< No, non vedo nulla.>
<Si, scusa dai non c'è luce.>
Se non che ti percepisco benissimo e ti trovo al solito in gran forma... con tutte quelle forme. E catturo il calore umano che emani e la fragranza della tua buona predisposizione. Il cielo è anche scomparso. Pure se non ne sento il bisogno. Pazzesco assolutamente pazzesco. Io ho già deciso... parto di testa. Un'esplorazione "di lei" verso il centro della terra effettuerò. Che stavolta di certo quando e se ci "finirà" l'infinito sarà finito. Una volta per tutte. Un andare mitologico con incontri mitologici ovviamente sarà. Chi sostituirà la sirene? Come saranno i nuovi ciclopi? Che inventerà la prossima Circe per fermarmi? E Penelope stavolta verrà con me? Troppo allettante mi ci butterò a testa in giù conclusi. Oh! scusate a testa in su... dimenticavo l'inversione di tendenza.( Sid liscius )
come prima di un temporale estivo
dai balconi spalancati;
sono polveri d'insetto e sottovesti chiare.
Sono lenzuola sporche di ruggine
sul grande prato azzurro, dietro casa.
Ed io, sotto l'ombra muta del tuo sguardo,
ti vedo raccogliere le forze disperse,
e aspetto il tuo prossimo movimento,
affamata di te”.
Poi, man mano che ci si allontana da lui, perde come dire la sua . E questo è fenomeno sacrosanto. Basta mettere la mano vicino al fuoco e poi allontanarla per rendersene conto. Ora... Ora ditemi voi come mai in cima a una montagna fa più freddo che in riva al mare. Porca miseriaccia, è contro tutti i principi della logica. La montagna per quel che ne so è senz'altro più vicina al sole visto che si eleva. Vabbé ho capito che i nove chilometri al massimo, considerando le reali distanze fra pianeti, sono chiaramente poca roba. Per la stessa ragione matematica, però, non possono essere zero. E allora il concetto va a farsi benedire. E con lui tanti altri. Niente, infatti , funziona diritto a livello epidermico nel nostro mondo. Tanto che i suoi abitanti più rappresentativi, a colpi di vari pseudo miglioramenti, si stanno praticamente massacrando da soli. E questo è particolarmente significativo. A me viene il dubbio che la crosta visibile sia abbandonata a se stessa. E che l'anarchia vi regni totale. Comanda sempre il forzuto insomma. Colui che è grezzo e stupido abbastanza per approfittare della sua stazza. Senza nessuna considerazione degli altri. E credo questo sia difficilmente opinabile. Fin dal tempo dei dinosauri azzarderei. E per quale motivo succede? Ah! Ci ho riflettuto tanto, sapete, e alla fine ho concluso che di quel posto non frega niente a nessuno. La nostra pelle serve solamente da territorio per gli sfoghi. Non a caso nei, "vulcani", macchie nere e parassiti vengono sfogati su di essa e così per dentro le impurità non ristagnano rischiando di formare malattie. La terra funziona dritta "inside". Lì, partendo dalla crosta e scendendo in profondità, il calore del nucleo aumenta, via via. E sempre lì probabilmente la vita trova una dimensione più consona. <Non ci credete?> Il succo probabilmente è sempre il solito pertanto dico: <Sono l'unico io, a funzionare correttamente o sono il solo storto fra gli abitanti crostacei?>. (Sid liscius )
sarò il rumore di quei piedi a battere terra
terra e roccia di quel fiume svuotato
e salirò la corrente con un volo, forte d'ali e speranze. ( Manuela Verbasi).
<Seguendo il ragionamento allora, > dico io <se viene sognata in modo ricorrente una persona significa che con essa, è rimasto ancora qualcosa in sospeso. Se il sognatore non la incontrerà oppure se deciderà di lasciarla perdere, è possibile allora, che continuerà a sognarla?>. E lui, sorridendo si scosta da me e con un cenno delle mani, mi invita a proseguire. <Dai, smettiamola di elucubrare. Camminiamo!>(fabirob)
In che modo riesce a volare? Normalmente non ne ha bisogno, dovremmo dire, che di ampi spazi per dispiegare planate o risalite non ne ha molti a disposizione. Succede però che ogni tanto, per disattenzione o proprio in seguito ai fatti suoi, cada in un orrido ed essendo molto pesante rischierebbe parecchio di sfracellarsi di sotto non fosse che, in quei frangenti, riesce a diventare piatto come una sogliola. Una cosa dallo spessore veramente millimetrico al caso... allargando a dismisura l'area del suo corpo e quindi ottenendo una specie di effetto foglio di carta lanciato da una finestra. E continua ad allargarsi... che a volte si ferma proprio ostruendo per intero il diametro del buco... per in questo caso riprendere le sue sembianze normali nell'incavo di una parete, oppure fin quando giudica la velocità dell'impatto ininfluente per la sua salute... indi va ad adagiarsi sul fondo tranquillamente. Ma quel che stupisce di questa prerogativa è che a differenza del foglio di carta... sbattuto suo malgrado da venti e correnti in ogni dove... lui riesce giocando con la distribuzione dell'area corporea, cioè ritraendola o dispiegandola a comando, ad andare dove vuole. E quando arriva a terra si sposta velocissimo, senza gambe dicevamo. E non ha nemmeno un sistema di anelli tipo i serpenti. No, no. Egli semplicemente ruota su se stesso, ad una velocità moderata se deve muoversi in pianura, o addirittura all'indietro, manco volesse frenare, se va in discesa ed aumentando considerevolmente i giri dovendo affrontare una salita. Naturalmente è dotato di una pelle molto spessa e resistente all'usura e al calore. Gli occhi, invece, per non venire danneggiati da urti o sfregamenti si spostano in continuazione. Loro, una frazione di secondo prima di qualsiasi impatto, quando giudicano questi pericoloso per l'integrità, migrano in un posto sicuro. Vale a dire dove il resto del corpo li proteggerà da traumi. E pure gli altri organi vitali si comportano alla stessa maniera. Tanto che, appunto, non ha bisogno di una testa per ospitare bocca, orecchie e cervello. Dentro di lui ci deve essere una specie di computer che coordina il tutto. Per questo, oltre che per molte altre prerogative , esterne ovviamente, dicevamo che è un mitico intelligentone. Considerate difatti il caos che deve districare il suo cervello per farlo funzionare in queste condizioni. Una volta le reni sono su e serve stimolarle là. Immediatamente dopo stanno in basso e gli impulsi devono dirigersi lo stesso verso di loro. Se non che queste si spostano ancora ed allora bisogna correggere al volo. Non so se afferri la difficoltà da coordinare. Noi riusciamo a malapena ad avere un equilibrio interno precario... perché tutto rimanga al suo posto. E neanche mi immagino embolie ed affini se questo non succedesse. Vabbé. Comunque volevo parlare di questo essere e non alla prima occasione divagare per il solito "lodare" dell'uomo. Sì perché mica abbiamo finito. Se questo essere si ritrova prigioniero in luogo non idoneo al suo saper deambulare ad esempio; oh! dimenticavo al vederlo fermo mentre pascola fra i sali minerali si potrebbe confondere con un salsicciotto color buco nell'acqua. È lungo fino a otto lunghezze e prende da adulto circa un metro e mezzo di diametro. Se si trova in difficoltà, imposta dalla natura o da qualcuno che di lui vuole qualcosa, dicevamo e solamente in quel caso aggiungiamo... si mette eretto poggiando su una delle rotonde estremità e comincia a ruotare, ruotare, ruotare tanto che riesce ad ottenere un effetto tornado e così si alza da terra e può perfino scalare una montagna, volando sulla cima, in tempi brevissimi, e tirarsi fuori dai guai di conseguenza. La sua duttilità infine è quella che gli dovremo invidiare. Che con i nostri corpi rigidi in confronto facciamo un minimo ridere. Da aggiungere rimane unicamente che è assolutamente pacifico, non violento e ininfluente. Cosa vuol dire ininfluente? Vuol dire che se purtroppo ti investe passando, non succede nulla, non ha antipatie naturali o rabbie verso negligenze di altri e che rispetta l'ambiente al punto tale che quando crea il tifone le arie che lo seguono, oltre a non rompere nulla, rimettono pure a posto, esattamente nel punto in cui prima stava, ogni singolo sassolino suo malgrado coinvolto e perfino la polvere che lo ricopriva.
