Scritto da © webmaster - Mer, 06/07/2011 - 00:29
Complimenti al giovane Gabrio che bruciate le tappe di varie ma non incoerenti esplorazioni sulle frontiere dell' informale, alleggerito di un certo suo plumbeo incantamento nella materia, elettrizzato, è arrivato a scrivere il frammento geroglifico di questa recente serie di tele. Esplosioni controllate, potremmo dire, che sprigionano un cromatismo violento e insieme raggelato, perfettamente omogeneo con l' abbagliante e agghiacciante rivelazione dell' umanità che si annuncia ossessiva e sperduta tra la foresta di segni. Aggressive e limpide, quasi esitanti e sorprese della loro carica queste scritture rispondono liberamente, ma senza tradirlo, allo stimolo non occasionale che le ha promosse: il testo di Piero Santi intitolato " Due di loro " non per nulla insolitamente esplosivo rispetto alla nuda e tormentata norma di questo scrittore. Complimenti a Gabrio, e complimenti anche a Piero
Mario Luzi
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Gabrio Ciampalini è nato a San Miniato il 18 maggio 1945. Si è diplomato al Liceo Artistico di Firenze ed ha frequentato l'Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura della stessa città. Attualmente vive e lavora a San Miniato e a Firenze.
La sua carriera artistica ha un inizio sfolgorante: stretta amicizia con lo scrittore, poeta e critico toscano Piero Santi (1912-1990), partecipa sia alle iniziative che si svolgono intorno alla Galleria l’Indiano e al Circolo Upupa di Firenze, che a mostre nazionali ed internazionali. La sua attività è poliedrica: alterna lavori di grande impegno e dimensione, a minuti progetti di grafica, illustrando riviste e copertine di libri. Mostre personali |
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Gabrio Ciampalini. Brandelli di sé e di noi.
Sono trascorsi forse trent'anni dall'ultimo testo di presentazione che dedicai all'attività pittorica di Ciamaplini e rare sono state le occasioni di incontro; alle nostre spalle ci furono anni di grande frequentazione, di quotidianità a Firenze e di viaggi in giro per l?Italia tra gallerie e stamperie d'arte. Ritornare a vedere un vecchio amico e ritrovare intatto lo studio di Ponte a Egola per poi incontrare un nuovo sistema di immagini e un'inedita tecnica di redazione rappresenta un'esperienza dalle tinte umane complesse, dalle sfumature psicologiche difficili da chiarire, tanto sono rinserrate oggi nella mia intimità ed in luoghi vicini di cancellazione e di impunità; il vecchio ed il nuovo che si confrontano e si rincorrono nei nostri volti e nelle pareti di quello studio, lo sguardo che spazia nella stessa campagna, nella stessa aia agricola fin su alla villa rinascimentale. Entrando ho cercato con gli occhi della memoria iconografica i limoni gialli e la scacchiera dei piani che si ribaltano nelle grandi tele del 1977, superfici di pittura che si distribuivano e si accumulavano come pagine di un libro di racconti brevi; non ho trovato lo spirito di narrazione dagli umori medioevali, le luci disegnate del primo rinascimento, la tensione che caratterizzò il passaggio dal realismo al Realismo Magico, allo spaesamento metafisico. Ho trovato brandelli accesi di segno-colore, pagine che si impongono per implosione di energia, micro appunti come frasi disgiunte ed auto-referenti, occhi e occhi e occhi che non dialogano ma si sommano, ciglia-sopracciglia che proteggono ciò che a noi non è visto vedere ma che sappiamo essere in noi impresso, collante e plastificazione nel disperato tentativo di opporsi alla dispersione,alla solitudine, all'urlo individuale, al satellite abbandonato, alla stella che si perde. Ciampalini era un pittore che pur conoscendo la sofferenza e la solitudine nell'umanità, appariva deciso a denunciarla ed a raccontarla nel sistema unitario del quadro, dell'incisione e della serigrafia, oggi esprime un'artisticità conflittuale e dialettica tra frammento e unità, attraverso congiunzione e disgiunzione; ogni pagina miniata è vivace ma logora, abbagliante ma disperata, intensa ma precaria, policroma ma delicata e povera. Gabrio ha scelto una strada difficile ma per questo tanto intensa, direi inspiegabile nel sistema dell?arte ma autenticamente sua, arrovellata interamente sul proprio autore, sulla sua stessa esperienza di vita. Ma non è arduo per chi lo volesse riconoscere parte di noi stessi e del nostro vissuto.
