Corruttori e corrotti | Lingua italiana | Fausto Raso | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

To prevent automated spam submissions leave this field empty.

Commenti

Sfoglia le Pagine

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • laprincipessascalza
  • Peppo
  • davide marchese
  • Pio Veforte
  • Gloria Fiorani

Corruttori e corrotti

 
Mai, come in questi ultimi anni, un vocabolo della nostra lingua è stato piú adoperato dai massinforma (stampa e radiotelevisioni) per mettere in evidenza il malcostume che ha imperversato (imperversa?) nel mondo politico: la corruttela, con corrotti e corruttori, naturalmente. Ma non è di questo fenomeno che intendiamo parlare, non è questa la sede adatta e non è nostro costume invadere il campo di sociologi ed esperti vari. Vogliamo parlare della “nascita” del corrotto sotto il profilo linguistico. Se apriamo un qualunque vocabolario alla voce in oggetto, leggiamo: scostumato, viziato, infetto, impuro. La persona corrotta, quindi, è moralmente “infetta”, vale a dire che il suo animo è stato guastato, infettato, disfatto - naturalmente in senso figurato - perché “corrotto” non è altro che il participio passato latino del verbo “cum-rumpere” (‘corruptus’, corrotto) e vale “disfare”, “guastare”.
Il corrotto, però, non sempre è... corrotto. E ci spieghiamo. Nei tempi andati (parliamo di secoli) con il termine “corrotto” si intendeva il “pianto ad hoc”, il lamento funebre che i parenti del morto “recitavano” davanti alla salma. Questa usanza la spiega magistralmente il Boccaccio nell’introduzione al “Decameron”: “Le donne, parenti e vicine, nella casa del morto si ragunavano , e quivi, con quelle che piú gli appartenevano (vale a dire con le parenti strette del defunto, ndr) piangevano...”. Lo stesso pianto che nel mondo latino “emettevano” le “prèfiche” o piagnone, con una differenza: il lamento funebre era a pagamento. Le donne dei tempi del Boccaccio, invece, svolgevano quell’ufficio gratuitamente: chi per compassione, chi per voglia di curiosare. Questo pianto, dicevamo, ebbe il nome di “corrotto”, cioè di “animo rotto”, “disfatto”, “spezzato” e deriva, appunto, dal verbo “cum-rompere”: guastare, disfare, corrompere. Con il passaggio, quindi, dall’idea di corruzione all’altra di agitazione d’animo, di tormento. Il Tommaseo, a questo proposito, azzarda l’ipotesi che il termine (corrotto) altro non sia che la... corruzione linguistica di “corruccio” (sdegno, irritazione, rabbia repressa), come dal latino ‘Cruce’ si è fatto il termine... corrotto ‘Croce’. Ma non è finita. Per estensione il “corrotto” era anche colui che indossava abiti neri, luttuosi, tanto che si diceva “vestire il corrotto”, come oggi si dice - anche se l’usanza sembra tramontata - “mettersi il bruno o il lutto”. Il corrotto “moderno” oggi piange solamente quando varca le soglie delle patrie galere; non sappiamo, però, se è un pianto... corrotto, cioè “ad hoc” o un lamento sincero di pentimento per aver... corrotto, cioè infettato il suo animo.
 
Fausto Raso
 
Per altre "notizie linguistiche": www.faustoraso.blogspot.com
 
 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 2 utenti e 6115 visitatori collegati.

Utenti on-line

  • Marina Oddone
  • Fausto Raso