questo tuo risveglio al sole.
sussurrano umide fronde tinte
di luce.
Lontano sulle sponde
opposte
il danzar dei giunchi sfiora
l'erba molle.
Cado dolcemente
in un abbraccio
la delicatezza
cupa dell'universo si rischiara.
come un passero
il nuovo ramo
crepuscolo via
dal sole
che tortura le foglie
solo per dirti o non dirti
della superiorità numerica
del silenzio sulle parole
ma la notte di notte
ha una pelle più bella
il giorno ti parla
la notte ti ascolta
il mio caos è gravido
di vino, di clochard
di pensieri in putrescenza
di lerci boulevard
di viscosità e indecenza.
Siamo fiori di fuoco
annaffiati da nafta
e non abbiamo più tregua
quando il giorno si dilegua
sappiamo cosa odiamo
ma non cosa cerchiamo.
La notte è puttana
la notte è egualitaria
nel nero scioglie
tutte le sue prede
così si annullano
difetti e distanze
e siamo tutti parte
del gran tutto.
Assorbimi, madre notte
assorbimi
Assolvimi, madre notte
assolvimi.
visione,
divido il viso
con un taglio netto,
la mela acerba
al palato
perché fa soffrire
senza lasciar vedere
le piatte superfici degli oggetti
c’è un portacenere
sul tavolo, è grande quanto il palmo di una mano
diversi sono i modi
per consumarsi e per finire
come scintille sulla pelle
o cenere su un soprammobile
in una mano non mia ho sentito
il bruciore e la tenerezza
il perdono e l’addio
bambina, ci si rigenera
come fuoco al vento
e oggi gli alberi sono già verdi, le nuvole
bianche hanno forme stupende,
ma non accendere la luce
ho paura di tutto ciò che è inanimato
nonostante le parole e il tempo.
strisciando tra le griglie semichiuse
del desiderio.
se il mio sguardo ti sfiora leggero
e rimuove le vesti che indossi,
non arrossire
se con un gesto ti tocco la pelle
e accarezzo il tuo vergine fianco,
i tuoi occhi
che candidi adoro
potrebbero svelarsi impudichi.
Non arrossire
se al sussurro mio lieve
ti penetra il petto un tremore.
Se il gioco all’amore ti sveglia
e il tenero abbraccio reclama
fa che l’ombra dorata
s’impigli alla gonna fanciulla.
Ancora dormi, ma forse sei sveglia.
Il tuo respiro profondo un sospiro.
La stanza profuma di te e di me.
I profumi si fondono insieme creando la primavera.
Il lenzuolo bianco copre i nostri corpi
leggero come un petalo di rosa.
ti sfioro, ti bacio, tu apri gli occhi,
mi dai il buongiorno e mi dici sei bellissimo.
Io sorrido e tu ripeti, dolcissimo.
che appartengono al passato
e non alla ragione.
Cumuli di sogni
ammonticchiati come covoni di grano
che ha perduto
il baluginio dell' oro.
Precipitato pesantemente a terra
fuco indifeso
che ha dischiuse l' ali
soltanto con la fantasia,
dissolta, anch' essa,
nella vacuità di giorni
che non contengono più un prima
né un dopo.
Guardarsi attorno
e non ravvisare traccia
di scene da prima assoluta
ma attendere
l' estrazione di un numero
che non è uscito mai.
Strade impolverate di parole vaganti e scarpe ossigenate.
Caffè insaporiti di sigarette e occhi spenti, giornali in bianco e nero,
conversazioni d’arte e quadri di anomalie religiose.
Fiori secchi sui tavolini della vergogna, sui tavolini del sesso
fantasma nella mente.
Riso rosso e mi sfiori le labbra con sapori sconosciuti.
L’autunno. Soffio.
Finestre opache gocciolanti sospiri, parole su parole,
musica a pagamento, oro fra i capelli.
Scollature d’alto bordo, strade di passioni a occhi chiusi,
tacchilame per il loro addome vergine.
Soffio. Aritmetico cuore.
Soffio. Aritmetico cuore.
Cartoni, stazioni aromatizzate di kebab, sogni barboni.
Coperte-vento, spoglie foglie figlie di lutti orientali.
Riso rosso, nel piatto del delirio pomeridiano, riso rosso,
notte-sfondo di inquietudine.
Pensieri-pennello su pellicole consumate. Riso rosso.
Flashback del tuo profumo, nocciola, piatto fondo.
Riso rosso, sola, di un autunno caldo sinfonico, fra i denti.
è un ghigno sfrontato
che s’impasta dentro
sfinita dal dolore
mi dardeggi le certezze
e ad ogni infinita sequenza
ci ritrovo la tua voce
mentre l’insipida fame
la pioggia non lava
ma inchioda fra le labbra
sillaba scritta
sul sorriso che sfuma
mentre chiedo la fine
di questo espianto di lacrime
cieca ti cerco nel fango
tattile prova di vizi
affastellati sul costato
e non c’è nuvola che tenga
l’assoluzione delle tue mancanze
nell’arroganza dell’orizzonte
che il cielo inghiotte
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione:Paolo Rafficoni
-Redazione
-Autori di Rosso Venexiano
-Editing Antonella Taravella, Anna De Vivo
-Segreteria: Eddy Braune
-Opere pittoriche dell'Artista Graziella Romeo e testi di Immacolata Cassalia che ringraziamo
ventinoveaprileduemilanove
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