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Spegnendo un lume, un salto di luce.

 
 
 
Ai recinti delle meridiane rubo ombra
e sugli intonaci dei campanili
i rintocchi spettinano crepe a ciocche:
qui compongo a labbra
i batocchi del tuo seno sonoro.
 
Tu sei la schiena di quel duro colle che s’anticipa
nel valico di una lontananza incerta
ma se avanzo a dita aperte negli avvalli
opponi castità melliflue
a guizzi di vocali intense.
 
E fermi l’uscio al chiuso.
 
Dammi una ruga che mi danzi intorno

Silenzi

tieni il mio viso muto
contro il tuo ventre nudo
e più forte taci e taccio
più il tuo corpo abbraccio

Ancora

 

Non son rosse labbra quelle a cui anelo,
non passionali abbracci
né voluttuosi corpi da sfiorare,
neanche i forti sapori dell’amor carnale.
I miei pensieri, come sinuose muse
scivolano attraverso la mente
dall’animo mio
raggiungono il mio amato e lo accarezzano per me.
La nostra musica coinvolgente,
note e parole scandite nel cuore
accendono i nostri sensi
e li lasciano vibrare in libertà.
Il nostro scambio di vita
ci apre ai nostri calorosi abbracci
e consente ai nostri cuori
di battere allo stesso ritmo dell’altro.
I nostri sogni, bramati, insieme inseguiti
ci lasciano assaporare l’eterno gusto della dolcezza.
Se non è amore questo…non è passione…ditemi cosa…
Illusi…sognatori… che c’importa?!
Ancora, amore mio, ancora…
per un giorno o per la vita intera,
finchè lo vuoi…resta così…
 
 

L'egemonia dei miei penseri, tutti.

Cambiare...marciapiede.

il cuore
dai battiti felpati
in lenti passi s'una via bagnata
tamburella come la pioggia
e nel silenzio altro della sera
sobbalza
quando aliena un'ombra nera
attraversa la via, ma
in contrappasso
riprende il ritmo
appena impaurito
attuando automatismi vitali.
Così vederti passare
è sentire
il pensiero del tuo respiro
i tuoi occhi nei miei, e
con un ansimo profondo
cambiare marciapiede
per andare via.

In fondo

In fondo al tunnel di lussuria
recata dalle vampe delle foglie
la luce verdazzurra pura
per impensate uscite
di chi brucia la fiamma.

Fuoco

Che altro?

Arde l'acero tutto
fiammeggia verso l'azzurro
spettacolare dono d'autunno.

E non fa fumo!

Vita d'azzardo

Lirica di Vittorio Fioravanti

Povero di calore
il vicolo tra case chiuse
preso l'aveva in consegna
alla morte del padre ucciso
lui la madre e i suoi tanti mariti
nell'incastro di salde pietre
tra spazi infranti
in cenere e tanta polvere

Matita a pastello tra le dita
viola il suo primo colore
appreso da lividi e graffi
per le percosse subite
e rosse tracce di sangue
sparso sul banco grigiastro
dalle ingiuste ferite

Nascondeva chi fosse
nello straccio bianco sul volto
grosse chiazze vermiglie
su i suoi jeans blu-marino
gialle scarpe d'acciaio ferrate
per scalciare caviglie

Una moto montava arancione
sapendo usare i suoi mezzi
con gesti duri di persuasione
per riscuotere i pizzi pretesi
in tutto il rione
da portare ogni sera al patrigno
garante muto di protezione

Poi l'errore e lo sgarro
d'una notte fra scaltri rivali
finita a botte e a legnate
verde di bile il ghigno
la mano armata e lo sparo

Diciotto anni di vita d'azzardo
e altri diciotto tetri da fare
dietro una nera
porta sprangata
rinchiuso in galera

Ottobre 2006

Frontiera

 

Di sbieco prudono rancori e stalattiti
in questa tiepida mattina d’ingresso ai morti
l’anima si squadra di tanti nonsocché
è una baraonda che va all’assalto all’assaggio
spericolata derapata in faccia al moloch
sbiellano le attese e i catechismi
contano solo decisione e intensità
nell’incoscienza di prendere il volo
un vivere maleducato insofferente
una schitarrata alla hendrix
un mordere seni smodato e cannibale
stantuffare ansimi alla Frontiera
bersi una sorsata avida in faccia ai crepacci
rischio e piaghe che bruciano
febbre e fantasmi
fiato caldo dal naso dei bufali
a bruciare l’orizzonte.

 

 

i pazzi ridono di notte

Intorno a me follie bellissime
rovesciano la mente
e mi schiantano nel buio
ad imparare l'assurdo.
I pazzi ridono di notte
e non importa il gioco di una rima
o la croce di un mondo
che condanna.
Più ridono del rumore
del loro orizzonte,
mentre abbracciano ghiaccio
e confuse lacrime,
più intrecciano libertà
ad alberi e saggezza.
Pure il mio spirito
è gola e bocca
per carestie di ragione.
Noi, maledetti nel sangue
e nel midollo,
sappiamo rotolare tra gli abissi
e ritardare il grido della morte,
stringendo tra i denti altri cieli.

 

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