E dimmi tu se questo non è ambientalismo rigoroso ed ortodosso. E se per caso pensassi che la sua storia, considerato che non propone epiche battaglie o furbe fughe, non ha niente di mitico ed interessante degno di una odissea... poveri noi siamo alle solite. Sempre a sognare avvenimenti fantastici... quando l'unico avvenimento veramente fantastico che a noi manca è il lasciare le cose inalterate dopo che abbiamo espletato i cavoli nostri. Particolarità questa, al ragionarci, colossalmente degna di essere narrata altro che trasformare in porci. Quello lo siamo già e non ha niente di nuovo o d'inventivo>. (Sid liscius)
In effetti dio non sbagliava, a Pitone piaceva da morire curioso com'era. Le sfide erano il suo pane, anzi preda quotidiana.
Strisciando come una danza si avvicinò al nuovo essere, che forma strana aveva. Quattro appendici, ciuffi di peli sparsi e un lungo strano cappello quasi una coda, sulla sommità. Due brillanti stelle, troppo chiare sulla cosa chiamata faccia e un sorriso. Pitone non l'aveva mai visto un sorriso. Gli disse: buongiorno. L'essere era stranito, che cavolo voleva quella specie di bastone lunghissimo e dorato? Si alzò caracollando in piedi e prese a corricchiare senza davvero sapere dove andare, era appena nato, senza nozioni né parola: cosa poteva fare?
Ma Pitone lo sapeva, era solo la reazione di tutti quegli esseri, la prima aveva fatto così, come lei ora, come Lilith la bella, la femmina per antonomasia di quei grossi bipedi goffi, gli uomini.
E questa Eva invece, che sarebbe stata vita e madre [Evah significa vita in ebraico] così, scioccamente reagiva. Conosceva i suoi polli però, Pitone.
Si acciambellò e dopo qualche tempo si risvegliò con quel corpo caldo a fissarlo, e a carezzarlo sulla testa.
Ora sì, che poteva cominciare a insegnarle. ( in viola veritas )
<Lascia la bipenne nella camera degli assassini, Manuela>, dissi sottovoce nel dormiveglia. <E’ normale che è normale che non riusciamo a rendere la giustizia una norma seguita dalla nostra comunità, ancora una volta la vuoi brandire per farti giustizia da te, piccola meteora selvaggia, non vedranno mai la luce i nostri figli, la luce del sole accecante ed abbagliante fino alla nausea, i nostri occhi oramai non sono che adatti per l’oscura notte.
L’oscurità ci ambisce e ci rivela la nostra inettitudine di scavatori ormai stanchi, il tunnel è quasi completato, siamo arrivati più a nord possibile ed abbiamo evitato il peggio non uscendo alla luce il ghiacciaio ed il riverbero ci ucciderebbe all’istante o meglio nel corso di pochi giorni per i più forti di noi. Siamo al sicuro solo in questi cunicoli e pertugi che occorrono alla nostra miserevole vita.
Il sole ci spazzerebbe via, siamo umani solo poveri umani che non si sanno ancora organizzare. Siamo pieni di dubbi e di preoccupazioni di non potercela fare, siamo il popolo della notte e della morbida terra, la nostra unica e sola volontà è quella di finire questo percorso per erigere al fine all’esterno un possente Eden megalitico di roccia pura, che sia da monito per tutto il tempo a venire della nostra poesia del nostro coraggio e della nostra immane sfida, siamo gli unici creatori di questa terra i soli lasciati ad annoverare il destino degli uomini, a lasciare il segno, i metà uomini della luce se ne sono già andati e ci hanno lasciato il compito di vincere la sfida per poter progredire per essere i soli della terra, i soli, le luci immani che si lasciano corrompere solo da altri soli, siamo le meteore i figli delle meteore.
La tana che ci vede ora ammutoliti di fronte alla potenza delle stelle un giorno si aprirà e potremo lasciare il nostro cunicolo per alzare le braccia al cielo e dichiarare la nostra vittoria.
Erigeremo un possente circolo di roccia pura la pura essenza della vita, l’indistruttibile continuità che vive oltre, che sconquassa il tempo ed i suoi rimandi, siamo gli unici i soli.
Non esistono parole nuove la vita è nell’erigere un dono ai figli delle meteore non siamo che umani e possiamo superare la sfida della terra per oltrepassare il muro di solitudine e vincere sulla morte, e vivere per sempre imperituri e soli.
Distruggeremo tutto ciò ci si pari innanzi per trattenerci per fermarci per sobillarci per dividerci per far crollare i nostri sforzi immani che da millenni perseguiamo, la via per la luce.
Il sole diverrà il nostro servitore e apriremo le nostre vite alla coltivazione dei terreni lasciati liberi dal fragore delle fiamme che li bruciano, che li azzereranno, saremo i soli le luci di questa avventura e poi potremo chiamare a raduno il nostro popolo e vincere su tutto e tutti.
Animali, piante, paludi, insetti, fiere, saranno nostri sudditi o moriranno sotto il peso della Bipenne, sotto l’accusa delle nostre sacerdotesse, noi lavoreremo per la via da ripulire come i vermi del sottosuolo ci hanno insegnato, saremo forti e vincitori, i lavacri saranno colmi del sangue di chi non avrà la paura di affrontarci, saremo mortali serpenti velenosi che si batteranno per la sola verità, per la sola certezza.
