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blog di Franco Pucci

Bastava un paio d'ali

Ogni notte come guardiano delle anime
scendo nel profondo del mio essere
e novello Caronte traghetto i miei pensieri
là dove mai avrebbero volato.
Babilonia eretta su macerie di anni frantumati dalla vita
mostra orgogliosa i suoi giardini pensili di piante carnivore.
Sodoma e Gomorra là accanto
si contendono gli ultimi lembi lacerati della mia anima.
Eppure sarebbero bastate un paio d’ali
per osservarmi com’ero e planare verso l’Eden.
Se solo avessi avuto un po’ di cera.
 

Il silenzio del tempo

Scandiva il tempo l'orologio muto
rimasto a guardare la notte
appeso ad una parete bianca.
Le lancette libere si impegnavano
in rincorse folli dietro alle stelle
mentre un quarto di luna impigrita
stentava a bucare la coltre del buio.
 
Attendevo i suoi argentei chiarori
ma la luna sparì come inghiottita
e mille stelle fugaci saettarono
inseguite da lancette ebbre di gioia.
Presago di mutamenti improvvisi 
come lupo solitario alla finestra
ululai alla luna la mia solitudine.
 
L’orologio muto scandiva il silenzio.
 

Alfonso e il verme

Si chiamava Alfonso, ma per noi della Baia Del Re era “el Funsin”, il piccolo. Alto non più di un metro e mezzo, dal fisico gracile, esile come un giunco, brutto da non guardarsi, si atteggiava a “ras” del quartiere e noi morivamo dalle risate. Nonostante il fisico non proprio statuario, faceva un mestiere che avrebbe per sua natura richiesto ben altre doti di forza e prestanza: el cervelee, ìl macellaio, traduzione per il volgo ma soprattutto per i non milanesi. Forse per questo aveva mutuato un’espressione di falsa ferocia che lo trasformava in macchietta vivente. Oh, ma ci metteva anche del suo, vestendosi come Al Capone, impomatandosi di pessima brillantina i capelli e facendosi crescere quei pochi e radi peli sotto il piccolo naso certamente aquilino che lui chiamava pomposamente baffi. Frequentava, anzi “imponeva” la sua presenza anche nel bar, dove la sera ci si ritrovava per una partita a scopa o a biliardo e spesso noi si evitava di andare al cinema o di fare roccolo per raccontarsi barzellette: bastava dargli spago ed ecco che Funsin prendeva la scena e non la mollava più, fino a notte inoltrata e fino all’ora della chiusura del bar. A questo punto credo sia necessario collocare nel tempo e nel luogo l’aneddoto che sto per raccontarvi. Era il 1969, anno tragico per Milano e l’Italia tutta, e l’episodio si “consuma” esattamente in Via De Sanctis, periferia sud di Milano nella zona anticamente conosciuta come “La Baia Del Re”, per la storica presenza nel quartiere di un noto esponente della mala milanese, chiamato giustappunto il Re. Il bar in questione era proprio all’angolo della succitata via che sfocia nell’Alzaia Naviglio Pavese, dove scorre pigramente uno dei due Navigli di Milano, quello cioè che torna a Pavia dopo aver portato le acque del Ticino a Milano, col nome di Naviglio Grande, ed essersi soffermato nella darsena di Porta Ticinese per poi ripartire. Era dunque, come si diceva, una sera notevolmente nebbiosa e noi tutti si bivaccava nel bar in attesa di decidere come ammazzare la serata: scopa o biliardo?

Oro di asfodeli per Stella

Stanotte ho un appuntamento con Luna,
è un appuntamento speciale.
Nel chiarore della notte di pieno ferragosto,
illuminato da lampioni di stelle,
Luna mi presenterà Stella ed io l’accoglierò
tra le mie amiche notturne con un sorriso,
un inchino ed un mazzo di asfodeli giallo zafferano.
Chiederò all’unico grillo dei pressi,
provetto violinista nottambulo, di mettersi il frac,
uscire sul prato e intonarle una serenata.
E mi addormenterò così, con l’oro degli asfodeli
riflessi nell’argento del sorriso di Stella.
 
