Scritto da © Manuela Verbasi - Lun, 30/05/2011 - 10:54
Lui iscrive le sue solidarietà vitali, le appartenenze, le tane amorose, la provenienza e la destinazione ai circoli naturali dei suoi luoghi, noi recepiamo la dismisura dell’uomo mentre si riversa colmo in successione nella vita.
E’ già maturo, della completezza esperienziale che pone ogni individuo giuntovi con costi esatti, se pur in debito di sogni, nella condizione di offrire uno sguardo disincantato alle vicende senza perdere l’abbrivio mordente di quei sogni, di quelle speranze. Da tanta parte, un lato esposto: la sensibilità liberata in testi e versi di indole randagia, vagabonda da cuore a cuore, da ombra ad ombra. Ma la maturità non dà un equilibrio giacchè è consueto che questo sia della lentezza, e lui è mobile e vivo.
Avendolo letto come di chi cerca di indagarne la verve compositiva, mi accorgo che sbilancia dal suo muro della grazia una malinconia di fondo, e propone, l’acqua della sua vena dolorosa. Quella fonte dalla quale non vorremmo bere, semmai ci fu possibile scrivere senza però almeno aspergerci con essa.
Ecco Bruno Amore.
“(…) Ora ho gambe grinze / lente di testuggine secolare / che solo al margine / mi manda del branco / eppur vedo colori / ancora.” Senza alcuna rassegnazione in “Vedo colori ancora”.
Tanto convolvolo emotivo si distende dal pergolato ampio che mira al tirreno ma coglie il cielo toscano “(…) m'apre il respiro come la finestra / della terrazza sul mare / l'orizzonte ammirare senza l'ansia / di doverlo conquistare.” In “Io e le mie parole”, il limite del guscio terracqueo solo individuato con più e più travasi dai tendini delle sue ironie. “(…) s'arriccia e quasi pare si bagni ma / lo giuro, non è pianto mio / io son più duro.” E’ questa “La pagina” del Nostro, che feconda della sua positività, non fine a se stessa, il Lettore, anzi scorre dove potrebbe languere la vaghezza.
L’uomo è quindi dichiarato; si lascia dettare da una multiforme espressività. Curioso del sé lirico che gli fruga dentro e lo spinge a ricerche, a recupero, ad aggiunte di fonemi. In bilico tra una lessicalità aulica, classica, romantica, e la versificazione moderna, sciolta da appoggi rimati che pure tornano ad abitare talune stanze. “(…) Sono acqua anche cheta / che scorre alla bisogna / e soffoca tizzoni ostili / attaccati alla fiamma dell'orgoglio / più che dell'amore.” Si descrive, quasi a darmi torto, in “Un lumaio”, non sapendo che insisto nella tesi di una vitalità inestinguibile, a mio avviso, nell’anima della sua poetica.
Il verso è pervaso di una linfa subitanea, immediatamente fruibile agli occhi, decifrabile senza fatica, condita dal sonoro verificarsi di una lettura eterodossa nei capisaldi del suo esporsi laico, nudo di spiritualità accessoria, non piegato a crismi, non servo di concettualità astruse, ma terragno e denso, che può apparire alieno, se non fosse che anche noi, coloro che ne portano sembianze, in qualche scarpa, sopra una qualsiasi suola, abbiamo calcato le stesse orme senza volercene accorgere. O non sapemmo raccontarlo con i suoi modi, le sue misure.
In questo, la meraviglia di “(…) Gli orizzonti fuoco sono rimasti / là dov'erano e l'albe rosa ignote / ai miei mattini di solitario essere.” Da una delle tante note crepuscolari, qui in “Senza sconti”, che fanno da sfondo al suo incedere quasi processionale tra i confini dell’esistere, una meraviglia indipendente e mai frusta, come di colui che riconosce i doni e li ricorda, ma che ci costringe a rimanere coinvolti nei dintorni della sua poetica con la calma per coglierne in pieno il riflesso.
Va detto che il Bruno Amore è, nelle sue rappresentazioni, autarchico, crogiuolo esuberante. Filtra e lascia passare quanto può assemblare nel cestello della pagina nell’attimo seguente le vicende o durante, o poi molto dopo - quindi in assenza di temporalità, ma con ben presente l’orologio esausto del trascorso -, ricostruendo le misure dei luoghi e non più i fatti, ma le emozioni, le caratterizzazioni, gli accidenti pulsivi (quasi uno scherzo gli sfuggisse in tanta seriosità); il tornio della sua lingua ama la curva dolce e non sarà mai possibile che ecceda in spigolosità temperentamentali. Forte è il legame con la consanguineità, incedibile la sua contemporaneità con quanto prova e descrive.
