dedicato alcuni anni a mio padre, immobile in un letto. Mia madre non mi ha mai rimproverato nulla. Anche quando l'ho profondamente delusa In generale, credo di essere ancora in volo. So di essere nuovo.
Credo anche di sapere come me ne andrò, perchè ho come un deja vu della mia morte: Sogno, spesso, di precipitare dall' alto e schiantarmi su una di quelle strade che non disegno mai.
FINE. |
Lirica di una lacrima
Vedrai,
ascoltando, parole, sospiri. L'eco di una stanza vuota, le oasi tra i pensieri. Vedrai, i fantasmi del turno serale. La solitudine morbida come la panna. Giorni duri come l'acciaio, o trasparenti come la seta. Minuti lunghi come crini di cavalli liberi. Vedrai sogni viandanti in strade affollate. Cori di pulcini. Ponti di vetro in un cielo di piume. Un cane randagio all'orizzonte, lacrime a forma di stella. Quando l'amore ci farà soffrire, quando il dolore ci costringerà a difenderci. Vedrai, il mio nome scritto in una trincea. |
Il tempo è... e
Il tempo va,
riempendo il vuoto lasciato da altri. Il tempo è, si sbriciola al tramonto. Il tempo somma e sottrae. Esplode. Le temps est le sourire de la Joconde. Indomabile cavallo plasmato dal vento, che scalpita e corre nella tempesta, senza freni, senza indugi, vincente, senza rimpianti. Eterno, sempre lo stesso. Il tempo è nei cieli di Van Gogh. E' una sorgente che non disseta, è il mare che spiana la battigia, che punisce l'amore, che soffia sui cuori, spegnendoli. Che tra un secolo, da oggi, sarà come ieri... Ieri. |
In Africa
Dedicato all'Africa, alle nostre origini e a tutti quelli che, come me, sentono il richiamo di un mondo primordiale e dei suoi ritmi.
Ho un piano rischioso per far ritorno in Africa. Occhiali scuri per il sole, che brilla anche di notte. Olio di karitè per le scottature. Nella valigia metterò anche: cartigli da offrire agli dei, contro le guerre. Fotoricordo di nigeriane che ballano sulle autostrade, perchè l'Africa non è mia, non è tua, ma è di chi la ama. Acqua per tutti. Ritornerò in Africa, come Madre mi ha fatto. Correrò insieme ai ghepardi, per sfamare la sopravvivenza. Sarò uomo fra gli uomini. Cavalcherò il rinoceronte bianco e non gli ruberò il suo corno magico. Danzerò il kalabari, insieme ai maestri yoruba, vestito di argilla rossa nei riti di passaggio. Vivrò con gli ultimi gorilla di montagna. Mangerò eish baladi, insaporito con granelli di deserto. Ascolterò i racconti degli antichi Banama, che narrano di imperatori e imperi, di catene, di quello che un uomo riesce a sopportare, dopo avere perso tutto. Mi tufferò nei vortici dello Zambesi, dissetandomi di una nuova vita. Camminerò nelle carovane di sale. Costruirò la mia capanna con il materno Borasso. L'occidente non è mai stato così lontano da me. |
Il deserto delle solitudini è una ginestra in un vaso
C'è chi ci crede e affonda nella sabbia.
