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Poesia

Figli

Lasciali
vivere liberi
e non impedir
loro agli errori
sbattessero
i capi sul muro
il timore
sarebbe più duro

Aiutali
a chiedere aiuto

ma non aiutarli
supplendoli
amali
per quello che sono
giammai
per ciò che daranno

Son figli

non doni di Dio
affidati
a te finché cresciuti
son vite
già con un progetto
non opporti
appartengono al mondo
 

Fuori e dentro

Tu
Che conosci nei giochi le parole mie
inclini
E di adesso raccogli i coriandoli
uno a uno e i colori

Fuori è brezza my amor
e non nasconde Luna
ed io con te
a riguardare il cielo

 

Eppur non c'è

Non c'è
traccia di pentimento
nei tuoi occhi brillanti.
Forse
non lo sai
ma hai appena
gettato a terra il mio
cuore di cristallo.
Non c'è
gioia
nel tuo comportamento
nei tuoi gesti un tempo abituali.
Magari ti manco,
tenti di ricucire
i tuo sentimenti
di ferro?
Non c'è
nemmeno una briciola di me,
non hai conservato
nemmeno un po'
della mia essenza.
Ti vedo nella luce crepuscolare
abbracciare un'altra
e sussurro
un addio
più alla me stessa
ancora innamorata
di te.
Così adesso
 mi copro gli occhi
 respiro piano
e mi nutro
della tua assenza.
 
Caterina Manfrini
 

Mestizia.

quando metto la bocca nel bicchiere
e mi aggiro come mosca cocchiera
per le stanze di casa cercando peli
sbatto gli occhi sulla credenza
dove tengo le foto della sofferenza
mi rido addosso perché pensai fosse
delle stelle quella luce a catinelle
sulla vita appena spalmata sulla pelle.
la troppa luce abbaglia oppure scotta
presi a ritagliarla e ne feci celle
per utilizzarla a morsi a listarelle
serbando quella grande al centro ma
mala tempora currunt s'è spenta
ed io sono restato dentro.

Fiamma

Vorrei esser fiamma
per bruciarmi d'un colpo
e donare al mondo quel barlume di luce
che per sempre lo arda.
 

Alexis
23.02.2010

Quello che non dissi.

non la vedo più / ormai da tanto
quanto non vedo più i tempi verdi
restano ricordi blandi nebulosi
di pensieri diventati tutti belli
e non mi vengono vere quelle pene
momenti bagnati tra le ciglia
battiti frenetici nel petto
difficile diventava respirare
ho perso quasi tutto per la via
di questo vivere meramente
mi resta il rimpianto
ti tenere pervicace a mente
le parole che non ebbero bocca.

La semirima

E se adesso scrivo qui
non è protestar invano
ma il cor mio
sovrano
 
E se al sentir
un tuo si
io mi sentivo dio
or di nuovo io
 
Chiudo tutto dietro me
per colpa
d'un fu niente
castigo il mio presente
 
Ma se mai
capissi me
d'atteggiamento
strano
e forse amor vano
 
Se tu dassi
atto a me
che il torto mio più
grave
è non veder
con gli occhi tuoi
 
Ma chissà
quale uomo
oscurato
dall'odio per se stesso
avrebbe mai
amato tutto il resto
 
Lacrima
or mi scende giù
ma sterile essa è già
annega
e non fa crescer
 
E parole
poste a casa
sul foglio
in un leggio
è la condanna
all'esser io
 
 
[Questa poesia potrebbe sembrare d'amore, tale è, ma dedicata ad una amica carissima, non a un ragazzo che amo in senso che tutti noi intendiamo quando usiamo questa parola]

Popcorn e patatine

 ...
 
Non ti ho mai vista 
come stasera 
con quella luce diagonale 
proiettata 
da una macchina da presa 
spenta. 
Mi hai mostrato 
la pellicola di un film 
già visto 
e io ho comprato 
popcorn e patatine. 
La vecchia cassiera 
ha sempre avuto 
due figli a carico 
e il marito 
ha sempre continuato 
a giocare a tressette. 
Ricordi 
come si abbracciavano 
le coppiette fresche, 
mentre l'acqua pioveva 
sulle vite boccaccesche, 
come si chiudevano 
di botto i portoni 
all'accendersi d'una luce 
alla finestra. 
Ricordo 
come s'alzava la terra 
quando l'asfalto non esisteva 
e mi chiudevi gli occhi 
per nacondermi 
al passaggio 
del vento. 
Ma la vecchia cassiera 
ha sempre avuto 
due figli a carico 
e il marito 
ha sempre continuato 
a giocare a tressette. 
Dal balcone 
ti ho aspettata per anni, 
con la stessa camicia, 
con lo stesso maglione. 
Sono cresciuto 
tra vasi di geranio 
e magliette di cotone. 
E quando mi chiudesti gli occhi 
per nascondermi al vento 
ero già morto 
da non so quanto tempo. 
Spegniamo le luci 
di questo cinema d'essai. 
Sento ancora 
qualcuno che ci applaude 
mentre la cassiera 
chiude il botteghino. 
Tra non molto suo marito 
scenderà da un urbano, 
insieme se ne andranno 

La domenica del lago

C’è già qualcosa che nasce a pelle del monte.
Furono altre zolle, e saranno di coscienza.
 
La confraternita delle piante si ravviva:
nessuna aveva ombre, e vanno folla al sole per la loro striminzita aurora;
ma il rumore del rotolamento era quello;
come quando rovescia il petto ampio una roccia
e coglie meraviglia di tenerezza ai lombrichi nuovi.
 
Erano il ventre della sassaia. La sua tenia angusta.
Non ce l’avrebbero fatta a sollevarla da sola,
la vita che si fa all’oscuro della chiara sorte trovata: animale e curva.
E nemmeno avremmo voluto fosse così.
 
C’è fretta ovunque e sottoterra i semi smagliano
la loro coperta. Sembra non manchi niente.
 
La neve scioglie il suo pensiero d’acqua e corre, inventa pozze di riposo:
non vedo muscoli perché qui non servono. I liquidi si liberano dalle trappole solide: lo fanno senza sforzo: perché non noi? Succederà una volta, una soltanto!, e non sapremo. Potesse essere qui, tra me e il mandorlo: il mandorlo gemma ancora. Avverrà così: 
il rombo delle braccia lungo gli argini del corpo,
la loro frattura in miriadi di puntute scaglie
infisse dal pensiero stesso alla schiera delle costole
senza doverci essere a principio un fondo di dolore.
 
I suoi rostri balordi, del ghiaccio - dico - ma non solo: scivoli, ma di che ti lamenti? Non sente l’erba con la gola umida.
Va alterna, va per gaudio agli alpeggi.
 
C’è un’unica via: un uomo muove un’ombra, e sono io
che introito vita
da spendere in città.

Non ci sei più

Incespico sul pensiero
al ricordarti persa
allo svanire del tuo sguardo
nei miei occhi
al dissolversi del tuo sangue
nelle mie vene.
Riporto l’anello del tuo cuore
alla luce del giorno
ed attendo la notte d’essere sveglio
a sognarti ad occhi aperti
e sino all’altra luce
se riuscirò a svegliarmi ancora!

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