Mimesis, cioè l'imitazione del vero - di Hjeronimus | Arte | redazione | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

To prevent automated spam submissions leave this field empty.

Commenti

Sfoglia le Pagine

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • laprincipessascalza
  • Peppo
  • davide marchese
  • Pio Veforte
  • Gloria Fiorani

Mimesis, cioè l'imitazione del vero - di Hjeronimus

Le "raffinate rappresentazioni lineari del mondo" si chiamano genericamente la mimesis, cioè l'imitazione del vero. Ma non è che dai primitivi all'impressionismo ci sia solo la mimesis. Questa trova il suo apice nella prospettiva rinascimentale e nasceva da una esigenza di realismo legata all'autorappresentazione di una società progressiva e orgogliosa dei propri traguardi.

Questo realismo si opponeva all'astrazione romanica e alla sua funzione simbolica di trasferire nell'aldilà il possibile godimento dei beni spirituali, dato che quelli terreni erano pressoché inesistenti. La loro pittura era  perciò astratta, ultraterrena nelle intenzioni e fatta di grandi à plat cromatici, circoscritti da linee forzate, spesse, come quelle, tecnicamente inevitabili, delle vetrate. Grandi stesure di colore di una pittura che rappresentava il Paradiso, non l'uomo. Appunto, macchie gigantesche legate strutturalmente alla mancanza di luce degli ambienti sacri romanici. Mancava la luce perché le finestre erano troppo piccine e le finestre erano piccine a causa della volontà di costruire in pietra (= eternità) la casa di Dio. E il peso della volta in pietra, cioè della spinta, imponeva, in un tempo in cui le conoscenze della statica erano nulle, mura ciclopiche, che riducevano a fessure le apertura delle finestre. Di qui i colori sgargianti del romanico, dalla necessità di renderli visibili anche al buio.

Nel Rinascimento, l'umanesimo mette l'uomo al centro di tutte le cose, e nell'arte interviene la prospettiva che pone l'occhio dell'uomo al centro della visione, in un bisogno di realismo che coincide appunto con la rivalorizzazione della condizione umana. Che però decade poi agli albori della scienza, con Galileo e Descartes. Il realismo non è più lineare, diventa il realismo eroico della tragedia, della cadutadell'uomo, con Caravaggio. E proprio in parte dalla cerchia del caravaggismo viene Guercino, il pittore della macchia per eccellenza. Insomma, vi sono vari gradi per arrivare a Burri, e il segno, il colore, l'à-platla macchia, rappresentano di volta in volta una volontà simbolica sempre legata al grado evolutivo di cui son testimoni. E io ho tergiversato troppo, per cui chiedo venia, passo e chiudo. Ciao, H.
 
Hjeronimus il Gio, 22/12/2011 - 18:50.

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 1 utente e 3188 visitatori collegati.

Utenti on-line

  • Bowil