Il cavatappi a pedale © Rinaldo Ambrosia
Spett. Ditta Cuneo, 1 ottobre 1999
NATTA
Vicolo Cisterna, 2
Napoli
Egregi signori,
Vi scrivo per segnalarvi che il Vostro apparato, il "Cavatappi a pedale" mod. 30791/43, da me ricevuto, presenta alcune anomalie nel funzionamento.
Dopo aver installato, sul relativo basamento in ghisa, la cremagliera che supporta le due ruote dentate e, in particolar modo, in corrispondenza di quella superiore, la catena che l’avvolge, dopo le prime pedalate tende a sganciasi interrompendo lo scorrimento del succhiello.
Ne consegue che l’arrestarsi del meccanismo provoca l’interruzione dell’estrazione del tappo. Ieri ho dovuto sacrificare una bottiglia di Dolcetto tentando di liberarla da questa macchina infernale che la serrava tra i suoi ingranaggi.
Gradirei, pertanto, che provvediate urgentemente al ripristino funzionale del Vostro apparecchio.
Cordiali saluti.
Ulrico Sommelier
Ditta Napoli, 24 ottobre 1999
NATTA Vicolo Cisterna, 2
Napoli
Spett. Sig. Ulrico Sommelier
Via Roma, 4
Cuneo
Ci è giunta oggi la Vostra segnalazione relativa al nostro prodotto “Cavatappi a pedale” mod. 30791/43 (da noi famigliarmente chiamato “Spruzzata d’origano”) e ci complimentiamo per la scelta da Voi accordataci.
Come sicuramente Voi sapete, la nostra, è una azienda leader nel settore delle forniture per ristorazione, ed è presente su tutto il territorio nazionale, isole comprese.
RingraziandoVi, ci complimentiamo con Voi per la felice scelta operata, e con l’occasione, porgiamo: Cordiali saluti.
S.Natta
Il Direttore
P. S. È operativo presso il Piemonte un nostro agente di vendita; per eventuali problemi tecnici può rivolgersi al sig. Mario Bicerin, via Virla, 6 Torino. Tel. 011/6666610
Spett. Ditta Cuneo, 1 novembre 1999
NATTA
Vicolo Cisterna, 2
Napoli
Egregio Direttore,
Dopo essermi rivolto al vostro agente, il sig. Mario Bicerin, il quale è prontamente intervenuto presso il mio domicilio, presa in visione la "Macchina", ha esordito dicendo: “Òh, boia fàuss!, qui è un gran casino, nèh?". Poi, dopo essersi tolto la molletta che gli bloccava l’orlo dei calzoni (sì, perché è giunto a casa mia in bicicletta), ha iniziato a tirare fuori da una cartella (quelle di una volta, in crosta, con le tasche esterne a soffietto e la cinghia di chiusura al centro) svariati ferri da lavoro, e mi ha chiesto: “Ce l’ha un cicchetto? Perché se gli affari vanno male, il corpo non deve patire, nèh?". Dopo due ore di lavoro, la mia cucina sembrava l’officina di un ciclista. Ferri e ruote dentate sparpagliati ovunque. Il tavolo era ingombro di pulegge, boccole e bulloni. Dal lampadario pendeva sconsolata una catena a maglie. Il gatto, dopo avermi rivolto uno sguardo colmo di riprovazione, è uscito sdegnato dalla camera. Il signor Mario ha tirato fuori dalla tasca dei pantaloni un fazzolettone a riquadri, si è deterso il sudore dal viso, poi mi ha chiesto fare una telefonata in ditta; alla chiamata ha risposto il vostro tecnico Rocco Gennaro.
“Cerea monsù Rocco, la disturbo? Sono Mario, le ho telefonato per chiamarci del supporto oscillante che c’è nella base del cavatappi, lo conosce nèh?".
"Guagliò, aggio capito, ma che fetenzia dicisti? Il supporto sta n’coppa alla bussola detta a’ballerina!".
“Òh basta là, òh mi mi, pòver òm, i lu disia mi".
Tempo mezzora e la "Macchina", perfettamente rimontata e luccicante, troneggiava al centro della cucina. “Adesso ci tocca fare il collaudo", ha detto con gli occhi lucidi il signor Mario e in un via vai di bottiglie, allegro, pedalava cantando "E la bela Gigugin" tra sonori schiocchi di tappi che abbandonavano l’antro di vetro, per esporsi alla pallida luce del sole, e un calice che si riempiva e si vuotava nella sua bocca, con la regolarità di un mantice, e numerosi "cin cin" urlati ad alta voce, mentre sul tavolo venivano man mano allineandosi bottiglie di Dolcetto, Barbera, Freisa e Nebbiolo.
