Non è la strada del rivoltare i porti
e nell’esiguità di un soffio -arido-
toccare spazi (del):
“è questo il momento, l’ultimo maledetto
per accarezzarti stelo
di un laccio esile”.
Vederle quelle ossa nel campo aperto,
scorrerci sopra una luna triste (…)
non è mai il caso che generi la vita.
Non ci sarò a guardarti, non lascio ombre per case sconosciute,
una dentro l’altra a specchio di un notturno senza grida
virgola nel firmamento che dici senza dire
-riuscire a trovare scampo dal percorso rotto
sul filo liscio senza rete-
Ed io a scavare un tempo non tempo
figurare le battaglie per combattermi
cento e cento volte sconfitto
e nascere daccapo senza bocca in un’ ortica
urlando nei profumi che non sono né saranno:
“Ecco, sarò lì,
nel tuo germoglio di parole
traccia d’ape sul limite di un palmo.”
2
Che strano il tuo volto una luce la perde rifugge il tuo corpo
ma è bello vederti quasi nulla… soltanto uno stelo spezzato
e ti tocco ti sfioro la mente nel ghigno feroce di un grido
mi accechi di luce non mia non nostra del fiume che scorre nel petto
e fa gorghi di ritmi fecondi che basta che giri una mano e dai vita alla vita:
Sono qui, un chiodo ti affigge non sembra nemmeno\soltanto parola!
Troveremo un gallo, vedrai, ci darà un indizio di rotta:
è nostro il ritorno del giorno, alla casa il sorriso di madre
poi il fumo si adatti alle voci, in un verso un vagito potente.
3
Rimasi solo a vederti scomparire
in un giglio di presagi
e dire che già c’ero nel morso-bruco
negli anni che trascorrevi in riva ad un olfatto
senza vie d’uscita.
Quelli erano i giorni,
gli attimi confusi in un firmamento oscuro
senza tregue da rosicchiare
come fanno le coscienze\impaurite
nel guardarsi intorno.
Non avevo scorte da chiamare amore
vestendolo di baci\ulivi
toccarsi senza gli occhi
-essenza amara spremuta dalla pelle-
tutto in un ruscello che scorre lento
sui fianchi dello stare.
Non so dov’è che vai se ti cosparge il seno un orizzonte d’occhi
Rimasti dentro a meravigliare
Mi resta uno shamano\cormorano
che scuote sullo scoglio il sole con le ali.
4
Continuerò a seguire passi dell’inverno
indurirmi il ghiaccio del diamante
Che importa, dimmi, del biancospino
se il sabba dei sonagli è qui nel muro
Sarò l’esile cormorano nel ventre-porto,
e tu mi danzerai con ali potenti
Cigno o donna -custodia del dolore –
attorcigliando piedi sul collo fragile,
non è questo il tango dei colombi
e non c’è musica negli occhi sconosciuti
solo vetri e porpora di un giorno
che s’acceca uguale
ed io non so come… distilla rosa
il petto di un gabbiano.