I figli delle meteore ci hanno lasciato un compito da assolvere, arrivare più a nord possibile ed erigere il nostro circolo di pietra, e noi saremo là tra poche centinaia di notti, siamo alla fine del nostro cunicolo della nostra notte e potremo esultare di vittoria e sgozzare i topi ed i bambini che nasceranno per la grande festa.
Grazie "Manuela" per la tua pazienza, ci siamo quasi, ci siamo quasi. ( Matris )
<Azz... anche Penelope non scherza. La sua visione globale della genesi mentale di noi umani lascia parecchio la bocca amara.>
Aspetta...
Allunga l'orecchio ancora...
Direi che intende aggiungere qualcosa:
Io baobab vantai bellezza mia di frutti e fiori
ciò mi fu castigo e pena da espiare
mi capovolse allora un dio troppo severo
ficcò dentro la terra rendendo le mie foglie cieche
ad ogni bellezza che fosse in superficie
ma son le mie radici levate verso il sole
dotate di magia ché solamente un saggio
potrà salirvi sopra e tarne beneficio
senza speranza ormai di remissione alcuna
cresco in solitudine tra rocce di savana
mi elevo qual ponte proteso verso cielo
quello stesso cielo da cui reietto fui. ( Sara Cristofori )
E con questo l'ensamble si fa meno torbido. Se non altro abbiamo un appiglio dove non ancorare l'ulteriore nostro sviluppo cerebrale.
<Hai detto non ancorare?>
Certo l'averlo ancorato al non essere dio ci ha portato a reagire direi rabbiosamente e le conseguenze di ciò sono la vera bomba perfetta che piano piano cancella le esistenze.
È ora di alternative mio caro, ci ha detto Penny, globali e personali.
E non per fuori bensì per dentro. Per dentro. Le nostre logiche oramai sono ataviche. Vecchie inacidite. E vendicative probabilmente oltre la misura che la vita concede. In questo supportate da idee altrettanto cattive e tendenti unicamente al possesso ed al riconoscimento personale...
Oltre la misura che la vita concede ripeto.
< Si l'opzione mi pare credibile ed hai capito te chi dovrebbe essere "Manuela"?>
Non so bene... un'idea ce l'ho comunque.
<E non me la dici?>
La nuova dinamica che pian piano sta avanzando. Colei che con il suo spirito ed il suo incessante spronare... con pazienza infinita sta aiutandoci ad estrarre da noi le potenzialità che, prendendo coscienza, in futuro dovranno diventare le nuove basi... Della cultura che metterà fine ad un'era pericolosissima.
<Stai diventandomi stupefacente sai. E dimostri capacità di sintesi che non conoscevo nell'uomo. Ancora una novella mi fai venire voglia di esporti.>
Guarda mi sdraio qui sotto questa vena d'oro purissimo ed apro i ricettori.
<Eh sì! C'è pure un ciclope qua da basso. Ed enorme ovviamente. Cento metri ed oltre di altezza. Braccia lunghissime. E pari a tutti i ciclopi ha un occhio solo. Il terzo. Piazzato sul ginocchio sinistro. Che non si capisce cosa gli fa vedere d'altronde. È tutto buio. Ma potremo dire sta abbastanza normale non sapere proprio bene cavolo vede il terzo occhio. O qualcuno me lo dica per favore. Abita all'incirca cinquemila chilometri al di sotto della crosta.
In una isola di detriti formata da stalattiti e stalagmiti crollate le une sulle altre... circondata da orridi profondi e non serve neanche dire inesplorati. Collegata agli strati fermi da uno
strettissimo istmo... Dove passai a fatica. Ed è mio amico. In che maniera lo conobbi?
Oh bhé arrivai "egli"... inseguendo una teoria affascinante balzatami nella pupilla...
Che non funziona. Avevo notato, man mano affondando le viscere del nostro pianeta... che incontravo esseri sempre più giganteschi. Falene balene e vermi treni con cinquanta vagoni per intenderci. E che avvicinandomi al nucleo lievitavano ancora. Non bastasse pure io crebbi esponenziale. Che oramai stavo alto quattro metri. E tastavo essere bocconcino ambito da molte ogni volta mi grattavo le parti nobili. Comunque non divaghiamo. La teoria sortami era che il centro della terra irradia un'energia... tipo l'equivalente della luce il sole. E che questa energia, parecchio nutriente, diventi meno intensa allontanandosi da lui. Il pianeta vicino al sole è bruciato dalla luce. Quello lontano baciato appena... Insomma per fare un paragone.
Tanto da arrivare sopra la crosta con la potenza appena sufficiente per farci crescere quanto siamo. E gli alberi sproporzionati rispetto a noi ne sono una buona prova... congetturavo.
Affondando radici infatti vanno, forse ignari, incontro a questa forza diventando giganti...
Rispetto a chi calpesta il suolo e basta. Ed è per questo, secondo me, che le creature andando giù lievitano incredibilmente. Perché mangiano energia potente.
Chiaramente però il ciclope mi catturò all'istante ed in attesa di mangiarmi voleva ingrassarmi un tot... Che sono sempre stato magrolino. Al che per fortuna ho avuto un minimo di tempo allo scopo di elaborare un piano di fuga. E visto che c'ero un piano che nel contempo dimostrasse la mia teoria. Alla fine decisi che avrei dovuto piantargli nell'occhio l'equivalente per lui di una pagliuzza. Una roba piccola che manco se ne rendesse conto. Ed all'uopo attesi che dormisse, alzai un minimo la palpebra... urca che faticaccia... e ne spinsi, altra faticaccia, una piano piano nell'iride bucandolo. E poi scappai veloce verso l'alto. Manco volessi terminare la mia esplorazione. E ci riuscii anche. "Solo" che lui appena sveglio cominciò un furibondo inseguimento. Scappavo veloce approfittando del fatto che non poteva infilarsi in alcune fessure dove passavo io e doveva quindi fare lunghi giri. Risalii lesto quasi per non fargli venire sospetti. Risalii che ora ero alto tre metri. E lui sessanta e stava con l'occhio arrossato. Continuai la fuga che ero quasi tornato alla mia altezza di sempre... E lui urlava dal dolore al ginocchio. Balzai su che ero si può dire piccolo al solito... E lui ridotto ad una ventina di metri. E la pagliuzza rimpicciolendosi l'occhio, assieme al corpo, era diventata una trave enorme. Ed aveva creato un'infezione impressionante. Stavo vincendo esultai.
In conclusione... al solito non ci riuscii. Lo stavo uccidendo e non faceva parte del "gioco".
Senti gli urlai. Ti ascolto rispose. Stai per crepare. Lasciami perdere non hai possibilità.
Vai veloce giù. Ricrescendo te la pagliuzza tornerà inoffensiva e dopo se vuoi te la tolgo io.