Poi, adducendo un improvviso impegno, e con una baldanza davvero garibaldina, ha mollato i pedali e si è alzato dalla sedia. Sbadigliando vistosamente, il viso arrossato, ha raccolto le bottiglie dal tavolo, le ha tappate con turaccioli di plastica e, dopo averle accuratamente avvolte in carta di giornale, le ha riposte nella sua capiente cartella, dicendo: “Mi porto un po’ di lavoro a casa!", ha allacciato le mollette all’orlo dei calzoni ed è uscito con un sonoro "Cerea, nèh!".
Ora, egregio Direttore, giungo al motivo di questa lettera. Certo, il "Cavatappi a pedale" funziona bene, ed è piacevole e rilassante pedalare in compagnia di bottiglie e bottiglioni e, fin che si tratta di vino rosso, tutto bene. Ma, da un certo tempo a questa parte, la "Macchina" prova uno spiccato senso di allergia verso i vini bianchi, in particolare con il Greco di Tufo, e il Fiano di Avellino. Alla loro presenza sembra impigrirsi di colpo, tentenna, cigola e poi si inceppa e non c’è più verso di farla funzionare.
Ho nuovamente telefonato a monsù Mario, gli ho spiegato il problema, ma lui ha desistito dicendo che a casa aveva del lavoro arretrato da smaltire. Ora, mi domandavo se per puro caso il sig. Rocco Gennaro non potesse abbandonare per qualche giorno il cielo del Vesuvio per risalire verso queste lande nebbiose e...
settembre 2012
La torta Paradiso © Max
È un venerdì della fine di maggio. La cucina è ben illuminata dal sole delle 11.00. La luce entra dalla portafinestra che si apre sull’ampio balcone e dalla grande finestra che sovrasta il doppio lavabo. L’ha voluta Gianna quando ha acquistato l’appartamento con suo marito Sergio. Doveva esserci quella finestra ad ogni costo e, nonostante le remore del costruttore, alla fine era riuscita ad ottenere che il progetto fosse modificato. Al centro della stanza domina un lungo tavolo, troppo lungo per loro due, ma quando vengono a pranzo i genitori e i suoceri la lunghezza è tale da sedersi e mangiare senza toccarsi coi gomiti. L’ha ideato e disegnato Gianna, un’ottima soluzione, senza dubbio, per soddisfare il criterio di una adeguata abitabilità. E’ seduta a riflettere sull’alto sgabello di metallo laccato rosso che le ha regalato la sua amica del cuore Lucilla, anche se lei non ha mai trovato un posto adatto per quello scomodo oggetto su cui deve arrampicarsi. Sergio la prende in giro per quelle acrobazie e, quando è in cucina, l’aiuta a sedervisi sollevandola con le sue forti mani. Magari ne approfitta per farle il solletico e Gianna inizia a ridere in modo convulso, gridandogli di smettere. E lui smette, baciandola dolcemente sulle labbra che si schiudono come un fiore al primo sole.
Sergio ha un cane che possedeva già prima di sposarsi. Si chiama Splinky, un nome che ha voluto dargli per il suo buffo aspetto di cane dal pelo arruffato di color tabacco. Splinky non ha molto gradito il suo trasferimento nella nuova casa, anche se in cucina c’è un comodo cuscino dove va ad accucciarsi quando non vuole farsi coinvolgere dai movimenti della nuova padrona. Non che lei non gli piaccia, ma gli sembra troppo perfetta per i suoi gusti canini. Sa, a sue spese, che non può entrare in salotto e nella camera da letto, perché gli è stato vietato con un sonoro schiaffone sul posteriore. Eppure trovava così comodo sdraiarsi sul morbido tappeto persiano e rotolarvisi fino a sbattere contro la credenza in cui spesso tintinnavano pericolosamente i preziosi calici di cristallo. Poi aveva dovuto smettere per non sentire le urla di Gianna, quasi un’indemoniata, che lo rincorreva alzando la scopa.
