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Rainer Maria Rilke e Paul Cezanne: Due poetiche un'unica anima

Rilke Cezanne. fotomontaggio Iurilli Duhamel
"La natura non si getta tra le braccia del primo venuto,
così come del resto la cultura e l’arte…
pretende infinita passione, prima di svelarsi e di concederglisi.”
Hermann Hesse

“La saggezza è piena di pietà.
E per questo l’uomo paga la troppa saggezza con tanto dolore”
Euripide

"L'arte è un sentimento più che una dottrina."
C. Chaplin

"Dipingere è facile quando non sai come si fa,
ma molto difficile quando lo sai.”
Daniel Defoe

 

Cezanne era morto da un anno e Parigi commemorò la grande perdita con una importante retrospettiva al Salon d’Automne. Il caso volle che il poeta Rainer Maria Rilke, durante il suo soggiorno a Parigi, avesse la possibilità di visitare l’importante mostra che in realtà si trasformò in una sorta di pellegrinaggio quotidiano per quasi tutta la sua durata.

La visita alla retrospettiva capovolse – a Rilke - la visione dell'arte e della vita segnando indelebilmente la sua anima poetica, ed il mondo deve a quel fortuito episodio  la nascita di due indiscutibili capolavori: "Le Elegie Duinesi" e i" Sonetti ad Orfeo".

 

Le  quotidiane visite al Salon d'Automne, rappresentarono per Rilke  una sorta di iniziazione, una forma meditazione dove i confini tra osservatore e oggetto venivano gradualmente a scomparire per dare il là ad una nuova vita.

Questa straordinaria esperienza, documentata dalle lettere a sua moglie Clara,  sono una preziosissima testimonianza del processo di osservazione di  un artista colto e profondo, una delle migliori menti del ventesimo secolo, e costituiscono  un’imperdibile opportunità per  coloro che oltre alla pittura ed alla poesia sono interessati all'evoluzione della propria coscienza.

L’epistolario costituisce una importantissima testimonianza, in quanto ci mostrano come  Rilke riuscì a realizzare con la sua  poesia quello che Cezanne seppe fare con la pittura.Rilke come Cezanne fu soprattutto interessato ad alimentare una conoscenza interiore, a stabilire una esperienza di intimità, a promuovere una osservazione in grado di rinnovarsi di volta in volta.

Gli oggetti d’arte sono sempre risultati dell’essere stati in pericolo, dell’essere-andati fino al limite di una esperienza, fino al punto da cui nessuno può procedere oltre. Tanto più si va avanti, tanto più il senso dell’esperienza diventa proprio personale unico e l’oggetto artistico è, alla fine, l’espressione necessaria, irreprimibile, il più possibile definitiva di tale unicità. In ciò sta l’incommensurabile aiuto dell’oggetto d’arte per la vita.

 

Il lavoro di Cezanne però, a differenza di quello di Rilke, è stato ed è tuttora oggetto di innumerevoli  dibattiti  tra chi, con il millimetro in mano, ha tentato di stabilire se le sue pennellate fossero degne di essere considerate tali, e chi invece ha posto l'accento sull'elemento  più prezioso della sua arte, vale a dire : la vibrazione, la capacità di dare vita e trasmettere emozioni anche agli oggetti più umili e consueti dell'ordinario quotidiano, ammantandoli di sensazioni ed emozioni che miracolosamente s'impossessano dello spettatore.

Lo stesso Cezanne, di fronte all’accanimento dei più invidiosi, soleva rispondere che non dipingeva per essere apprezzato dagli idioti, ma per il raggiungimento della verità del suo lavoro. La lezione di Cezanne, che comunque ha influenzato direttamente e indirettamente gran parte  dei più grandi artisti contemporanei, non risiede nella ricerca di una perfezione stilistica ed estetica fine a se stessa, bensì nel tentativo di fare e disfare per rendere con forza e sentimento la forza dei suoi sentimenti nei confronti della vita.

Paul Cezanne non era interessato alla conta dei peli dei pennelli, alla sfinente ricerca del colore perfetto, neanche alla riproduzione fedelissima della realtà;  bensì  a trasmettere in modo più vivo possibile ogni piccolo tremito, ogni piccolo cedimento, ogni grande speranza. Soleva dire che l’Arte è armonia parallela alla natura, non la sua imitazione, ma qualcosa di simile anche se separato.

 

È una posizione che cozza con quanti fanno dell’illusione, del controllo, il loro cavallo di battaglia, con coloro che coltivano  ideologie da superuomo assillati dalla perfezione. Cezanne era invece alla ricerca della verità, dalla fedeltà alla vita ed alla natura, le quali non sono mai veramente riproducibili ma solo, e nei casi più felici e fortunati esclusivamente  evocabili.

È un concetto difficile da comprendere quando non si pone la vita in cima alla scala dei propri valori, ma piuttosto si pretende di essere in grado di poter raggiungere l’illusione del potere della perfezione. Cezanne ci ricorda che la vita, così come la natura, sono tutt’altro che perfette; il segreto risiede nella forza dei sentimenti. Le sue pennellate, risultano forse  non perfette, ma quanta anima, quanta vita dietro quei piccoli apparenti e certo non casuali difetti!

Certo la strada della verità è tortuosa e piena di insidie, ma un artista è comunque un essere umano, pieno di limiti e di conseguenza ogni sua espressione non è esente da tale pecca.


Zola fu oltremodo critico nei confronti di Cezanne, proprio perché Cezanne non ebbe timore di mostrarsi in tutta la sua vulnerabilità ed imperfezione; egli  ebbe molto più a cuore l’esprimere le sue ricche sfaccettature al servizio della più disarmante semplicità, cosa che ha reso estremamente  ardua ogni tipo di critica che non sia in grado di cogliere e leggere l’aspetto vibrazionale ed emotivo della sua arte.
La grandezza di Cezanne consiste, a mio avviso, nell’aver trasformato il limite in commoventi capolavori.
 
 

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