Non mi dire che avevi previsto tutto questo mi domandò stupito. No no lo sospettavo unicamente possibile. Dai vieni allora esclamò. Persone del tuo calibro non meritano di essere mangiate. Bensì di dare da "mangiare" agli altri. E così gli saltai in groppa ed in men che non si dica fummo nuovamente lievitati. Potei estrargli la pagliuzza ed ebbi per sempre da lui lo stesso rispetto... Che il leone dedica al topo da quando la sua zampa non ha spine>. ( sid liscious )
... Tutto torna insomma qua sotto, tutto cade nel terreno, tutto prima o poi filtra e riaffiora.
Siamo noi la coscienza, che perdoniamo con il tempo, breve per l'erba secca, lungo per la plastica, il ristagno è la condanna.
Ma, mi raccomando, non guardare la condanna con i tuoi occhi, non capiresti, ti risulterebbe insopportabile, questo elaborare e restituire, il dolore del padre che perde il figlio, la campagna della tua gioventù sventrata affogata di cemento “non è giusto e folle” grideresti e lacrime e dolore, sconforto.
Guarda invece dalla radice del tempo, quanto ci vuole per trasformare il dolore di una madre per la morte di un figlio in fertile terreno, quante volte dovrà maledire e piangere per togliersi il veleno, quanto tempo la terra sotto i suoi piedi, dovrà accogliere il fiele, quanto per trasformarlo, confrontalo al “meglio così” detto dagli amici all'anziano figlio, quanto più semplice e naturale è l'addio.
Non so perché le cose succedono, so soltanto che tutto si trasforma in frutto, che non esiste veleno tanto potente da lasciare traccia, so che qua accogliamo tutto e tutto trasformiamo.
Quello che vedi e lo specchio del tempo, che sopra scorre, i sedimenti di gioia e dolore, mischiati a foglie e plastica.
Dei bambini con le palette ogni tanto graffiano la nostra pelle in cerca di risposte, il loro setaccio le vaglia, ma il setaccio è largo, salva solo il già visto, nelle montagne di terra ammucchiate ci sono le risposte, che nessun certosino è in grado di vedere, non esiste ancora tanta pazienza per unire i granelli di sabbia, eppure è tutto qua niente è andato perso, la vita, la morte, le guerre, le grida e i sospiri. ( Leopold Blomm )
Anche questo viaggio, come ogni viaggio, avviene nella fantasia dei protagonisti, e, contemporaneamente, dentro tutti coloro che ne leggono le gesta. Per se stessi, per uscire dal bozzolo e diventare farfalla, spalancando, finalmente, porte nuove alla vita. Un viaggio per dare valore alle piccole cose, senza le quali le grandi non esisterebbero. Un viaggio per riscoprire tutti quei dettagli e le emozioni che distinguono il mediocre dal magnifico. Una storia di paesaggi, di figure sfuggenti. Una storia fatta di parole. Forse un racconto assurdo, misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest'altro per inseguire qualcos’altro, senza arrivare forse al vero perché.
Nella nostra epoca, dove la speranza collettiva sembra aver perso il suo fascino ammaliatore, l’uomo coltiva l’utopia come uno spazio di serenità propria, un luogo da inseguire per la soddisfazione del proprio animo. L’utopia resta così, davanti a noi, un motore delle nostre emozioni.
Ma tutto ciò che l’uomo fa è attraversato da una lacerazione. Così anche l’utopia mostra due volti. Da un lato l’inseguimento dell’ideale, il ritorno del paradiso in terra, l’armonica convivenza fra le genti, la ricerca della società perfetta, perduta e da ritrovare o da costruire in un futuro ipotetico. L’utopia è simbolo della speranza, del singolo e della comunità, che le contraddizioni della realtà e le sofferenze della vita possano placarsi in un non-luogo che diventi il luogo di una diversa umanità.
In una dolorosa contrapposizione, la storia mostra il volto incredibile dell’utopia, come un fuoco che alimenta il fanatismo, l’intolleranza e il totalitarismo. La pluralità della condizione umana deve essere violentemente appianata dalla forza coercitiva di un’idea che unisca, volenti o nolenti, i popoli e gli individui.
L’utopia è come un lungo, infinito inseguimento. Utopia, che etimologicamente è il non luogo, uno spazio immaginario e ideale, un regno che l’uomo ha sempre coltivato dentro di sé, rincorrendolo per secoli. L'uomo senz'utopia sarebbe come un mostruoso animale fatto d'istinto e raziocino... una specie di cinghiale laureato in matematica pura, come ebbe modo di dire Fabrizio De Andrè.
Ecco che allora ad ogni risveglio corrisponde la coda di un sogno non ancora terminato. S’incastra tra le radici dell’albero rovesciato di ciascuno, preso come un tronco, fra loro e la chioma. Tronco destinato a coprirsi di rughe, segno dell’eterno scambio fra il sotto e il sopra della vita.
Si risveglia convinto che non meriterebbe arrovellarsi più di tanto, nel tentativo di trovare sempre delle risposte a tutto. Sarebbe, invece, più opportuno cominciare a porsi delle domande. Sarebbe più facile uscire dall'indifferenza e dall’anonimato, dalla estenuante sensazione che tutto ormai sia già noto e scontato, dalla passiva accettazione di visioni della vita indotte e imposte da altri. Si potrebbe forse trovare la capacità di chiedersi che cosa è davvero importante nella vita, provando a rispondersi in prima persona, valutando autonomamente idee e stili di vita, confrontando diverse proposte e scegliendo quello che davvero risuona dentro, con autenticità.
Diventa giocoforza riaprire gli occhi sul mondo, acquistare la capacità di vedere la realtà nella sua unicità, momento per momento, e di provare stupore e meraviglia per il miracolo quotidiano dell' avere un tetto sulla testa, una tavola sempre imbandita, libertà di parola, salvaguardia dei diritti fondamentali. O anche, più semplicemente, di avere gli occhi per vedere il colore dei fiori, la pelle per sentire la carezza del vento, un linguaggio comune per condividere emozioni ed esperienze. Tutte conquiste che la vita ha fatto per noi in centinaia di migliaia di anni! Quando la visione si allarga, quando scopriamo di non essere soli, di non essere isolati dal resto dell'umanità e dal resto della creazione, avviene una riorganizzazione spontanea dei valori, si comincia a cogliere l'importanza dei piccoli gesti. Dimostrazione concreta e immediata del senso di compartecipazione, della fratellanza implicita nel fatto stesso di essere “qui e ora” in questo tempo e in questo spazio. Dovremmo chiederci quali sono i nostri valori e provare a farne una graduatoria. Imporci poi, di aggiornarne l'elenco almeno ogni sei mesi. Come farsi un check-up. Un esempio prima di altri, potrebbe essere quello di coltivare una gentilezza amorevole, un atteggiamento di premurosità, benevolenza e affetto nei confronti di sé stessi e degli altri. Andrebbe sviluppato a partire dalla memoria, ricordando le sensazioni e le emozioni di gratitudine, di gioia e di affetto provate nei momenti migliori della propria vita e vivificando ed espandendo quello stato interiore attraverso il ricordo. La vita di ognuno di noi è caratterizzata da tante priorità la cui collocazione numerica nella scala dei valori esistenziali è sancita da noi stessi, in rapporto alle esigenze del momento (sia personale, sia professionale, sia sentimentale), che attraversiamo. In virtù della logica individuale, maturata crescendo in un determinato ambiente famigliare, ricevendo un’educazione e un’istruzione specifica, frequentando e lavorando in determinati ambienti.
