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Nel tuo respiro ho trovato il mio amore.

 
 
Che suono di calma ha il tuo respiro!
Tanto ritmico che la notte ne danza le note,
lo ascolta e s’incanta ad un racconto di pace.
Non mi muovo.
Trema appena il tuo ventre scoperto
in una sparuta apnea che mostra quanto il cuore ricerchi la vita.
Scuoti appena la morbida spalla che curva tonica sul seno.
Accarezzo due ciocche che allagano il cuscino: chissà se i capelli
sono adatti ad accogliere uno stormo di mani.
Non insisto: c’è tempo per un nuovo orologio di passione
senza che in questo momento interrompa il tuo volo tranquillo
nella tenera tinta del dopo l’amore.
La paura del gesto inconsulto mi fa statua irreale di carne
ed in quest’attimo subisco il graffio della memoria
e mi duole la gioia.
 
Sulle coltri un lenzuolo non basta per due
il letto non accoglie più di un corpo aperto al fresco,
perciò ti sovrapponi alle mie gambe e ne spiazzi il disegno.
Io entro dal fianco dell’ombra
e con somma cautela profilo di sguardi la curva dei fianchi.
Ora schiocchi la bocca.
E il breve pendio del naso ha un fremito neonato.
Non capisco se è terrore o meraviglia; non c’è porta:
dall’esterno non si entra nelle fantasie del sonno.
Resto fuori da te come qualsiasi cosa qua dentro.
 
Vorrei adesso mani di brezza per spandere freschezza
sulla prateria lucida della tua pelle distesa e concava
che trasuda stupore di caldo con una rugiada minuta.

C'era una volta (mia madre)

 come odiavo le tue ansie
ad ogni mio seppur piccolo volo
l'aria sgomenta che mi accoglieva
la stretta spasmodica al rincasare
il tuo silenzio triste
quando dal balcone miravo l'orizzonte
avviandomi non mi trattenevi
e dai vetri un cenno mi mandavi
Ora amo disperatamente
quei tremori non soltanto tuoi
quella presenza che mi dava forza
di andare e sempre ritornare
quei baci profumati di cipria
il contatto stretto caldo
che più non mi consolano.

© Emozioni

Una mente stroppicciata dai pensieri
si accascia sotto i colpi di un turbamento
facendo finta di non soffrire.
Scaglio la prima pietra
per non averla di peso
mentre i ricordi duri come il diamante
si alternano in una giostra di desideri.
Un proiettile trafigge il cuore con amore
mentre la fantasia si scaglia contro la realtà
frantumandola in emozioni.
 
Sergio De Angelis

Domani

se mai, mentre siedo
sul mio miglior sorriso
solo e malinconico
mi chiedessero dove sei
dovrei cercare nel fondo
del mio cuore
una dolce bugia
per non dire che ti amo
ancora sempre.
 

Cose Così (sabbia)

Sei piovuto sulla mia terra
fecondando i pensieri alla mia sabbia
così lontana dall'eco del mare

Le tue pareti scoscese e le mie valli
strette  a pugno di silenzio
esiliato tra le dita

 

Incarnazione

dove la carne diventa anima
in uno scarlatto sfogliarsi di papaveri
ogni passo è un reciproco carcere
 
che riceve tutto il dolore voluto
e tutto l'amore che porta:
 
l'ostia si spezza all'offertorio,
giorno per giorno ripete le piaghe
 
mentre con gli occhi tento un gradino
che sfugge al piede deviato dal valgo.
 
tutto avviene quasi sempre più tardi
nella sessualità del tempo invisibile.                                                                      
 

Haemophilus influentiae

Non ti sopporto più, sai?
Piccolo, Fastidioso, Irritante Bacteria..
Sei entrato spingendo e ora resti li..
con la bocca piena a grattarti la pancia
ridendo sprezzante di ogni mio inutile tentativo di fuga..
mi stringi, mi agganci.. tenendomi alla gola come un coyote ferito e incazzato..
non ti è bastata la mia aria.. no..
hai voluto il mio equilibrio.. lanciandomi a terra contro lo spigolo..
non ti è bastato il sangue, non ti è bastata la disperazione..
cosa vuoi ancora?
Ladro, ladro di carne.. Ladro..
e il solo pensare di dover dormire ancora con te..
.. averti dentro ..

. B a s t a r d o .

alba e tramonto nella memoria

Quando il colore diventa memoria, confonde l'alba col tramonto ed il sogno con la realtà..... che non sta...... nel mio pugno chiuso

Odo Tinteri

I tre uomini in treno/ 1

Il tassì portò l’uomo in grigio dall’aeroporto alla stazione Termini. Scese inforcando il paio d’occhiali scuri che aveva con sé. Il treno per Firenze, Bologna e Milano sembrava che lo stesse aspettando. Obliterò il biglietto come indicato nel foglietto informativo, comprò in fretta due quotidiani e due riviste, e prese posto nell’ultimo scompartimento dell’ultimo vagone. Dentro c’era soltanto un giovane. Ci fu un saluto formale, mentre l’uomo in grigio accomodava il suo piccolo equipaggio sulle reticelle, sotto le quali poi decise di sedersi, accanto alle quattro pubblicazioni acquistate.

La stazione era un formicaio umano. Padre e figlio, scesi trafelati dal treno locale, corsero a fare i due biglietti per proseguire per Milano. Il treno che procedeva da Palermo era già in stazione, sul binario assegnato. Persero tempo per la necessaria obliterazione, un’operazione che l’uomo in blu - "...en su puta vida!" pensò - mai s’era sognato di dover fare. Che cavolo era mai un’obliterazione ...andare a farla al cesso? ...o magari in una cappella con un segno di croce? ...boh! Per fortuna, o per caso, un carabiniere senza neanche i due baffi ci aveva pensato ad eseguirlo per loro. Clic-clac! ...non c’è di ché, disse ...un dovere, nient’altro!

Giunsero finalmente sotto la fiancata del lungo treno, e senza pensarci due volte abbordarono il primo sportello trovato aperto e salirono, trascinando dietro i bagagli. Nello scompartimento a destra c’era posto per tutti, e quindi entrarono proprio lì dentro, salutando con un chiassoso...

- E’ permesso?.. Leggi tutto »

A questa luna

di Roberto Furcillo

A questa luna introversa
che disdegna di illuminare le ombre.
A questa luna lunatica
che non si allunga più sugli angoli
delle mie mura sbriciolate,
ora annerite, un po’ammuffite.

A questa luna cieca
che rende il mio nero ancor più nero.
A questa luna pigra che non ha voglia
di colorare di bianco il mio bianco
e il mio rosso di rosso.
A questa luna risentita
disamorata ed assente
quasi offesa, indolente,
che si nasconde dietro nuvole uggiose.

A questa luna ormai stanca
che non sopporta teste chine
e nasi appesantiti di innamorati svogliati
che non sognano più abbracci rubati
nei campi di grano
e mani vogliose
frugare sull’acre frutto nascosto
e sentir mugolare la lupa solitaria.

A questa luna che non si tuffa più
ad illuminare il pozzo
dove ormai languono desideri
tristemente avvizziti.

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