Scritto da © Fausto Raso - Lun, 24/10/2011 - 19:13
Alcune divagazioni sulla nostra bella lingua cominciando proprio dal termine “divagazione” che, come tutti sappiamo, significa “divertimento”. Questo sostantivo, dunque, è un deverbale, vale a dire un nome generato da un verbo, nella fattispecie il verbo divagare, appunto. Divagare, a sua volta, viene dal tardo latino “divagari”, composto del prefisso
“dis-” (‘allontanamento’, ‘separazione’) e del verbo “vagari” (vagare) e alla lettera vale “andar girando qua e là”, senza una meta. La divagazione, per tanto, è un allontanamento dalla via intrapresa, una “deviazione” che ci spinge a gironzolare di qua e di là, per questo motivo ha acquisito il significato, non comune, di “svago”, di “divertimento”. Divertiamoci, quindi, con alcune… “divagazioni” sulla lingua cominciando con un termine a tutti noto: mandarino. Questo sostantivo (ma anche aggettivo, forse pochi lo sanno) ha due distinti significati, ma la medesima “origine etimologica” (si perdoni il brutto gioco di parole). Il primo significato è il più conosciuto: frutto simile a una piccola arancia, dolcissimo e fragrante, la cui buccia è giallognola e leggera. Il secondo significato è quello “principe”: titolo attribuito agli alti dignitari della corte imperiale cinese. Occorre dire, però – e la cosa potrebbe sembrare inverosimile – che la Cina non conosce questo termine; tutti gli studiosi di lingua concordano sulla provenienza portoghese del vocabolo: ‘mandarim’. Ci sono, invece, due scuole di pensiero circa l’origine di quest’ultimo vocabolo. Alcuni fanno risalire il portoghese ‘mandarim’ al sanscrito ‘mantrin’ (‘consigliere’) che si riallaccerebbe alla radice ‘man’ (‘pensare’). I consiglieri non… pensano prima di dare un consiglio? E i dignitari di Corte non sono consiglieri? Altri autori, invece, propendono per il latino “mandare” nel senso di ‘comandare’, verbo che dà origine al contratto di ‘mandato’, previsto da tutti i codici civili europei. Quanto al frutto che ha preso il nome di “mandarino” – la cosa ci sembra ovvia – è un riferimento scherzoso al colore giallo dei… Mandarini, cioè al colore della pelle dei dignitari (e del popolo) cinesi. I botanici, però, non si preoccupano del termine ‘mandarino’ e hanno battezzato l’albero col nome altisonante di “Citrus nobilis”, sottolineando la dolcezza, il profumo e la ricchezza di vitamine dei suoi frutti.
Divagando divagando siamo arrivati a due sostantivi pressoché simili nella scrittura (non uguali, si presti attenzione) ma con significati diversi: “aerometro” e “areometro”. Il primo è composto con le voci greche “aèros” (aria) e “mètron” (misura) e indica uno strumento che si usa per determinare i gradi della rarefazione o condensazione di un dato volume d’aria. Il secondo, che si scrive senza l’inserimento della “e” tra la vocale “a” e la consonante “r”, è, invece, uno strumento galleggiante di metallo o di vetro che serve a misurare la gravità dei liquidi. Si scrive senza la “e” perché è formato con le voci elleniche “araiòs” (fluido) e “mètron” (misura). Attenzione, quindi, c’è l’ “aerometro” che è una cosa e l’ “areometro” che è un’altra cosa.
E a proposito di parole composte con la voce greca “aèros”, tipo aeroporto, aeronautica, aerodinamica, aerazione e simili, invitiamo la televisione di Stato e quella privata a controllare l’esatta grafia dei “grafici” prima di mandarli in onda. Qualche sera fa abbiamo letto su un “grafico” di un tg di stato “Arenautica” in luogo della forma corretta “Aeronautica”. E prima ancora “Aereonautica”. Sarà bene ricordare che tutti i sostantivi con il prefisso “aer-” non prendono mai la “e” dopo la “r”: aerostazione, aerodinamica e via dicendo. Solo per l’aggettivo ( “aereo” ) si deve conservare la “e”: veduta aerea.
Fausto Raso
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