<Siamo davvero liberi allora?>, verrebbe spontaneamente da domandarsi. <E’ la volontà ad agire, facendo una selezione, mentre naviga tra ricordi e pensieri?> Si domanda uscendo dal torpore quasi fosse un malato terminale sedato di morfina. <Che cosa portano, chiuso in sé, le parole e i versi delle poesie prima di essere scritti. Che cosa rivelano una volta che sono stati letti?> Domandarsi se ogni pensiero attraversando il cuore, riesce a trasformarsi in emozione, prima di giungere alla mano. E se essa, infine, è capace di trasmettere, fedelmente, l’autenticità della persona. In altre parole, se la volontà possa avere effetto anche sulle sue emozioni, riflettendo sulla forza della volontà e su chi è il padrone della sua, di volontà. Se lui stesso dunque, ne fosse il vero padrone e se di conseguenza, fosse anche l’unico responsabile delle sue azioni. Sulla scia di queste riflessioni, prende ad osservare, con più attenzione, la sua vita quotidiana rendendosi subito conto che essa offre innumerevoli occasioni per agire in modo attento e responsabile, con la consapevolezza che le sue scelte, potrebbero condizionare anche quelle degli altri. Lui ora sostiene, ad esempio, che ai valori in cui normalmente crediamo, dovremmo dare sempre corpo mettendoli costantemente alla prova, trasformandoli in impegno, in azioni concrete e in gesti reali. L'idea più bella, il valore più alto, il proposito più nobile, talvolta hanno meno peso di una palla di neve al sole se non li sappiamo esprimere nella vita quotidiana con dei gesti visibili. Secondo lui, vale più una mano che tiene aperta la porta a uno sconosciuto che sta passando, che mille parole roboanti sull'amore per il prossimo a cui fa seguito poi, un completo disinteresse per le persone più vicine. Se diciamo di amare l'umanità ma poi trattiamo male le persone di famiglia, allora forse c'è qualche cosa che non va nella nostra scala di valori. È vero, “tra dire e il fare c'è di mezzo il mare”, ma i mari oggi si solcano, con barche, piroscafi, transatlantici e anche con la nave della fantasia. Non ci sono scuse, se non la pigrizia o l'indifferenza, nel non impegnarsi in prima persona, nel non tradurre in azioni e comportamenti reali, gli ideali che animano i nostri pensieri. Forse, anche i nostri discorsi. Questa è l'epoca delle piccole cose. Proprio perché tutto sembra convincerci che occorre farne solo di grandi e che è difficile, anzi impossibile, per ogni piccolo individuo cambiare davvero il mondo.
Anche una semplice pietra, però, come le tante che abbiamo scansato e gettato da un lato, durante il viaggio, a pensarci bene, ha una vita e una sua storia da raccontare. Probabilmente, in pochi ci avranno pensato, ma anche una pietra ha una sua storia, con la sua verità, che se raccontata renderebbe forse diversa anche la storia che abbiamo sempre creduto di conoscere. Una pietra, pur restando immobile ha visto persone e cose transitare davanti a sé, avvenimenti, fatti, che col passare dei secoli si sono accumulati nella sua materia … forse anche modificandola. Chissà! Una semplice, insignificante pietra è come un registratore statico di tutte le immagini e i chiaroscuri, i cui fotoni sono rimasti intrappolati nei reticoli delle sue molecole, trasformandole in materia viva perché trasformata dai giorni e dalle notti, dal sole e dalla pioggia, dal caldo e dal freddo, e che tiene chiusi in sé, i segreti nascosti dal tempo. Pensiamo a un sasso lungo la strada, ad un cubo di marmo sistemato alla base del Colosseo, o un mattone che incrocia le pareti di una piramide o ad una pietra del Tempio di Teotihuacan. Se solo venisse ricordato che anche le Sacre Scritture riferiscono l’importanza che può avere una pietra paragonando addirittura Gesù alla “Pietra Angolare” del tempio di Dio, forse ci sarebbe meno superficialità anche durante le visite ai musei e le celebrazioni nelle Chiese.
Le rovine poi, rappresentano l'opera del tempo e la memoria degli uomini. Le pietre ci invitano a compiere un viaggio tra le vestigia di tutto un mondo, molto lontano, ma sempre presente. Un mondo silenzioso e nascosto, a volte misterioso, per rivelarne insieme oltre alla storia, alla poesia e alla bellezza, anche il suo significato. Esse liberano il loro spirito, nel silenzio e nella luce. È bello sentire l’ebbrezza del vissuto dove le emozioni sono condivisibili, e i sogni diventano “tangibili”. Dove sembra che il tempo non sia mai passato mentre viene compiuto un vero e proprio viaggio dentro il suo continuo pulsare. Ogni edificio potrebbe raccontare la sua storia, ma gli uomini non lo ascoltano, si limitano ad abitarlo. Quando però il suo spirito emerge, allora l’uomo riesce a sentire. Si può pensare allora, che esista qualcosa che vada aldilà di tutte le realtà materiali e temporali, che collega, col filo dell’infinito, un passato che continua nel presente e nel futuro, in modo visibile. Se si chiudessero gli occhi, si sentirebbero le pietre parlare. Esse raccontano cose, ci trasportano come una macchina del tempo. Basta saperle ascoltare. Parlano tutte. Raccontano di fatiche eroiche di intere generazioni impegnate a spietrare i suoli alluvionali per ricavarne coltivi, costruire muri, case, strade, chiese e conventi. Parlano per ricordare l'antica saggezza di un popolo operoso e geniale capace di plasmare con amore e perizia quest'umile materia, dandole vitalità e risalto per riaverne beneficio materiale e godimento spirituale. Sì, anche una semplice pietra ha una vita e una storia da raccontare! Le pietre in ogni luogo, sembrano mute, e invece parlano. Se non riusciamo a sentirle, la colpa non è loro, ma certamente di chi non ne ha ancora compreso il linguaggio. Sassi! Pietre! Piccole cose che in qualsiasi ambito vengano ospitate, acquisiscono valore se non vengono considerate soltanto delle cose inerti, senza importanza e sulle quali si può solo inciampare. Dando valore anche alla loro staticità invece, pensando che il trascorrere del tempo ha mutato le loro condizioni, diamo loro importanza perché hanno trasmesso il senso della loro esistenza. Ogni cosa perciò, quantunque piccola, detiene in sé stessa la sua specifica importanza proprio per il fatto di esistere. Come se anche ognuna di esse, avesse “un’anima propria”. Speciale, nel momento in cui trasmette la sua collocazione, la sua forma, il suo colore e il suo odore, che destano l’immaginazione e il sentimento in chi le osserva e in chi le tocca. Ciò trasforma la loro esistenza, ritenuta insignificante, in un valore oggettivo che dà corpo e “anima” alla cosa più grande che le contiene, sia essa una strada, una casa, un castello o una cattedrale. In sostanza, occorre sottolineare e affermare il potere dimostrativo della riflessione che riveste qualsiasi banalità come fosse la polpa che trasforma un osso in qualcosa di più appetibile e gradevole. Sarebbe bello convincersi di quanto concretamente può essere fatto nel quotidiano, attraverso un sorriso, un gesto, una telefonata, una scelta, una firma. La realtà quotidiana va intrisa di valori, va intessuta di piccole azioni che testimoniano l'orientamento di un pensiero, di un anelito, che danno ancora più potere a un’alta visione della vita, perché questa si aggancia concretamente alla realtà.
