Quella notte scesi in strada un po' triste e sconsolato. Volevo affogare il malessere che pervadeva le mie membra tra le vie della mia cara città piovosa e scura.
Attraversai Josefov, il quartiere ebraico costellato da sinagoghe ormai tristemente adibite a musei e da venditori di cimeli ormai completamente piegati ai voleri del mercato. Quasi inconsapevolmente arrivai sulla sponda orientale del Karluv Most, il Ponte Carlo, e decisi di percorrerlo fino alla bella e fiabesca Mala Strana, la parte antica di Praga.
Varcata la soglia della sponda occidentale la città sembrò cambiare, si colorò di tinte accese e calde, la luce che emanavano le antiche lanterne divenne soffice, avvolgeva il mio corpo come una coperta riscaldando il mio cuore ormai avvizzito dalla stanchezza e dal mio perpetuo mal di vivere. Mi sentivo rinato ed osservavo lo spettacolo che si svolgeva attorno al mio sguardo incredulo, ma sereno.
Le case si tinsero di rosa, giallo, arancione, blu, rosso e parevano danzare, facendo ondeggiare i tetti a spioventi, sulle note di una melodia che veniva da lontano e che progressivamente si avvicinava a me. Un carro trainato da stelle e guidato da una chiave di violino si muoveva sui binari di un pentagramma che attraversava il cielo e le note di quella Notte venivano liberate sulla città come doni a Natale o come colombe sulle piazze italiane.
Volavano libere nel cielo blu, infondendo pace, allegria e serenità nei cuori di chi sapeva ascoltarle, ma quella notte, solo quella Notte, Praga si esibiva per me, per me soltanto.
Mi lasciai trascinare in eleganti danze, accompagnato da splendide dame inesistenti di cui immaginavo i tratti ed i contorni, gli abiti ed i capelli e volteggiavo insieme a queste mie fantasie come un bambino che gioca con l'amico immaginario.
Praga mi donava la spensieratezza che la vita mi aveva privato e, anche se per una sola notte, io fui felice.
Ad un tratto tutto scomparve e divenne polvere di stelle che si librava leggera nell'aria. Rimasi intontito per qualche istante, con un lieve sorriso disegnato sulle labbra, quasi un' epifania per il mio spirito cupo e scuro e mi accorsi che qualcuno picchiettava insistentemente la mia spalla, mi voltai.
Un vecchio barbuto e immerso nei vapori dell'alcool mi fissava come se stesse guardando un pazzo, un'espressione a metà tra l'incredulità ed il rimprovero, gli sorrisi e dissi:"Cosa la turba, amico mio?"- e lui, basito, rispose: "Credevo di essere l'unico pazzo di questa città!! Ma non folle di nascita eh, bensì a causa dell'alcool che ingurgito ogni sera alla locanda!!! Ma tu, ragazzo mio, mi hai superato e stupito e senza bere nemmeno un goccio!!! Lascia che ti dia un consiglio.. torna a casa e fatti una bella dormita !! Tutta questa frenesia quotidiana distrugge voi giovani!! Rilassatevi, godetevi per qualche istante il dolce far nulla e magari evitereste, poi, di mettervi a ballare in piazza a soli trent'anni! Quello è lavoro da vecchi! Rinsavisci giovine e lascia che il ruolo del pazzo lo svolga io, ormai ho l'età giusta per questo compito!".
Sorridendo, stavolta a piene labbra e cuore colmo, lo abbracciai e me ne tornai ciondolando alla mia dimora.
Alexis [ThrasHAleXiS]
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione: Paolo Rafficoni
-Editing: Manuela Verbasi, Emy Coratti
-Racconto di ThrasHAleXiS
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