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Prosa e racconti

Insonne Onirica Licantropia

 [accecanti riflessi di luce sulle zanne bianche, occhi torvi che guatano come fameliche iene, risate sinistre che intercalano gli ululati alla luna, la forza bestiale dominatrice della notte]
Sì, forse tutto questo potrebbe piacermi -penso- mentre l’assenzio discende sapido e si impadronisce dei miei desideri. Ancora una volta ho spinto troppo in là il gioco. La luna mi guarda basita, mentre il ronzio del rasoio toglie l’ovatta del silenzio dalle orecchie della notte. Tornerò a trovarti Nera Signora, ammirerai affascinata il bianco brillare dei miei denti e non saprai resistere. Il mio bacio siglerà la tua morte. Cin cin.
 
 
 

Il nuoto è la barca dei poveri

Il nuoto è una situazione che consente di muoversi nell’acqua con un certo stile e, diciamolo, con tanta presenza di braccia, gambe, mani, piedi, salvagente o altro galleggiante di supporto.

brezza di mare

Quello era il nostro posto..nessuno lo saprà mai, che lì io avevo vissuto i momenti più belli della mia maturità, quando il cuore è ancora ragazzino e il fisico combatte ancora per non cedere al tempo.
Ci vedevamo la mattina presto, più o meno sempre lo stesso giorno, dopo esserci inseguiti per una  settimana, con brevi messaggi o qualche telefonata...Presi dalle nostre vite, dalle persone che affollavano i nostri giorni..io e lui eravamo liberi quando ci vedevamo lì., a due passi dal mare, oltre il ponte.
Poteva anche piovere, o tirare il libeccio, niente ci fermava: e ci amavamo con l'incoscienza di due adolescenti...Nulla gli chidevo: non volevo essere al posto di sua moglie e lui non era certo mio marito..120 giorni in cui io non sapevo che ero felice con lui, che mi raccontava di se stesso e della sua vita e io che mi sentivo circondata dalla sua gentilezza, dalla sua tenerezza...
Poi ci svegliammo dal sogno e tornammo alla nostra vita...con un dolore che mi trafusse il cuore, talmente forte, che andavo a nasconderm in bagno o aspettavo che tutti dormissero per poter essere libera di piangere.
Sono passati tanti anni....e ora, che il tempo ha piegato il mio corpo, ma ha lasciato indemme il mio cuore, quando ho bisogno di tornare libera e bella, vado sul ponte e respiro forte...chiudo gli occhi e lui è qui, sento le sue mani sotto la mia camicietta, le sue labbra sul mio collo, il suo respiro profumato...Vale la pena vivere per un momento solo di felicità...

Il gesto di Marta

Eravamo sulla roccia a strapiombo, dove la costa è uno sperone del tutto simile ad un dito puntato nell’occhio verde del mare e le onde del med sembrano un continuo battito di ciglia che umidifica per liberarsi dal granello di calcare.  
 
Fermi alla curva, proiettati sullo sbalzo che regge una terrazza naturale dall’incredibile sapore di pericolo, osservavamo a destra la baia a cui dava luogo lo stretto promontorio sul quale, chiusi l’uno all’altro, ci aprivamo al sordo rimbombo sotto i nostri piedi: sembrava provenire dal centro della terra ed amplificarsi in noi suoi timpani, ma era solo il mare.
Quaranta metri più in basso, il terrore svaniva in una morbida spiaggia bianca che pareva un sorriso di bimbo, e le ginestre, sulle pareti dell’imbuto, quella indomabile chiosa gialla che accompagna una chioma rada ma fluente di macchia mediterranea.
 
Poco prima, il vento della velocità, nella decappotabile nera, aveva scompigliato pensieri ed attese, come capita negli improvvisi rovesci della sorte, che portano dall’attimo della più ampia serenità al pozzo del tormento: quasi che le ostruzioni di colpo si frappongano con un rapido gesto intromesso.

Cose Così [alle scosse e ai fulmini del tuo tuonarmi]

Scendo precipitosa una scala di marmo, sciolti i sandali, il freddo sulla pianta del piede. M'intingo del blu delle pareti, sciolgo i fiocchi ai pacchetti sulle nicchie nel muro. Sa di primavera ed è già estate, quest'arietta tiepida che muove le gonne, scondinzola sulle caviglie scoperte, porta a passeggio il quotidiano ai marciapiedi. Leggi tutto »

Al paese delle meraviglie

-Sotto l'albero d'alloro sorge il segreto d'anni perduti-
 
A destra il nocciolo, un tempo era solo un germoglio, ora s'erge con forti radici nel giardino dell'eternità.
Il gelsomino sfiorito anche se primavera, s'accinge a raccontar storie che nella sua lunga e pacata esistenza ha accumulato.
Ed ecco laggiù, il tronco cosparso da funghi che dicevamo allucinogeni, che c'avrebbero potuto portare al Paese delle Meraviglie.
Ma solo ora capisco che io al Paese delle Meraviglie c'ero già. Eri tu la mia meraviglia, il mio stupore, la mia gioia nel aprire gli occhi esclusivamente per vederti ed immergerci in luoghi senza tempo.
Amico mio, fammi volare ancora.
 