Alla fine di queste riflessioni, mi esce l’affermazione, che sono più le idee a cambiare il mondo, che non le guerre, o le prevaricazioni, ma solo quelle idee che col mondo sanno trovare un collegamento concreto e costruttivo. Solo quelle che sanno incidere sulla realtà. E' nel tradurre un ideale in azione che possiamo dare potere alla forza dell'idea che ci anima, onorando la nostra vera natura di liberi pensatori e, spesso, inconsapevoli collaboratori di Dio nella continua creazione del mondo. Così come ogni artista, nella realizzazione delle sue opere, usa tre elementi: la tecnica, l'ispirazione e il materiale, così la nostra materia prima è rappresentata dalle situazioni reali che la vita propone. Un amico in difficoltà, un impegno preso per tutelare l’ambiente in cui viviamo, un gesto di attenzione verso una persona svantaggiata, una scelta etica sul proprio posto di lavoro ..o un segno di croce prima del pranzo. L'ispirazione invece, è il valore che vogliamo esprimere, mentre la tecnica diventa il modo concreto con cui possiamo realizzare le intenzioni. Non c'è soddisfazione più grande dello scoprire che, grazie a quello che abbiamo fatto, qualcuno ha sorriso, qualcuno ha mangiato, qualcuno si è salvato. L'idea diventa così più forte, più luminosa, più potente. Il gesto compiuto, pur senza averlo voluto, fa da cassa di risonanza e, grazie al riscontro visibile, allarga il suo campo d'azione, contagiando anche gli altri e diffondendo un effetto che trasforma. Possiamo davvero incidere sulla realtà, e per nessuna ragione dobbiamo rinunciare a questo potere! Tra il dire e il fare, sì, concludo fra me e me, non c’è di mezzo il mare, ma noi stessi, con l'esserci davvero, e il rimboccarsi le maniche, significa, esserci e agire! La volontà però, non si studia, si sperimenta, si allena, si rafforza. Noi tutti abbiamo una volontà, ma spesso fa comodo dimenticarcene e la utilizziamo solo in poche circostanze. Siamo capaci di scendere nelle profondità dell'oceano e di lanciarci nello spazio, ma siamo ignoranti di quanto avviene in noi stessi. Controlliamo grandi masse di energia elettrica con il movimento di un solo dito, ma spesso siamo incapaci di gestire le nostre emozioni, gli impulsi e i desideri. Per non diventare schiavi, ma padroni di quanto abbiamo conquistato sinora dal punto di vista scientifico e tecnologico, dovremmo sviluppare di più le nostre facoltà interiori, controllando meglio gli impulsi, le sensazioni, le emozioni, il pensiero, l’immaginazione, l’intuizione e la volontà, con la stessa dimestichezza e capacità di gestione che abbiamo raggiunto nei confronti di ciò che vive al di fuori di noi. La volontà umana ha un potere enorme e fondamentale. La volontà permette di decidere che cosa può essere fatto e poi di usare tutti i mezzi necessari per realizzare ciò che essa ha già deliberato, perseverando, nonostante tutti gli ostacoli e le difficoltà. Essa occupa un posto centrale nella personalità dell'uomo, è in intima relazione con il centro del suo essere, del suo vero io. È fondamentale rendersi conto allora, che “la volontà esiste”, e che esiste la libertà di agire, senza doversi limitare a reagire a degli stimoli o a dei condizionamenti ambientali. Altrettanto importante è l'esperienza di “avere una volontà”, di fare uso cioè, in prima persona, di questo margine di libertà, che è proprio della natura umana. Per nostra natura siamo dotati della libertà di contribuire alla creazione della realtà di ciascuno, e del mondo in cui viviamo. Dovremmo essere più consapevoli di questo immenso potere di cui siamo tutti dotati perché esso è l'antidoto più sicuro contro il rischio di diventare insignificanti pedine di un gioco condotto da altri. Forse da quelle stesse forze esterne che abbiamo l'illusione di dirigere. ( fabirob )
Il mondo lo possiamo vedere solo guardando per dodici ore al giorno dentro la scatola magica od il generatore di colori, ma non sappiamo a cosa servano. La sola costante immagine che ci è proposta in ogni cambiamento di turno è un albero con le radici rivolte in alto ed i rami conficcati in un substrato di terra e dei tubi zigrinati che arrivano ad una consolle metallica piena di luci e pulsanti. La sola sigla che c’è data di riconoscere è riferita ad un acronimo C.U.11., ma non abbiamo idea a cosa si possa riferire.
Non possiamo avere relazioni con le donne se non per procreare, ed attraverso l’uso continuo delle scatole magiche siamo costretti a turno a vivere forti emozioni veicolate da immagini velocissime e continue che ci passano davanti agli occhi.
Noi siamo costretti a lavorare recandoci dalla camera da letto alla nostra postazione, ma quello che contraddistingue la nostra deficienza è la impossibilità di sapere cosa stiamo facendo, a cosa ancora stiamo lavorando e perché non possiamo mai vedere la luce del sole, questo non lo riusciamo a capire.
Poi siamo relativamente in pochi su questa pedana mobile che ci costringe a guardare fissi dentro una scatola magica, non sappiamo il perché, ma sappiamo che la nostra esistenza è possibile solo per questo motivo, altrimenti saremmo annientati dalle macchine di guardia.
< E’ tutto così meraviglioso Cyborg 2, tutto è così bello, non credi?>
<Si, si, ne sono convinto anch’io Cyborg1, non avrei mai pensato che la metamorfo-technologia portasse a dei vantaggi così stratosferici, e pensare che fino a qualche anno fa avremmo liquidato anche l’ultima colonia di uomini che pensavamo così inutili e obsoleti>.
< Sarebbe stato il nostro primo errore di valutazione dello sfruttamento delle risorse delle ultime colonie umane, ed è impensabile per noi Cyborg errare nelle valutazioni, siamo macchine perfette, non abbisogniamo di nulla, siamo autonomi autosufficienti dall’energia illimitata e durevole nei millenni, ma ciò che ci manca è la fantasia, la capacità di pensare sbagliato e le imperfezioni olfattive, gustative e tattili>.
