Questa volta ho ceduto. Mi sei sembrato sincero. Era tanto che mi chiedevi di venire con te, fuori, almeno un week-end, lontano da tutto e da tutti, lasciando gli impegni alle spalle, solo noi.
Ed io non me la sentivo. No, sarebbe stato tempo sprecato, tutto inutile, non una vera esigenza, ma solo un tentativo fallito, un viaggio in maschera e io di maschere non ne voglio più.
Ma stavolta c’è stato qualcosa, nel tuo tono di voce, che mi ha convinto. E ho detto:
- Sì, vengo.
Stavolta vengo. In certe cose non mi sbaglio. Non si tratta di ricominciare: si va avanti, sempre avanti, l’importante è essere consapevoli che siamo noi, ancora qui, che questa esperienza sarà importante per noi, come quasi trent’anni di vita insieme, minuto più minuto meno, sempre insieme, più vicini, più lontani, ma sempre insieme.
….
Ed eccoci arrivati, la tua sorpresa si va svelando. Sei fiero di essere riuscito a mantenere il segreto fino all’ultimo sulla destinazione: tutto perfetto.
Ma il luogo non mi è nuovo: ci sono già stata.
Fermi l’auto, e scendiamo: l’albergo è bellissimo e la veduta sul golfo mozzafiato. Ma io conosco già questo posto. L’espressione sul mio volto deve essere veramente strana, ma mentre cerco di ricordare e dissimulare, tu non ti accorgi di nulla.
Il portiere dell’Hotel, gentilissimo, ci porge la chiave della camera.
- Ti piace? - dici con la tua aria da ragazzino che non cambia mai e che amo tanto.
- E’ fantastico! - dico.
Tre piani in ascensore con la valigia ed eccoci alla camera: n.34.
Tutto mi è chiaro all’improvviso: apri la porta ed ho come la sensazione di aver già vissuto questo momento, ma è un attimo soltanto.
Non è possibile che la vita mi giochi questo scherzo, non è possibile. A me, che sono stata sempre semplice e sincera come un libro aperto. A me, disposta a vivere questo giorno nel più assoluto e perfetto degli abbandoni.
La moquette rosa, il lume a stelo, la finestra con i gerani ...( ma che stagione era?).
….
No, non ti avevo mai tradito. Ma quella volta mi sembrò come un sogno. Da quel giorno che mi dicesti:
- Mi sono innamorato - mi era crollato il mondo addosso.
E avevo resistito. Avevo resistito perché ti amavo. Non ho mai smesso di amarti neanche un minuto. Neanche in quelle sere infernali in cui tornavi e sapevo dove eri stato.
Ma era stata dura. Tanto dura. Ed è durata un’infinità di tempo. Il tempo necessario a distaccarmi da te quanto basta per non morire.
Per non morire. I figli non possono vederti morire.
E mi trascinavo.
Ma un giorno lui mi bombardò di messaggi al cellulare. Io non capivo. Insisteva. Mi disse che mi desiderava da tanti anni e che io non lo avevo mai capito, ma faceva sul serio.
Fu un attimo e mi ritrovai sulla sua moto.
- Ti porto in un posto meraviglioso.
Era davvero emozionato. Il mare, il panorama e subito in quella stanza: moquette rosa, lume a stelo, gerani sul balcone. Numero 34.
Fu dolcissimo scoprire che ero ancora una donna. Dopo tanto dolore potevo essere ancora felice.
Mentre mi lasciavo coccolare senza sensi di colpa gli ripetevo:
- Non ci sarà una seconda volta.
Non ci sarà.
….
Ed eccoci qui, noi due. Stanza n. 34. Quello che è passato non c’è più. Il tempo è un’onda che travolge e i ricordi non hanno più consistenza di una fotografia sbiadita.
Lei forse ti ama ancora. Lui mi telefona sempre. Ma qui ci siamo noi due. No, non ti avevo mai tradito. Ma ora sono libera. E la libertà non ha prezzo. Siamo liberi. Di amarci e di non amarci.
Di raccontarci e di non raccontarci. Di parlarci o di assaporare il silenzio.
Davanti a questo mare blu che tutto contiene e tutto rinnova.
ventodimusica
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
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