Qui e là incontro il futuro, le donne, il cielo di un azzurro di bandiere sui fili ad asciugarsi, multipli di un miraggio. Legionari disarmati in un fortino. La pioggia istilla una ferita. Il sole cala sulle dune. |
La vera storia di Desideria
Qualche anno fa, quando ne avevo 21, era affacciato alla finestra. La giornata era festosa di primavera. Lei apparve come dal nulla, da un angolo a destra della strada. Capelli vaporosi e ricci. Era il passo leggero e veloce di una gazzella, la camicetta appena sbottonata sul seno, le guance rosse come le rose, le labbra che ripetevano le formule del compito in classe. Nell'insieme così unica, che spensi la sigaretta tra le dita, senza farci molto caso. A quei tempi andavo all'università e di pomeriggio lavoravo come aiuto meccanico in una officina del posto...La seconda volta la vidi alla fermata del treno."Mio Dio". Con tutto il coraggio che riuscii a trovare, le dissi: "Ciao. Sei una bellissima giornata di primavera". Sorrise. In treno ci divertimmo a raccontarci e all'arrivo ci scappò la promessa di un appuntamento...Frequentandoci, Desideria mi parlò molto più di lei. Faceva l'ultimo anno di liceo. Viveva con la madre separata. desiderava una vita diversa. Il padre si faceva vivo di tanto in tanto, mettendo mazzetti di soldi nelle sue tasche. Desideria era un angelo. Desideria meritava davvero un'altra vita. Ma un angelo può perdersi in un paradiso artificiale. Le cose migliorano quando c'è l'amore. Le ore sono bollicine di pensieri frizzanti, tra lo studio ed il lavoro. C'era qualcosa in Desideria che la rendeva unica, c'erano fiori ovunque. In più c'era che i suoi erano tornati insieme. Desideria, a quei tempi, era radiosa come tutte le stelle conosciute. Facevamo lunghe passeggiate. Facevamo corse in bicicletta. Eravamo innamorati come ragazzini alle prime armi. i giorni si chiamavano Desideria e....l'inverno arrivò con tutto il suo freddo. Le cose continuavano ad andare bene all'università e con il lavoro avevo comprato un'auto d'occasione. Tuttavia Desideria si allontanava. Diventavano sempre più frequenti le sue giustificazioni per non esserci e, quando ci vedevamo, era sempre più pallida, sfinita. "Come va, Desideria"? Quel febbraio non lo dimenticherò mai. "AIUTAMI" e cadde in lacrime, supplicandomi. Mi si strinse il cuore, ma avevo la forza di non abbandonarla al suo destino. Seduto sul letto, con la testa tra le mani, ripercorsi tutto con la mente: la primavera, il primo incontro, i primi baci. Agosto ed il mare. A settembre ognuno di noi si era occupato di cose personali da sistemare. A settembre Desideria si era fatta il suo primo "buco" ad una festa di amici. "Così, per provare". Ma le era piaciuto tanto. Adesso mi scongiurava di aiutarla. Aveva bisogno della roba e non sapeva come procurarsela. Prima gliela passava uno dei suoi "amici". In realtà, l'amico voleva farsela e un giorno, per una dose, si era fatta scopare sul divano del soggiorno, quando la madre non c'era. Avrei voluto mandare tutto al diavolo, Desideria, la droga, tutta quella storia. Quant'è vera quella frase: L'amore rende ciechi. Che stupido, coglione, non avevo capito niente di quello che mi girava intorno. "Come va"? "Bene. Come una nuvola in un bicchiere". Perchè se non hai talento nel fingere, non puoi affrontare la realtà con la verità. Iniziai a frequentare i quartieri malfamati della città, di notte, per procurarle i suoi desideri."Domani smetto. Questa è l'ultima volta, amore mio. Domani è l'ultima". la cosa durò altri sei mesi. In quel tempo i suoi si erano lasciati definitivamente. Desideria non andava quasi più a scuola. Una sera ci vedemmo al solito posto "Adesso devi venire con me, Desideria, se davvero mi vuoi bene. Ho parlato con un medico e mi ha promesso che ci aiuterà. Senza ascoltarmi disse:"Ma la roba ce l'hai"? rovistandomi in tutte le tasche. "Non ho niente con me. Ascolta Desideria, ti prego, andiamo via. Andiamo. C'è gente che ti aiuterà"."Brutto stronzo. Dov'è la roba"? Mi saltò addosso come un leone ruggente, colpendomi con calci e pugni. "Vaffanculo. Mi hai delusa. Vaffanculo. Non farti più vedere". se ne andò, sputandomi in faccia.