<Ci mancavano Cyborg1, ora non più.>
<Grazie all’introduzione della tecnologia U11 ora possiamo anche sbagliare Cyborg 2, ed è uno spasso indicibile, possiamo perfino puzzare e riconoscere gli odori pestilenziali, toccare e sentire il caldo ed il freddo la scossa! E quant’altro l’uomo imperfetto riesce a sentire. E’ una grande conquista per la nostra gioia e per la nostra avanzatissima tecnologia>.
<Taci Silvius, idiota, lo sai che oggi è il tuo turno per essere di cattivo umore, l’altra settimana lo dovevo fare io, e mangiare quella sbobba miserevole non mi allettava per niente, comunque stronzo lo eri anche prima di entrare a far parte del programma incazzati neri>.
<Golan, amico caro, avrei una voglia di fracassarti la testa a calci, maledetta questa sedia che mi tiene incatenato>.
< Vedi Silvius, è il mio turno di provare emozioni e pulsioni sessuali veritiere e non sai come me la sto godendo questa mia settimana. Ahahah, ora io faccio Rocco e tu fai Brocco ahahah>.
<Maledetto Golan, verrà il giorno che mi libereranno da questa posizione che mi fa impazzire e quel giorno sarà la tua fine>.
<Oh.. come godo nel vederti soffrire Silvius, Ahahah>.
<Gli umani sono al loro posto Cyborg1, possiamo accendere il programma U11 tra 20 secondi, collegati alla consolle, per te comincia la fase godimento asessuato>.
<Sono pronto Cyborg2, finalmente è il mio turno, non vedo l’ora di riempirmi i file di emozioni nuove, sembra che questo prototipo Golan sia magnifico nella trasmissione di pensiero, speriamo abbia dormito bene>.
<Ecco ci siamo Cyborg1, per me invece una scarica di adrenalina pura è quello che ci vuole per cambiare. Silvius è il migliore della colonia degli umani. Ci ricolleghiamo tra dodici ore esatte, buon viaggio Cyborg1>.
<Buon viaggio a te Cyborg2>. Zot. (matris)
Quanti dormitori! Diventiamo" letto" per non reggerci in piedi.
Idee galeotte anche assassine, incertezze sul libero pensiero e si ruba il pensiero dell'altro. Forse è migliore? Non credo! E solo di un altro è non costa fatica.
La fatica è una fine, meglio aspettare e vivere il riposo di ogni giorno. Quanti dubbi, anche i dubbi degli altri stancano ma non sappiamo farne a meno. La nostra ricerca mette in palio grossi rischi e la nostra condanna è una rotazione senza fine. Pensiamo a una luce, una stella, un uomo grande con una forte voce. Inchinarci al cielo è consolazione, rubare i colori della terra per dipingerci è volere nascondere quel che non vediamo.
Forse un bimbo può fermare il dubbio e senza darsi risposte accoglierne il sorriso? Ogni mistero resta tale e strappargli le vesti e soltanto l'inganno di vedere.
Meglio aspettare! forse il passaggio all'altra isola è un complotto, un giro di boa, un voler bere prima della sete? Direi di aprire le braccia e legarsi il cuore, tenerlo stretto dove non può scappare, aggiungere altri dubbi prima di tirarlo a sorte e stare attenti ai dadi che non abbiano lo stesso colore. ( raggiodiluna )
Mi giro e da ogni parte c’è una siepe, mi ostacola e non posso andare avanti. Torno indietro ed ecco ancora un’altra siepe.
Eppure il percorso è uguale, mi sembra la stessa strada che ho fatto a ritroso.
Una farfalla mi sfiora il viso, tento di afferrarla ma si allontana, la inseguo.
Perché non riesco più ad uscire da questo inghippo, tutto è fermo e tutto ciò che è fermo vuole fermare me.
Comincio a correre, avanti, torno ancora indietro, adesso ho proprio voglia di gridare. Avrò paura? Non voglio aver paura! Troverò la strada in questo labirinto!
Ecco nuovamente la farfalla, adesso sono io a sfiorarla, mi ritrovo tra le dita la polvere che ricopre le sue ali e la farfalla volteggiando cade giù. Adesso morirà? Le ho tolto qualcosa di prezioso, il suo orientamento forse.
La vedo barcollare vicino ai miei piedi, cerca di sollevarsi ma la sua ala ferita si piega sull’altra , con qualche sforzo, quasi un saltello, si rintana tra le foglie della siepe.
Se potessi volare! Planerei oltre la siepe superando gli ostacoli. E se oltre la siepe trovassi ancora ostacoli?
Mio Dio! Torno dove ho lasciato la farfalla, la cerco, la prendo sul palmo della mia mano. Povera creatura, sta lottando con la sua ala ferita, cerca di scuotere l’altra, forse ce la fa, le dò una spinta, leggera, ecco muove anche l’altra, mi sfiora le dita ma non lascia la mia mano, ha paura anche lei.
Che situazione parallela, trovare la strada per andare e il coraggio per volare.
Perché mi sono fermata? Perché mi sono persa?
Forse la siepe è il mio errore! Torno al centro del labirinto. Ecco adesso sento meglio il mio cuore, la farfalla mi solletica la mano, la lascio cadere!
Riesce a non precipitare, riprende il volo, a quota più bassa e si allontana. Non sparisce, mi volteggia attorno, si dirige verso una nuova strada, parallela alla prima, che non avevo visto.
Questa strada è diversa, non c’è siepe a sbarrarmi il cammino, sento un profumo , dei fiori, quanti fiori! Margherite, ciclamini, viole e tanto glicine sui vecchi muri. Corro, voglio arrivare subito,adesso ho fretta !
Il tempo nel mio labirinto aveva perso il tempo, non so neanche se ci sono stata veramente. La farfalla è l’unica cosa che vedo, mi ha guidato fuori e sono ‘’fuori’’.
Vedo qualcuno che mi sta aspettando, sta in piedi con le braccia aperte, mi sorride.
Avverto, nel suo sguardo, mille domande ma sono certa che mi abbraccerà senza chiedermi niente. ( raggiodiluna )
<Che ne dici di un banale incidente di percorso?>
Che cavolo ti stai inventando adesso? Guarda che ti conosco e so che quando lanci metafore sei pericoloso.
< Mah! A me il fatto che gli uomini siano senza coda... ha sempre fatto rabbrividire.>
Spiegati meglio... per piacere.
