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Arte e Stati di Coscienza

A.Iurilli Duhamel,Horae
La nostra percezione è costantemente influenzata da due differenti stati di coscienza: la coscienza focalizzata e la consapevolezza diffusa.La prima è un processo in atto da migliaia di anni e tuttora non esaurito, sgorga dall’inconscio e si prefigge di dividere la realtà circostante nelle sue parti compositive per giungere a produrre idee, teorie, invenzioni, analisi e giudizi.Tutta la nostra educazione è volta a potenziare e affinare questo tipo di coscienza. Ogni giorno ce ne serviamo ampiamente e senza di essa non ci sarebbero state cultura e scoperte scientifiche.

La consapevolezza diffusa invece, si basa sulla percezione dell’unità della natura, sulla interdipendenza di tutti i suoi elementi, su un intimo senso di fusione e di appartenenza.
Lo stato di consapevolezza diffusa è lo stato in cui vivono i bambini prima che siano educati e forzati a separarsene, ispira la visione degli artisti e da’ voce alle parabole dei profeti.
 
Necessitiamo di entrambi gli stati di coscienza per evolverci e preservare la nostra integrità, ma la competitività di ogni giorno ci richiede un abuso della coscienza focalizzata a discapito delle funzioni della consapevolezza diffusa con inevitabile indurimento del cuore e un devastante stato di fragilità e angoscia.
Ne “L’idiota” di Dostoevskij, abbiamo l’esempio di un adulto che vive esclusivamente in uno stato di consapevolezza diffusa. L’idiota è un uomo che rientra nella sua società dopo anni d’isolamento e malattia. Sebbene sia un adulto, vede il mondo con la semplicità e la franchezza di un bimbo, le sue innocenti osservazioni sono uno schiaffo costante alle costruzioni ipocrite di una società basata sulla falsità ed il tornaconto personale.
 
L’idiota di Dostoevskij incarna le qualità femminili di empatia e accettazione, senza nessuna discriminazione di sorta. Munito del candore di un bambino egli non conosce confini; il suo bisogno di contatto e di amore è incondizionato. Purtroppo, lo stridore del mondo circostante è tale da fargli desiderare di rifugiarsi nuovamente nella sua malattia.
Queste due forme di coscienza sono intrecciate nella psiche di uomini e donne, il dilemma però è, che sono impotenti nel convincersi l’un l’altro: quando siamo in uno dei due stati, automaticamente eludiamo  l’uno o l’atro e molto spesso divengono mutuamente distruttivi.
 
La nostra società è caratterizzata da una frattura di queste due modalità di esistenza, a differenza delle società arcaiche dove per mantenere l’equilibrio delle due coscienze si ricorreva ampiamente a rituali di armonizzazione e di umanizzazione.

Nella Grecia del IV secolo persino i contadini trascorrevano giorni interi ad Epidauro per assistere alle tragedie, che non avevano la qualità di evasione di uno spettacolo moderno, ma erano un’occasione religiosa, civica e agonistica, finanziata dallo stato e destinata a coinvolgere l’intera collettività.

Epidauro, non era solo il luogo degli spettacoli, ma soprattutto era uno spazio di guarigione dedicato al dio Asclepio, dove arte, medicina, religione e magia concorrevano a restituire integrità all’uomo.
 

Oggi la frattura tra queste due parti è drammatica ma ancora più drammatica è l’ignoranza che abbiamo del problema; nella nostra perenne ricerca di potere non ci rendiamo conto di avere idolatrato il sistema nervoso centrale o neocortex ,  elevandolo al rango di unico dio, ignorando la necessità di un giusto equilibrio con un altro sistema antagonista, quello nervoso involontario, per l’indispensabile equilibrio dei nostri due sistemi nervosi: il simpatico e il parasimpatico.

L’uomo moderno, così come nell’antichità, si trova costantemente di fronte al difficile compito di unificarsi, di preservare la capacità di visione, unitamente all’abilità di trovare una collocazione in un mondo materialistico. E’ un compito assai arduo, spesso difficile da realizzare.
 
  E’ facile incontrare persone piene di luce che di fronte alle esigenze della vita si rassegnano al più triste e rassicurante conformismo, o persone esaltate e bruciate dall’incandescenza della loro visione che finiscono con l’essere isolate e psichiatrizzate. Solo alcuni riescono a realizzare l’obiettivo di saper contenere gli opposti mantenendo la chiarezza della propria visione, riuscendo a  collocarsi adeguatamente in questa società; sono gli eroi moderni, spesso non riconosciuti come tali.
 
Alcuni sono invisibili, poichè la loro lotta passa inosservata, altri si oppongono apertamente rifiutandosi di abbandonare le proprie posizioni, i loro sogni, a costo di essere incompresi.Tra costoro ci sono gli artisti, i poeti, i musicisti,  essi hanno almeno una forma all’interno della quale possono contenere i conflitti dei loro opposti.
Ma ci sono anche persone, che non hanno alcuna forma artistica che serva allo scopo, sono coloro che sanno trasformare la loro vita in  un’opera d’arte,sono  gli eroi supremi di questa società senza anima.
 

È di loro che Robert Frost ci parla nella sua poesia: “Latitanti  giammai.”

Non è un latitante, fuggito, fuggendo.
Nessuno lo ha visto inciampare mentre si guardava indietro.
La sua paura non è alle spalle, bensì accanto.
Corre guardando avanti,
costantemente cercando.
……
La sua vita è un perenne esplorare
in cerca di approdo
È il futuro a creare il suo presente.
In un’interminabile catena di desiderio.

Antonella Iurilli Duhamel

 

Fëdor Dostoevskij, L’idiota, Feltrinelli , Garzanti 2008.
Robert Frost “Escapist Never” da: Collected Poems, Prose, and Plays (Library of America) by Robert Frost, Richard Poirier, and Mark Richardson (Hardcover - Oct 1, 1995)

 

 

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a cura di Ezio Falcomer

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