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blog di Franco Pucci

La mia periferia (Milano persa 2)

Ai margini della città il sole
aveva luce diversa,
come quasi campagna,
ma periferico.
 
Anche i giovani amori
nati per strada
e consumati nei campi
erano periferici.
 
Il pane che il fornaio
sfornava ogni mattino
sapeva di pane,

Milano persa

“Te se ricordet i temp indrè…” Quel lembo di periferia che andava dall’“Isola” a “Cascina Abbadesse” era il mio regno e di chi, nato in prossimità della fine dell’ultima guerra ha avuto il piacere e l’avventura di vivere e crescere in una Milano, viva, pulsante, ricca di tradizioni, accogliente, vera! Una pessima imitazione di Colt dei Cow Boys, cartucce sfiatate, soldatini di gesso con l’anima in fil di ferro, e pochissimi spiccioli in tasca da dedicare al ferramenta dietro casa.

Acidamente

 
perdersi nelle more di un girovagare inutile
come anime rinsecchite dal dolore
viaggiando coi pensieri corrosi da acidi facili
ricerchi qualcuno che non ti somigli
visi stravolti da specchi deformanti nel circo
ti invitano ad un ballo che non ha mai fine
scivoli piano, il nirvana che cerchi non trovi
nel sesso nascondi il tuo viso bambino
la chiave per uscire dal labirinto è lì vicino
ma non vuoi vederla, non arrivi al mattino

Un amore infinito...

Là dove finisce il mare toccandosi col cielo
e inizia l’infinito strappando via il suo velo
là ti vorrei portare per dirti "son sincero…"
l’amore tutto può, mentire e dir che è vero.
 
Là dove ogni parola ha il suo significato
dove puoi anche amare, senza essere riamato
là ti vorrei portare anche solo per un’ora
e guardandoti negli occhi ti mentirei ancora.
 

Io e te all'inferno?

Io e te all’inferno, ci pensi?
 
Un po’ di temperatura mite
ci vorrebbe proprio per il nostro amore.
Talmente incendiaria è stata la nostra passione
che abbiamo ridotto in cenere anche i ricordi più belli.
Da quanto attendevamo una vacanza…
Come dici? Preferisci il paradiso?
 
Ma va all’inferno!
 

Angeli/alieni, onirica dicotomia

L’azzurro stamane vira al viola,
mentre l’acciaio di nembi innervositi
si rincorre senza sosta.
Ho voglia di un rosso carminio.
Così mi dico e scendo insicuro tre gradini.
Al quarto la speranza muore. 
Il viola ha vinto, l’acciaio ha conquistato l’azzurro.
Lassù schiere di angeli/alieni attendono il via.
E’ tempo di migrare, mi dico, brutta stagione si avanza.
Negli occhi il sorriso mefistofelico del primo invasore.
Ingurgito un emetico e torno a letto.
Dormirò sicuramente, mi dico.
Non ne sono sicuro, d’altro canto le dicotomie
mi sono sempre state sullo stomaco.
 

Armi e bagagli

Ecco, tutto e’stato detto.
 
Parole come uccelli migratori
formano neri cumuli ondeggianti
che un vento perfido e ribelle
indirizza a suo piacimento.
 
Ora si può mettere il tappo,
la diaspora dei sentimenti
alla ricerca di terra promessa
ha preso il volo definitivamente.
 
Raccolgo l’otre afflosciato.
 

Troppo dolce nasconde l'amaro

caramelle morbide, col buco e niente intorno
quintali di false dolcezze, mielosità ammannite a piene mani
da bocche siliconate e seni rifatti che ti sorridono dallo schermo
e ti addolciscono e ti blandiscono per nascondere ipocriti sentimenti
 
spesso raccolte in confezione regalo ti arrivano col corriere porto franco
quando la nausea ti avrà sopraffatto e la sola vista di tanto zucchero
ti urterà e ti darà il voltastomaco, allora spegnerai il televisore
e guardando la realtà cercherai il sale della verità altrove
 

Tra grandi fratelli, troni e siliconi

Oggi che il capello corto e la Marlboro accesa fa più figo
Oggi che se non fai outing inventandoti tutto rigo per rigo
Che se non sei un tronista di successo e non hai corona
Oggi vivi così cercando il tuo posto in una società battona
 
Oggi che se non sei giovane e non hai muscoli a tartaruga
Che se non hai corpo glabro e liscio come un bagnasciuga
Oggi che la scienza ha allungato la vita del tuo cammino
Sei una meteora filante in una notte che non vedrà mattino
 

Era il '55

I meriggi di maggio che volgevano alla sera
portavano con se i profumi di primavera
ancora distinguibili ai tuoi sensi di bambino
che giocava nel cortile dietro casa, lì vicino.
 
Il venditore di ghiaccio curvo sotto il peso
confondeva le donne col suo sorriso acceso,
tua madre che urlava chiamandoti alla cena
il volgere alla fine di una giornata serena.
 
Il maggiolino al filo da cucito imprigionato
nel volo suo adesso improvviso,  liberato
andava allegramente incontro alla serata
respirando infine una libertà inaspettata
 
Libertà sempre voluta, da poco conquistata
oggi quasi dovuta ma spesso immeritata
ricordo di meriggi tra giochi da bambino
non ti ho più incontrato, amico maggiolino.
 

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