Perle di poesia 43 | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Perle di poesia 43

 

A volte provo a volare, a volte ci riesco,
a volte cado pesantemente distruggendo i miei sogni 
Francesco Musante

 

 

Tra due mani il cielo

Dondola l’orizzonte
sul dorso chinato del colle.
Raccoglie il tempo
le scaglie di malinconia
lasciate nel sottobosco
ignoto alle gioie.
 
Si srotola
gomitolo di pensieri.
Finisce ingarbugliato
in un cesto ormai colmo.
Più intrecci solitudini
più s’offusca lo sguardo
tra mille fili.
Eppure lì sulla morbida lana
adagiata sul tappeto rosso
fa le fusa la tua vita sfinita
ignorando il fragore del vento.
 
Tra due mani il cielo.

©Davide Ferrara

 

 

( S ) quarti

Un giorno scriverò di rabbia
di parto ostile tra le foglie
dispetto che dice di veleno
aspro artigliato in anatemi.
 
Un giorno parlerò d’invidia
rosa del fegato agli estremi
scorno che uccide il passo lieve
e scalcia pugnali in lampi neri.
 
Dirò di bocca che s’impenna
in morso coi denti sulla polpa
rovesciando insulti a pioggia
graffi nei selvatici orizzonti.

©semantica

 

 

L'assenza

Il tuo viso
I tratti del tuo viso
ridisegno,
un segno che 
nell’aria si disperde
ma il tuo sorriso è
mappa di una luna
che ancora vibra bianca
nel mio cielo.

La tua assenza
Dove tu sia, non so
su quale lago
contempli la sera.
Dipingo di rosso carminio
le unghie scarnite,
Ti scrivo pensieri
che attenuano l’ansia.
- La luna ripete
il suo ciclo -

Pensiero di te
M’innalza,
pensiero di te
sulla pelle distesa,
di cielo stellato carezza…
- ovunque il tuo sguardo -

©Chapucer

 

 

Congiunzione d'anime

Percorro con te
l'asintotico limite
d'un volo
verso l'eternità.
Congiunzione d'anime.

©velvetflyer

 

 

Le cascate creano una dolce musica nella notte
mentre la dolce Sirena riposa tra le antiche rovine aspettando l'amore.
Francesco Musante

 

la mano di mio nonno

il calice smagrito del tuo palmo
è un mare dove sfociano le dita
rigagnoli
che il tempo ha deformato
in nodi
che incalliscono la vita

irruvidendo
anche una carezza
a simbolo perenne di miseria
o marchio
di quel tempo
in cui la forza
era la sola
ed unica miniera

da cui estrarre
il sogno o un'illusione
da poi mangiare a casa come cena
con unghie che
affilate sui carboni
tagliavano i legacci alla fortuna

che oggi
ha quegl'accenti di un'infanzia
e odora di salsedine e limoni
profumi
che pervadono la stanza
mentr'apri
tremolando

 

i tuoi balconi.

©effeerre

 

 

Dentro e fuori

Scendi lenta,
mi bagni di te,
righi di vetro il mio profilo
e goccioli piano, di voglia [dentro me].
pioggia di marzo,
bagni e poi sparisci,
accendi un raggio,giallo di luce
poi, lo spegni d'orgoglio [dentro me].
oggi sei un soffio,
che ha forza di rimestare
di spazio e di sale
quel largo che ondeggia,
[cobalto], fiorito, di voglia di andare [dentro te].

©abcorda

 