Cosa resta di un amore finito? Parole ripetute a denti stretti, Un treno vuoto, le stazioni affollate. Persone che cercano l'uscita.... postilla: Tempo dopo seppi che avevano lasciato la città e Desideria era entrata in un centro di recupero per tossico dipendenti. Non l'ho più rivista. |
Ed il cielo sta a guardare
Stanco di essere solo, Jonh si diresse dove le onde sono più alte. Febbraio così lungo, così adirato con gli uomini. Il giorno che nasce è un puntino dilatato dietro ad una nebbia mite e frastornata. "Faccio comodo a tutti. Faccio comodo a Dio: Ecco, questo è Caino". Nell'arrampicarsi i pantaloni si erano strappati e le mani scorticate. Si, gli scogli sono alti e bassi, come i momenti della vita.
Stanco e solo. "No. Non so chi sono. Se le strade si incrociano quando non ce ne accorgiamo e se ce ne accorgiamo, abbiamo già preso strade diverse". La paura di vivere è il peccato originale. Gennaio era stato e, di colpo, andato. Il mese più anonimo dell'anno. Per la prima volta le mani, le mani tremavano. Si colpì la guancia e strizzò gli occhi. Il viso segnato da rughe incrociate, i grandi occhi neri. Tutti quei morti, Jonh. La tua vita a premere grilletti. Soldi facili e qualche orgasmo a pagamento nei bordelli di periferia. L'instancabile insonnia, che ti fa tirare il fiato fino all'alba ed oltre. Da lontano le luci della città scorrono sulle carrozzerie delle auto in corsa, scivolando nei tombini. Jonh non aveva sangue sulle guance, ma i sogni non le avevano mai accarezzate. Si fermò a pochi passi dal precipizio. Gli anni '50 sono passati da più di venti anni. Gli anni in cui girasti al bivio. Ricordi? Jonh, Jonh, Jonh. Ricordi Maria? Dai, ricorda, Jonnhy. Era estate e quel che sei non c'era ancora. Lei ti sorrise e.......I sogni mai? Jonh, Jonh, Jonh. L'amico di tutti. Jonnhy. Ti basta pagare e puoi anche contraddirti. Nuvole ad incastro sfidano le alture. "Che bel posto per morire". Da quell'altezza, l'orizzonte del cielo non era mai stato così in basso. Jonh era tutto lì. Una sagoma scura a picco sulla vita. Non c'era un altro Jonh al di fuori di quello. Non c'era un Jonh innamorato di una donna. Non c'era un Jonh a casa con i suoi. Non c'era un Jonh col vestito nuovo per la domenica di resurrezione. Senza Jonh, il mondo non sarebbe cambiato. "Vuoi sposarmi.....Ti piacerebbe, se ci sposassimo, Maria"? Come è triste rispondersi dentro. "Si, Maria. Era estate ed io rincorrevo i tuoi capelli biondi, la tua pelle liscia come la seta. La tua voglia di esistere. SI Maria....Ti amo anch'io". Ma la realta è una veglia continua. Un giorno di luce imprigionata. La realtà è una valigia vuota. I killer del Don gli davano la caccia. Era spacciato. Avrebbe dovuto ucciderla. Era stato pagato per questo. Maledetto Jonh. "E' il tuo mestiere". Lei era lì, davanti a te, un bersaglio facile, pronta al sacrificio. Gli occhi avvolti dalle lacrime. Già. Quegli occhi di mare agitato. Gli ricordarono la sua Maria."Anche se non ritornerai, ti amerò per sempre Jonh". Erano gli stessi occhi che venti anni prima, si erano stampati sul finestrino dell'aereo, diretto a New York. Quella fu l'ultima istantanea di Maria. "Riportatemelo vivo" disse Il Don "lo voglio uccidere con le mie mani". Un vento gelido si insinuò negli interstizi della sua anima bucherellata. No. Non si era mai pentito dei suoi crimini. Ma si sentiva vecchio ed un vecchio cerca sempre un Dio che lo ascolti e che, magari, possa cancellare con un solo gesto, un passato da dimenticare. "Forse capirebbe, se gli dicessi che quella donna aveva gli occhi di Maria". Conosci la risposta, Jonh: su un cuore di pietra, il sangue scorre senza fermarsi. I killer del Don erano a pochi passi da lui. "Soffia vento. Soffia. Portami con te, il più lontano possibile". Si lanciò nel vuoto, sperando di raggiungere la nuvola più vicina... |
a Roberto, Amico
marzo 2012
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