Quando Sergio rientra a casa , lui gli va incontro e umetta con la lingua ruvida la mano che lo coccola . Gianna è falsa agli occhi di Splinky perché lo chiama “ cucciolo mio” e gli dà i saporiti croccantini per far credere a Sergio che i loro rapporti siano buoni. Eppure Gianna non avrebbe voluto quel cane in casa perché non sopporta cani e gatti.” Che stessero fuori all’aria aperta!”, ecco il ritornello di Gianna. Allora Splinky ha dovuto restringere il suo territorio al corridoio, alla cucina e al balcone. D’estate esce a curiosare e infila il muso tra le sbarre della ringhiera per cercare di vedere cosa accade nel cortile dove giocano dei ragazzi. A volte, abbaia e Gianna subito lo rimprovera, minacciandolo con un battipanni. D’inverno deve sorvegliare lo spazio a disposizione in casa, senza poter uscire sul balcone a causa del freddo e della pioggia. Meno male che Sergio lo porta fuori in strada al mattino presto, all’ora di pranzo e poi di sera tardi quando rientra dall’ufficio. Gianna non ne vuole sapere di fare l’accompagnatrice di quel cane. Splinky è grato al suo padrone di quelle attenzioni e, se dipendesse da lui, scenderebbe da solo per le scale e uscirebbe a passeggiare lungo il marciapiedi per orinare dove gli piace di più. Avrebbe così evitato di essere strattonato da Sergio, senza avere il tempo per concentrarsi sugli odori e sulla sua minzione.
La cucina è in disordine. Si avvicina l’ora del pranzo e Gianna ha quasi finito di preparare l’impasto della torta Paradiso che vuole far trovare al maritino. E’ una sorpresa, anche perché lei, di solito, si è scarsamente cimentata nell’arte dolciaria. Sembrerebbe il suo primo felice tentativo, perché crede che sia riuscita a seguire le fasi della lavorazione, secondo la ricetta che ha scovato nel libro di ricette regalatole da sua suocera Albertina. Sa cucinare alcuni primi piatti e cuocere bistecche e cotolette, ma i precedenti tentativi di realizzare una bella torta sono stati vanificati da errori grossolani o da una temperatura troppo bassa del forno. Spesso aveva dovuto far scivolare quegli orrori nella pattumiera, senza accorgersi del silenzioso ridere a crepapelle di Splinky che fingeva di riposare sul comodo cuscino. Ora la torta è gonfia nel forno e Gianna beatamente la guarda, quasi supplicandola col pensiero di rimanere alta. Non può essere un insuccesso, anche se le altre volte le sue torte avevano deciso di rimanere snelle e piatte. Splinky ne sapeva qualcosa in quanto la padroncina aveva cercato di rifilargli qualche pezzo molliccio o duro come il ferro. L’aveva annusato facendosi coraggio, ma l’aveva schifato dimostrando l’indifferenza di chi sa essere un cane rispettoso della sua dignità.
Gianna era brava a nascondere i suoi fallimenti e si preoccupava di arieggiare le stanze per evitare che Sergio le chiedesse inopportune spiegazioni.
Solo una volta aveva avuto il coraggio di presentare al marito un tortino di mele, niente male dopo tutto. Era un po’ sbilenco e deforme, ma Sergio l’aveva lodata, trangugiando a stento una generosa porzione che lei gli aveva servito. Come era stata felice allora ! Come era stato male Sergio che aveva dovuto lavorare il pomeriggio con un masso nello stomaco!
Sapeva che sua moglie era una frana, ma si era abituato ai suoi insuccessi.
La torta, uscita dal forno, svetta alta e profumata sul tavolo, un tripudio di delizia agli occhi della meravigliata cuoca che asciuga lacrime di commozione. Non crede che sia riuscita a cuocere un dolce così delicato.
È tempo che apparecchi, prima che rientri suo marito. Tutto è pronto, manca solo una nuvola di zucchero a velo sulla torta Paradiso. Così si diletta a sollecitare la discesa dello zucchero con lenti movimenti della mano. Deve cambiarsi e truccarsi. Va in bagno a passi veloci. Splinky la guarda ed anche lui è eccitato. Annusa nell’aria la fragranza del dolce e decide di accertarsi che sia proprio un capolavoro. Salta su una sedia e poi sul tavolo. Addenta la torta e, beatamente, ne gusta grossi bocconi, dimentico di tutto e di Gianna. Un urlo lo fa trasalire e salta giù dal tavolo, andandosi a nascondere dietro la tenda di puro lino avorio.
Gianna osserva lo scempio allibita e, voltandosi, si accorge di Sergio che la fissa stupito.
-Cosa è mai accaduto, mia cara ? - chiede premuroso Sergio.
-Avevo preparato una torta e Splinky l’ha divorata. Oh Dio mio ! -risponde in lacrime Gianna. Lui, che è un tenero amante, la prende tra le braccia e le dice in tono di incoraggiamento:
-Suvvia, tesoro, non piangere! Mi dispiace, ma ti prometto che compreremo un altro cane.
© Rinaldo Ambrosia classificato al concorso Quanto mi fai ridere?! - Concorso in 20 giorni con Il cavatappi a pedale
© Max classificato al concorso Quanto mi fai ridere?! - Concorso in 20 giorni con La torta Paradiso
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