<La coda in qualsiasi essere e ce l'hanno praticamente tutti. Si anche li con appena un abbozzo... la coda non è solo un elemento estetico. Tutt'altro. Ella garantisce, oltre ad altre particolarità che ora tralasciamo di descrivere... garantisce l'equilibrio. Osserva la scimmia che corre sul ramo. Ed il ghepardo che fa lo stesso per la savana. Analizza la planata del corvo ed i movimenti dello squalo. Noterai che gli spostamenti delle loro code sono fondamentali per garantire nella maniera più assoluta una necessità: Mantenere l'equilibrio. E che la coda mantenga in equilibrio se non credi a me... l'hanno detto milioni e milioni di persone che studiano le particolarità. Lei garantisce fluidità del gesto e stabilità di comportamento e... E quando, ritornando all'uomo, viene a mancare l'equilibratore del corpo giocoforza a lungo andare... se ne va pure quello della mente. Cominciano cioè ad affiorare i dubbi... Perché lui può fare quello senza farsi male ed io no? Perché a lui si ed a me non è concesso? E qui abita il nostro discorso. Nel momento in cui hai rimostranze verso la vita... essendo solamente il suo tram... diventi rabbioso dato che ovviamente non hai opzioni per intervenire e da lì il passo... che fa sfogare frustrazioni verso il "pubblico" o decidere "almeno" di sostituire le lacune con soddisfazioni personali invasive... è immediato.
Quasi si trattasse di un attore che ha da ridire sul copione durante lo spettacolo intendo. E sono l'equivalente dell'aver mangiato la mela rapportato a come fluiscono le dinamiche qua sotto... queste decisioni... assolutamente ed indubbiamente. E che possibilità di reazione ha avuto Il creatore al peccato di Eva? Semplicemente di espellere ed esporre alle intemperie e durezze chi l'ha fatto. Esattamente come ha agito il nucleo... che è il cuore del pianeta... e di conseguenza il dio del suo corpo celeste.> Gli animali di fuori... Sembrerebbero rendere vani questi ragionamenti... se permetti.<Probabilmente reagirono direttamente alle angherie subite... e la reazione si sa mai corregge il male semmai ne aggiunge, al che subirono stessa sorte del provocatore.>
Sicché tu avvalleresti in toto la mia tesi?
<In pieno e con zero dubbi al riguardo.>
Dire... Dire che la tua incoscienza è dirompente sta una cosa da niente mio caro.
E del fato che fece perdere la coda mi dici niente?
<Te l'ho detto invece. Probabilmente fu un incidente. Un crollo improvviso. Una disattenzione nei pressi di un fiume di lava o altri fatti analoghi.>
Però s'è sempre sentito dire che nel paradiso terrestre non c'erano pericoli per l'integrità personale.
< Oh! bhé "pertanto" te dimmi dove sta scritto che Adamo avrebbe potuto saltare da un dirupo di trenta metri... senza nemmeno rompersi una gamba. Dimmelo e tornerò su con te.
Non so se mi spiego: Tornerò su con te.> (Sid liscius)
<Il problema è di avere palpebre e anima, e di questi tempi, mio caro signore, sono cose rare da trovare>. La voce del venditore di formiconi a cavallo di grilli talpa, interrompe il pensiero vocalizzato. Poi alza le spalle, con un gesto di rassegnazione, e si mette a pulire con un piccolo pennello alcuni sassolini colorati.
Incuriosito, anche il mio amico eremita e terroso scrittore si avvicina al banchetto, rimira per alcuni istanti i cavalieri lucidi d’acido formico, poi si gira verso il mercante:
Lungo il pertugio altri venditori si erano, intanto appostati. La sera sta calando e così anche gli ultimi venditori se ne scivolano dentro gli anfratti polverosi. Si attarda solo quello che vendeva collera. Sta gridando ad un cliente che non sembrava molto convinto della qualità della sua merce. Proseguiamo il cammino, senza dargli troppa importanza. Dopo qualche passo, il terroso si ferma. Punta un androne scavato a lato di una caverna e si dirige verso l’angolo più buio, dove uno scarafaggio grosso come un gatto color carbone, cercava di rintanarsi.
Niente! Non succede nulla. Riprova con un bacio più appassionato, scandendo con più decisione le parole. Ed ecco che, per incanto, gli animali escono dal torpore da cui sembravano trattenuti , scivolano dalle sue mani e si librano in un volo avvolto da una luce vivissima. L’androne, il pertugio e finanche la caverna s’illuminano a giorno. Noi ci tappiamo gli occhi, accecati dal bagliore intenso e quando li riapriamo rimaniamo senza fiato. Davanti, immobile, un cavallo bianco dal portamento fiero. Poi alziamo lo sguardo lentamente e vediamo un cavaliere completamente avvolto in un mantello azzurro come il cielo.
Stanza dopo stanza, la luce filtra sempre più rada, tanto che le cose, perdendo forma e colore, assomigliano ad ombre.
Agli occhi di Gea appare una stanza rotonda, senza finestre e con le pareti damascate di rosso. Al centro un grande tavolo di legno, con due sedie a capotavola, ricoperto da una tovaglia di fine lino bianco. Al centro c’è un candelabro d’argento con candele accese che irradiano una tenue luce gialla. Bicchieri di cristallo brillano impenitenti. Una fumante zuppiera di porcellana sembra una regina e, vicino, a farle da damigelle, due tazze bianche come la neve. La donna cerca con lo sguardo il cavaliere; lo vede intento a riempire una tazza. Lo fissa per alcuni minuti, come incantata. E’ presa dalla sensazione di trovarsi dinanzi all’amore tante volte immaginato di notte, ad occhi chiusi. Così non è sorpresa che tutto in quella stanza le sembrasse familiare, quasi avesse scelto lei stessa ogni oggetto prezioso e avesse allestito quel magico banchetto di propria volontà. Le pare, anzi, che il meraviglioso tepore che avvolgeva ogni cosa provenisse dal suo stesso corpo.
< Ho già visto tutto questo in sogno> sussurra, mentre le sue guance si tingono di rosso e il cuore le bussa forte al petto, tanto da toglierle il respiro.
La verità segreta del mondo è che tutte le cose sussistano per sempre e non muoiano, ma si sottraggano per un po’ alla vista e in seguito vi facciano ritorno. Niente muore; gli uomini si fingono morti e si sottopongono a finti funerali e a dolenti necrologi, mentre loro stanno là, a guardare dalla finestra, belli sani e a posto, foggiati in qualche nuova forma.
Esiste infatti una omonimia completa tra il sostantivo "scienza" e il sostantivo "legno" in tutte le lingue celtiche, mentre nella tradizione ebraica si trova un rapporto tra l'albero e la parola.
E' attraverso l'albero quindi che si deve realizzare il mondo che verrà; e nutrirsi dell'albero significa assorbire la sostanza del mondo e la conoscenza assoluta.
La totalità della simbologia cristiana ruota attorno a quel simbolo fondamentale che è la croce; il palo esprime la verticalità, l'albero che si innalza dalla terra verso il cielo (e in certe rappresentazioni della crocifissione Cristo non è inchiodato su una croce, ma su un albero). Sia l'albero cosmico che la croce sono simboli universali: nelle leggende orientali infatti, la croce è la scala sulla quale le anime degli uomini salgono verso Dio.
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