*dedicata a Elena, giovane stella che ha ripreso a brillare
 

Cartolina dal fronte

  Mia cara, io sto bene, tu come stai?
E’ tempo che gli ultimi sforzi, affinché il tragitto comune che ci condurrà alla Baia Della Tranquillità venga completato, siano compiuti all’unisono. Finora il nostro incedere bislacco ci ha fatto conquistare pochissime postazioni. Come ben sai il nemico non arretra di fronte ad un ghigno guerresco e una danza traversa da vecchi granchi, nemmeno di fronte all’agitare di chele consunte dal tempo, dobbiamo quindi affilare le armi e perfezionare la nostra strategia. Un maggiore affiatamento nell’incedere verso la meta comune io credo sarà fondamentale per l’attacco finale. Sono ben conscio della difficoltà della nostra impresa e ti scrivo questa cartolina pur sapendo che i tuoi preparativi fervono e sono a buon punto ma, ti prego, affrettati e raggiungimi presto. Il nostro nemico comune, Kronos, non perde tempo, è ben attrezzato e lo scontro si prefigura cruento. Da quassù, dalla mia postazione di avanscoperta, fatico a tenerlo sotto controllo e la tua forza sarà decisiva per sconfiggerlo. Ti attendo con ansia e ti bacio. A presto, Franco.

Ma tu come stai?

Eccola la domanda alla Gigi Marzullo…(della serie: fatti una domanda e incasinati nella risposta). Io come sto? Uno schifo. Ho la testa vuota, ma soprattutto il cuore in vacanza. Scrivo a fatica, tutto mi pare difficile oppure scontato, un insieme di sensazioni incoerenti che fatico a governare. Vorrei staccare la spina per un po’, ma qualcosa mi spinge irrazionalmente con le dita sulla tastiera e allora fatico, impreco, mi fermo, riprendo, cestino tutto chiedendomi: chi te lo fa fare? Ecco come sto. E tu, Franco, come stai? Aspetta, non rispondere, so già la risposta: “benissimo, mai stato meglio”! Visto? Ti conosco come le mie tasche: bastian contrario dalla nascita e rompicoglioni!

Potrei

Potrei dirti che ho vissuto
amando la vita.
Potrei dirti che ho amato
vivendo la vita.
Potrei dirti che ho odiato
la vita che ho vissuto.
Potrei dirti che ho sofferto
e a volte l’ho voluto.
Potrei dirti che la Signora
l’ho anche incontrata.
Ma quella volta non voleva
essere disturbata.
Potrei dirtelo ora.
Potrei...
 

Amore a pezzi

ci incrociammo in ascensore
gli sorrisi attraverso lo specchio
lei arrossendo di falso pudore
ammiccò strizzandomi l’occhio
 
non credevo a siffatta fortuna
e studiando la mossa pian piano
carezzavo tra le cosce la duna
poi scendemmo allo stesso piano
 
infilando la chiave nella toppa
l’invitai ad entrare nella casa
mi accorsi così che era zoppa
che metà della testa era rasa
 
affettando un sorriso demente
l’afferrai per stringerla un poco
nel baciarmi lei perse un dente
ma mostrò di stare al mio gioco
 
continuai alquanto sorpreso
scivolai con la mano sul seno
il mio corpo mancò contrappeso
e svitato lo ritrovai in mano
 
il mio viso sbalzato così in basso
inciampò nel suo ventre disfatto
dentro me pensai forse adesso
se io scendo mi diverto da matto
 
alla fine arrivai al traguardo
ma contando i pezzi d’intorno
non alzai neppure lo sguardo
e aspettai l’arrivo del giorno
 
dell’amplesso raccattando le ossa
quella notte passai lunghe ore
quell’amore mi diede la scossa
ma non presi mai più l’ascensore
 

Che cos'é l'amore?

 
Amore é...Non dover mai comprare Baci Perugina per trovare le parole per dirlo!
A me sono serviti 45 anni!
 

Amore sotto le stelle

sabbia bagnata da corpi distesi
danza pagana di festa notturna
ombre cinesi che seguono il ritmo
amori dipinti su scogli muschiati
 
la luna decide i cambi di passo
muovendo a piacere il flusso del mare
spettacolo lunare eppure avvincente
amanti lucenti di riflessi argentati
 
mentre le scie della notte stellata
sfilano veloci a morire altrove
le stelle ammirano dal palco lunare
lo spettacolo eterno dell’amore
 

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