Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta. Così Proserpina lieve vede piovere sulle erbe, sui grossi frumenti gentili e piange sempre la sera. Forse è la sua preghiera.
Sono le stagioni che segnano il destino di Alda Merini, nata in primavera in quel ventun marzo del 1931 ci ha lasciato nella stagione in cui le foglie si adagiano al suolo creando quel tappeto di colore che a lei sarebbe piaciuto. All’inizio la sua poesia vive la realtà allucinatoria che arrende il lettore e sembra che in ogni verso irrompa nell’immaginario come se da questo la poetessa volesse attingere per non arrendersi. E Alda non si arrende e ci racconta il crudo dolore dei manicomi in cui viene confinata; ci racconta l’isolamento delle anime diverse che non vogliono uniformarsi alla forma, alla visione della follia, alla morte stessa che il primo novembre l’ha carpita con quegli artigli di sofferenza e di malattia a cui il corpo non ha potuto resistere. E’ un paradosso morire il giorno dei morti e a me piace immaginare i suoi occhi che ridono di questa metafora, di questa definitiva assenza dal mondo, un’assenza che la vede risorgere più forte.
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viene il mattino azzurro
nel nostro padiglione: sulle panche di sole e di durissimo legno siedono gli ammalati non hanno nulla da dire, odorano anch’essi di legno, non hanno ossa né vita, stan lì con le mani inchiodate nel grembo a guardare fissi la terra. Alda Merini |
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Nel 1965 viene internata nel manicomio Paolo Pini da cui Alda esce per brevi visite; da quel luogo d’inferno emerge la luce della poesia della Merini.
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Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre coi ginocchi piagati e le menti aguzzate dal mistero. Le più belle poesie si scrivono Alda Merini |
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L’uscita dal manicomio non segnano la fine dei suoi malesseri esistenziali, e spesso si ritrova a vagare sola e abbandonata da tutti, nessuno l’ascolta e nessuno vuol dar corpo alla voce poetica di questa grande poetessa.
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Chi sei
Sei il culmine del monte di cui i secoli 21 dicembre 1947 |
Queste folli pupille
Queste folli pupille 31 luglio 1953 |
Cristo portacroce
Quando lottavo duramente il giorno Ma non so quale leggerezza imbeve Alda Merini |
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Anche la vita sentimentale della poetessa riflette la stessa agitazione che segna il suo vivere; un percorso ansioso segnato da lutti e da grandi passioni, questo porterà la poetessa nella contemplazione dell’incontro tra luce e oscurità dove risplendono gli splendori e le ombre delle passioni a testimonianza di questa passione Alda ci lascia moltissime opere tra cui:
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La presenza di Orfeo
"Dalla solita sponda del mattino |
Otello
Otello. Otello dalla voce rossa, |
Molto spesso ricorre a figure mitologiche che utilizza in chiave metaforica per dare voce ai sentimenti, ai pensieri ai suoi percorsi interiori. Nelle sue poesie ritorna spesso l’immagine dell’antro, della caverna e rappresentano i suoi abissi, i suoi tormenti, le sue prigioni interiori. Spesso la Merini mescola gli elementi pagani con elementi che provengono dal cristianesimo e anche l’amore a volte è profano e a volte è erotico scatenandosi in un linguaggio visionario a tratti ermetico. “Le voglie erotiche sono sempre riferite a un palinsesto” dice Alda.
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La pelle nuda fremente
che di notte raccoglie i sogni, la tua pelle nuda e fremente, che vive senza emozioni paga soltanto del mondo, che la circonda indifeso, la tua pelle non è profonda, resta soltanto una resa: una resa a un corpo malato che nella notte sprofonda, un grido tuo disperato, e quello che ti circonda. La tua pelle che fa silenzio, e lievita piano l’ora, la tua pelle di dolce assenzio forse può darti l’aurora, l’aurora tetra e gentile di un primo canto d’aprile. |
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In questo canto esplodono le armonie liriche e la poetessa si lascia trasportare dal profumo della carne in modo dolce e soave eppur, a tratti doloroso di quel vivere la pelle senza emozioni..
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O il veleggiar del tuo caldo pensiero
sopra la mia parola e il tuo dormire selvaggio accanto al mio seno vivo: o l’adombrarsi della primavera quando cade il suono del seme sulla terra feconda di parola. Così tu sei l’esempio del sole mio. |
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La tecnica dell’improvvisazione vede la nascita a getto di moltissime opere della poetessa, questa tecnica le sarà fedele compagna per tutta la vita segnando tutta la sua esistenza poetica, donandoci una forma unica di comunicazione dove la voce incarna la vita stessa del verso. Concludo questo mio breve omaggio con un testamento che la stessa Merini ci ha lasciato, un testamento poetico e di vita che risale al 3 novembre 1953.
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Il testamento
Se mai io scomparissi Ché, nel mondo, non seppi Io non fui originata Se mai io scomparissi Alda Merini 3 novembre 1953 |
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Raffaela Ruju
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-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi -Autore: Alda Merini -Recensione di: Raffaela Ruju -Foto di: ©Blue Road -Redazione -Editing: Anna De Vivo
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