Così si potrebbe ben altro aggiungere di Bruno Amore, ma è d’obbligo che si lasci al Lettore la scoperta e l’assunzione dei colori, delle tele, degli umori, degli odori a cui egli mi ha condotto. E sia per Voi ciò che è stato per me: attendere la mano nel gesto di voltare pagina, proseguire la lettura, ma le dita un fermo, come a dire: “assorbi, non farti fuggire l’attimo di intingimento”.
Ferdinando Giordano
Nel sogno che ci prende che ci sente (rif:248236)
Libro POESIE 120 pagine
1a edizione 5/2011
in vendita anche alla Feltrinelli
per prenotazioni, scrivete a Bruno Amore oppure a verbasi.manu@gmail.com o direttamente su ilmiolibro.it cliccando qui
Libro edito da Rosso Venexiano
Promozione e organizzazione: Manuela Verbasi
Copertina, prefazione e impaginazione: Ferdinando Giordano
Scelta testi: Giovanna Trani
Editing e supervisione: Anna De Vivo
Il libro è un omaggio della direzione al nostro amico Bruno, per il grande valore che da anni con la sua presenza, dà al nostro sito, per la sua umanità e l'innegabile valore artistico. Le sue poesie e lui stesso, sono un esempio a noi molto caro di come si può essere un bravo poeta e un grande uomo, rimanendo se stessi sempre.
Sentiti ringraziamenti a Ferdi Giordano, Anna De Vivo e Giovanna Trani che hanno realizzato l'opera con passione e generosità, a Silvia De Angelis per la recensione dopo queste mie righe, a Bruno Amore, amico, autore.
Manuela Verbasi
B R U N O
Un Autore particolarmente preparato e versatile il cui profondo spessore dell’anima fa scaturire elaborati di pregio, stilati con la massima spontaneità e conducenti ad efficaci risultati, che rendono davvero interessante e piacevolissima la loro lettura.
Si cimenta con valenti precisazioni di carattere filosofico e letterario, che non possono non riscuotere l’attrattiva del lettore, per la sagacia e l’intraprendente abilità con cui sono state meditate e sviluppate in brani avvincenti.
Non lascia nulla di intentato, la sua fulgente penna,affrontando, con le dovute capacità, qualsivoglia tema, che acquista peculiare esclusività per lo stile e l’arguzia sottile con cui è stato trattato.
Insoliti passaggi, davvero affascinanti, pongono in rilievo la sua non comune sensibilità, che nelle liriche d’amore convoglia incredibile dolcezza.
Filosofici tratti, particolarmente preziosi, aprono inusitati spazi a meditazioni non banali, che pur nella loro ardua complessità riescono a suscitare un particolare, piacevolissimo, interesse.
Ricercati spazi erotici insinuano versi segnatamente intriganti, ma sempre raffinati e colmi di significative intuizioni sentimentali.
Qualche cenno di poesia orientale, posata su ferratissimi haiku, ancor più denota l’adeguata versatilità e destrezza poetica dell’autore.
Avvincenti racconti e appropriati brani poetici definiscono in modo davvero compiuto una personalità eclettica, che si legge con immenso piacere e non finisce mai di stupire per l’originalità e la ricercatezza degli elaborati inseriti.
Silvia De Angelis
13 Maggio, 2011 - 08:50
Mi rigiro i pollici ed i pensieri, cercando parole adatte a dirvi GRAZIE. Se fosse di persona vi abbraccerei e bacerei (non è gran che lo so, ma vien dal cuore). F. & S. m'han detto cose egregie delle quali solo per vanità non arrossisco un poco e G. che ha fatto da levatrice alle mie creature, portandole sul bianco della pagina (non so ancora quali, ma confido della sua sensibilità), m'incuriosisce alquanto (io non saprei sceglierle, le mie). A M., the first lady, che mi sa suo devoto servitore e cullo per lei un sentimento arcano di ammirazione, un grazie +, per aver reso possibile realizzare un desiderio.
Lo ritengo un onore che ve ne siate occupati, quel ragazzo (il libro), sarà il mio cuscino per i prossimi cent'anni.
Bruno Amore
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