Andrea B. Del Guercio
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È probabile che l'osservatore di questi quadri di Gabrio sia preso in primo luogo dalla festa del colore i gialli, i rossi, quei verdi ardenti, quegli azzurri fondi e poi le linee nere di contorno che, nelle opere più recenti, non hanno un esito decorativo ma servono, da una parte, ad esaltare la sonorità dei colori e dall' altra a puntualizzare e anzi ad approfondire il movimento delle masse. Ma sarà bene non fermarsi qui. Questa pittura ha in sé elementi più segreti, e il colore stesso, se andiamo oltre nell' osservazione e nell' interpretazione, si rivela come una estricanzione, necessaria certo, dell' ansia del pittore. Uso a ragion veduta la parola " ansia": proprio perché sarebbe estranea all' opera di Gabrio, mentre io penso ( e non solo perché so con quanta apprensione appassionata il giovane pittore vada alla ricerca dell' "ostacolo") che in questi moduli pittorici si annida uno scontro inquieto, via via più chiaro e più consapevole, fra linea e volumi che guidano l' opera verso un colloquio di spazi. Spazi scattanti nel momento stesso in cui scovano l' eventualità di contraddirsi. Non si deve, a mio parere, parlare di " deformazione " per queste linee e questi volumi, in quanto che la " figura " esiste ormai solo come punto di partenza remoto e d' improvviso assente, e viene ad essere tutt' uno con lo spazio.
Nelle opere meno recenti, invece, la figura si staccava dal fondo il quale rimaneva appunto tale (qualcosa di esterno, di estraneo); e in questo caso si poteva parlare di deformazione. Gabrio, insomma, ha operato con la sua ansia di conoscere la propria realtà tenendo conto, come direbbe Arnheim, della distinzione tra ciò che è adatto e ciò che non è adatto. E, continuando nel pensiero dello psicologo tedesco-americano, è vero che certe caratteristiche personali, come quelle che configurano il suo stile particolare, vengono esaltate ogni volta che servono ad una realizzazione nuova e pertinente della sua idea mentre la intrusione di elementi soggettivamente attraenti ma obbiettivamente inadatti viene respinta dalla disciplina artistica. Il lavoro dell' artista trova il suo punto scattante soprattutto qui: in questo dialogo sempre contrastato e sempre rinnovato fra ciò che è essenziale e pertinente e ciò che non lo è, anche se appare. Per scendere ad una specificazione parziale, dirò che il nemico vero dell' artista è il piacevole, che suo amico indispensabile è l' ostacolo che può rivelargli il senso del reale. In alcune opere recentissime di Gabrio, presenti a questa sua prima mostra all' Indiano, il pittore procede sempre più verso la coscienza e verso l' uccisione di ogni dato di gusto: la sua libertà è più densa; l' oggetto ormai è un oggetto, sì, della fantasia ma dove l' io e le cose, sono avvolte in un rapporto originario, non attuato via via opera per opera. Questo " oggetto " ritorna ad impostarsi su un fondo ma si tratta di un fondo-spazio ( penso a quelle tele dove tale fondo-spazio è in argento ) nel quale si avverte lo scontrarsi delle pennellate, quasi Gabrio si rifiuti di concepire, appunto,uno sfondo inerte e staccato dagli oggetti. Si tratta di una pittura-pittura per la quale non si può fare un discorso che evada e illuda, un discorso lirico e drammatico, per intendersi. Alla linea, al volume, agli spazi, al colore. In alcuni, forse nei più, la linea è predominante; e non è affidata alla grazia né alla disinvoltura facile. Fra le linee innumerevoli che la tela bianca racchiude, Gabrio non cerca la più accettabile, il che significherebbe la più piacevole, ma quella significante : così da costringere l' osservatore a uscire dalla sua inerzia e a seguire la necessità e la sostanza introversa del pittore. Sostanza che potrebbe sembrare, a momenti, ignota a lui stesso almeno nel momento anteriore all' operare e che il pittore scopre nel tempo del dipingere. Perché probabile che non ci sia mai un " reale " che precede e che il pittore ricrei, interpreti: la realtà è un tutt' uno con l' artista. Un giovane come Gabrio ha un cammino aspro davanti a sé, ha scelto la porta stretta. Per questo le opere di lui hanno suscitato in me un' adesione e un interesse: perché, permettetemi questa repentina intrusione autobiografica, io odio la porta larga, la facilità, la disinvoltura, l' estro che sia un fatto formale, le soluzioni affidate al gusto o anche alla " cultura " figurativa del tempo. Si è contemporanei, credo, a patto di non voler esserlo, o addirittura di non sapere di esserlo: altrimenti c'è la moda, quel misero fuoco fatuo. Il vuoto.
Piero Santi 1972
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- Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
- Direttore di Frammenti e organizzazione mostra: Manuela Verbasi - Opere: © Gabrio Ciampalini - Progettazione grafica e web editing: Anna De Vivo All pictures ©by the senders - tutti i diritti riservati agli autori, vietato l'utilizzo e la riproduzione di testi e foto se non autorizzati per iscritto |
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