-Sotto l'albero d'alloro sorge il segreto d'anni perduti-

"Scherzo" di benvenuto

“Scherzo n.1”.
(Primo foglio del taccuino)
 
Per dirla in breve, cosa possa avere a che fare un moleskine con i Miti. E, solo per sparigliare il discorso, mi piacque aggiungere qua la maschera Pappagone, il "siamo vincoli o sparpagliati?” di sbellicante memoria.
 
Così, “Ecque qua” la nascita dello Scherzo, a mò di insensate note.
 
Si partirà da sofocle, per poi lasciarlo e riprenderlo alla fine, magari: il nostro Sofocle.
Non dovremmo qui dire che Sofocle ci ricorda la Tragedia, e con essa la sua più famosa: quell’Edipo che rappresenta e continua a rappresentare, in tutte le accezioni prese, uno dei più importanti drammi dell’uomo?
Ebbene, ciò lo soffocheremo, per non cadere in facili equivoci psicanalitici,e diremo invece cos’è la tragedia: l’uomo che si rivolge all’uomo attraverso la storia. In un rapporto vis a vis, senza la mediazione di filosofia che, dopo i Sofisti e Socrate, con Platone si indirizza a vedere lo stesso uomo nell’astrattezza delle Idee, nel primo insieme (non matematico) della collettività: la polis.
Senza la mediazione della politica, e del diritto che, con Macchiavelli ed Hobbes, seguiranno tempo dopo, sempre con visioni storicistiche ed esiziali a parer mio, senza più considerare, fino ai tempi d’oggi, l’uomo in sé, individualmente preso quale fonte cui rivolgere una vera attenzione, la prima.
Un bagliore nel recente passato: Nietzsche e la sua apparente ed indiscussa follia-discrasia.*
*(intesa come stato di caos-squilibrio)?
 
 
 

Viaggiatori 5

Mi assassina il secondo giorno muto, spengo le ore, vado a tentoni bendata, non vedo i colori, non sento. Ho pensieri verde scuro, così come le foglie delle fragole abbandonate sul piattino. Spero in un pensiero fruttato che rimbocchi le mie federe di dolcezze. E mi concentro sui sorrisi degli altri.
                 Reagire.                            
Non morire.   
 
 
 
                          
Amare.
 
 
 
 
All'infinito.
 
 
 
Disegno giardini e creo accordi rossorosarosso, gomma pane sulle malinconie, sui lividi invisibili da fuori.
Le tue mani sono calde, le ho sul viso e sui fianchi. Le ho e tanto basta.
 
Cos'ha il tuo cuore ch'esplode in scintille, ed ognuna mi arriva e m'accende? Cos'hai tu che rallenti di sorrisi, quest'ansia soffocante?

Rilanci di parole del tardo pomeriggio, il vocio, il cinguettare, il corteggiamento.

Cotoni le nuvole,
                             fammele vedere coi tuoi occhi.
Ponile appena sotto i nostri passi.
                             Dimmele.

Le stesse parole, galleggiano su tutte le altre, fanno il giro ed atterrano impavide. Te le devo dire. Te le voglio dire.

Amore mio, mio unico

Amore.

Manuela

 
 
opera di Schiele

Cose Così [dalle caviglie alle ginocchia]

Qualcosa in effetti, potremmo fare, tra i ventagli d'anima delle spighe gialle, piegate al caldo della stagione aranciata, dove andranno le libellule, andremo noi a tenerci le mani sul viso e nelle mani.
 

Io quantistico

Lei, l'invito - nietzschiano o pindarico che fosse - a diventare ciò che si è non riusciva quasi a capirlo. C'era quel "ciò" che la lasciava perplessa. Come se si fosse un'unica cosa, una struttura coerente e coesa, una pietra dura.
Lei si sentiva piuttosto una particella delocalizzata, che di quando in quando un qualche strumento di misura costringeva in un nuovo stato, con le note conseguenze paradossali che ne derivano.
Avveniva poi in genere che lo stato in cui, per così dire, precipitava, fosse quello che più si confaceva al casuale osservatore - ansia di compiacere, direbbe semplicisticamente chi non fosse avvezzo alle teorie quantistiche.
Comunque, uscendo dalla metafora, che si sa, non regge mai ad essere tirata troppo, questo era quello che sentiva accaderle: di precipitare, a seconda dell'interlocutore, in un possibile sé, una possibile rappresentazione di se stessa, qualunque cosa si intenda con questa locuzione. Tutte ugualmente vere, s'intende, tutte autentiche, ma diverse e persino contraddittorie fra loro.
E di questa sua pluralità, di questo far dipendere la sua rappresentazione dall'altro, lei era, ma sì, diciamolo pure, orgogliosa.
 
 

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