E' una notte silente, il cielo trapuntato di stelle, due o trecento gabbiani bianchi virano e si fanno ombra plumbea di tenue luna, riflesso ambrato ne'gl'occhi verdi, chiari, degl' innamorati osannati, umiliati, traditi, sfigati e lasciati, di dolcezza melensa imbrigliati. Un volo in deltaplano, con la mutanda in mano, un sogno virtual metropolitano del blogger splinderiano.
Stille aulenti a sprazzi, rincorrono tra i lazzi immaginari cazzi, collane di parole ardite, libidinose sentite, rugiada stagionata, cagliata, piccanti introspettive, profonde e vive, d'angeliche megere molto umane, brutte come la fame.
Ogni tanto il carciofone lo pigliano le bone.
Un poeta immalinconito disegna sulla tavolozza dei sogni, arcobaleni di tramonti tra riflessi aranciati sul mare spumoso ed infinito, picchietta col dito l'infradito, apostrofa l'accento ed è contento. Un poeta rimante, claudicante ex cantante, con ulcera perforante, tremante e saccente, s'inchioda d'in su la testa mai rasta, ciò che resta d'un sogno di cartapesta: un turbante volante e rotante, fa niente, ma è evidente ch'è deficiente.
Romantica retorica si flagella e piange sua sorella, lacrima di luna, che costa una fortuna. batte le ciglia, è un battito d'ali sui canali, scioglie i nastri e i nodi, singhiozza sale e miele e tanta cioccolata con il fiele, sospira ad ogni zuccherosa pausa, tra i capelli d'un bel rosso menopausa.
Bimbi felici ricamano sorrisi calpestando verdi prati, contano i battiti del cuore, un cuoricino di bambino piccolino, finestra spalancata sul domani... ma restano villani. Nessuna malinconia, le foglie gialle, l'autunno, l'inverno dentro... scappati via!
Sogno e son Desto soffiano sulle labbra in pioggia di parole, un "ti amo" a gocce, tenendosi le mani e poi le bocce, in viaggio ad occhi chiusi, un po' delusi, provano a cantare le ultime canzoni scanzonate quasi sciocche filastrocche barocche, divise in quartine e sestine a ciocche. Poesia improvvisata scrive ogni giorno una grande cazzata, non ci colpisce, alla lunga sfinisce, non va in pensione l'ispirazione, o è alienazione? Alla larga, alla stretta, Poeta in bicicletta, ohilì, ohilà, che cacchio ho scritto qua? Lo dico con cordoglio, è un grande imbroglio.
Bella la chiusa, splendida partenza, ne avremmo fatto senza... tremo, è bella davvero... mò scendi dal pero, un po' dark, di sangue schizzata ma resta na strunzata, spilli nel cuore non fanno rumore, fantasmi del passato, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, un gatto nero nero, è un noir da cimitero... ho un brivido davvero, superstiziosa, guai ma sai... non si sa mai. Non ci ho capito niente ma non lo dico perché son fico... e poi il poeta s'offende e smonta le tende. Quello presuntuoso e un po' pedante, pensa d'esser più di Dante, ma di Dante ce n'è uno, tutti gli altri son nessuno.
Il più megalomane è petomane e tuona e si consola di un temporale viola. Molto piaciuta la grappa alla ruta. Sotto la pelle, in punta e tacco di stelle, vibrano unghiate sorelle, fra risate a crepapelle. in un festino del maestro, m'inchino... giravolte di frittelle e rifritte patate, già andate. Bellissima, colorata, infinita la partita della vita, sfiniti i polsi, la ceralacca, la politica, la cacca, strizza i capezzoli e via dalle pieghe e dai rivoli dell'ipocrisia.
Poesia introspettiva un po' cattiva, cerca musa a muso duro. Già letto, d'errori ne ha un cassetto tra lemmi frizzi, e scazzi a mazzi, nei testi musicali di musica leggera, definisce licenza poetica l'ignoranza vera. Nello scendere dolce amaro d'ogni sera, al tramonto, ogni rondine fa primavera ma è una chimera e un flirt con la badessa val più di una messa. Copiato sulla tela ha pennellato, un pensiero abusato, poi sviene ad ondate, fra le sue catene di parole riciclate.
Poeta minchione ma grande grande assai, le doppie non azzecca mai, se scrive come Ariosto, ti chiedi costernato se sia miracolato, pavone cazzuto in posa come il Rocco, pur rimanendo gnocco.
Se non si capisce, almeno stupisce. Se oggi ha postato, ha già dato, Non ha tempo è tornato. Ripartito sfinito. Bigotto col botto. Originale non scrive crinale. Orrendo è tremendo. Mette enormi foto chi è vuoto.
Infine, commento non ricambiato, prima piangendo s'è dato, ma non realizzato, s' è impiccato alle corde dell'anima (de li mortacci sua), trovato esalato, fra sospiri e fiati spezzati, venti di grecale o tramontana in una domenica puttana, spazzando via nuvole informi d'organza ricoperte di raso, di fragole e panna, sopra fiumi di seta e velluto o puntini sospesi nei nostri cieli neri, com'esuli pensieri nel vespero migrar.
Manuela Verbasi & Giosuè Carducci
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione Paolo Rafficoni
-Racconto di Manuela Verbasi & Giosuè Carducci
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