 

spazi di temporale ovvero niente più è quel che sembra

afferro di fulmine le tue labbra
che adoro stringere dei denti la tua lingua
mentre sacro e profano mi coloro del colore del vampiro
cammino di mondo in mondo scoprendo le estremità dei tuoi poli
io che fuggo le illusioni ed i sogni spezzo le ali all’angelo della bontà
e bevo solo la vodka migliore quella del ghiaccio e delle nevi
dove il mio oskar batte sui tamburi di latta le sue storie
storie estese di meravigliose tempeste di fuoco
rombi di cannoni e cigoli di carro armato
so che ci sei qui e da qualche parte
ma oggi mi dimentico di te
oggi che è strage di balene volo nella nebbia
di un miliardo e più di goccioline trasparenti che bagnano
formando un rivolo di liquore fatto con la mistura del mio miglior sangue
e mi rivolto all’altare che è conficcato al centro di un buon cervello
lì proprio lì nel punto esatto delle follie e delle discordanze
ora che ho un sogno da scarlatti a riempire i buchi dei proiettili
stringo a me l’altro poeta che è quasi uguale al petrolio
macchia di delitto mai del tutto vero all’idroscalo
dove contano i chiodi le vecchie marmitte
ma ho bisogno di te più di un sole bruciato d’inferno
ho bisogno di un seno da sentirlo a guanciale
colline speciali del mio solo riposo
forse con le carezze appropriate scorrendo
nelle certezze dei corpi fatti veramente a mano
in un artigianato che dicono divino e che schizza in alto
aiutandomi a salire fino alla cima di una montagna difficile
dove la tua bocca mi racconta la verità del viaggio
di un viaggio senza interruzioni ma pure senza la continuità
di un sentiero tortuoso che scende all’inferno e sale al purgatorio
nel nome concreto di un vero povero lupo nelle catene di  sant’eufemia
al centro di un sogno mai più così concreto e limpido e in luce
forte e bello e supremo nell’amabilità di un unico introvabile drago bianco
che offre come me la schiena alle strisce di nuova invenzione a frusta
per ungere le ruote di una terapia aperta a novità d’inquisizione
su una strada addobbata al gran trionfo di strane croci
che raccontano del grande impero del terrore
anche a me che sono povero di stelle
già quasi del tutto andato a male
sbranato dai cani del padrone
qui in bilico sul mondo
un altro più complicato mondo
ascoltando soltanto la musica del sangue

©ohrasputin

 

 

Non conosco

Non conosco dei poeti, il sentire
della penna che affonda nell'inchiostro,
la sorgente delle parole scritte
su pezzi di carta prendono forma
ti parlano, sorridono e piangono
o artigli ti piantano nella carne
squartandoti
come gli avvoltoi la preda

Né ulular loro comprendo, di paura
e sdegno e perdono, fuggir del cervo
nei boschi di pini tra rami di spine
della luce, lo strascico.

Potessi voltarmi in ciò che dico
e scrivo, mi chiamerei poeta anch'io
se in quel vuoto che mi divora
lo stomaco
m'emozionasse ancora una volta
quel grido o cenno gentile
che più non afferro e conosco
la finestra di un attimo serrata prima
ch'io spalanchi le pupille

No! Non sono un poeta, la parola
alla mia carne è straniera
e le mani non toccano l'anima
ucciderla o accarezzarla
più non mia -

per questo scrivo,
per il mio non essere poeta
per potermi seppellire l'anima prima
che mi seppellisca la parola.

©ladyeagle

 

 

Dio dei fiumi

Così
tra linguasecca e la bellezza rubra dell'autunno
si lasciava scorrere immobile, ansando muto
chiedendo
se poi si fosse migliorato il sangue
come il vino rosso in passarci il tempo.
 
Assolato Dio dei fiumi
stretto di bianco e corroso tra i flutti
di una fontana antica a crescersi gli occhi
di una bellezza dipinta- ormai svanita-
con uno specchietto di languori a morirci dentro
e riflettere il giorno a crescergli la risposta
del cemento-foresta pietrificante, tutt'intorno-
poco oltre l'invano di un certo vento a sale
-piccolo fratello-in odore di scoglio e alga putrefatta
a rischiararsi un canto del quasiazzurro
di risacca mattutina in un sussurro.

©ladilunaa

 


-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione:Paolo Rafficoni
-Redazione
-Autori di Rosso Venexiano
-Editing Manuela Verbasi, Emy Coratti, Anna De Vivo 
-Segreteria: Eddy Braune
-Opere pittoriche dell'Artista Francesco Musante che ringraziamo
-Staff di Frammenti

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