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Poesia

Breve stagione

Maria vi presenta una poesia di Lucia
 
Tracce di cielo
sul tuo viso color avorio
solcano la tua fronte
di un tenero autunno.
Mani che toccano
fragili fogli, dove
una breve matita,
colora di grigio
caselle numerate.
Ascolta il suono del tuo cuore
e fa che la melodia attraversi
dolci ricordi d'amore
non ancora sopiti.
Disegna con i tuoi occhi
la mia estenuata anima
e conforta le sue pieghe
e distendile prima
che arrivi la fine
della Breve Stagione.
 
                      Lucia Giongrandi

io sto

 
amore io tremo
ma non ho paura
io resto
anche ora
che tutto combacia e si rompe
e mi sento un ulivo
in un anfiteatro
anche ora
che il vento mi sbatte
e polvere rossa negli occhi
io sto
dare è un verbo che conosco bene
avere devo ancora coniugarlo
 
 
 
 
 

E' questo vento

E' questo vento
che mi scompiglia
quei quattro capelli
che ancora spigolano
il mio cervello.
Questo vento
che ha voce
una voce strana
quasi una nenia
una canzone
il vento.
E porta sabbia
la sabbia della mia spiaggia
ormai legata a filo
con un ponte
che attraversa il fiume
e proietta ombra
d'arco ai pescherecci
lungo il fiume.
Vento
che mi ha sempre fatto pensare
e non dire
vento
che mi ha serrato i polsi
e la vita
come catena
d'amori sognati
inventati
mai vissuti
perchè questo sono gli scrittori
vento
invenzione
effimere false e umide
emozioni.

Io - clochard

Potrei accucciarmi lì vicino - fra i cartoni
circondata da buste di plastica polverose
piene di abiti vecchi e fogli di carta
ricoperti di scritte ormai indecifrabili
Avrei un cappello di lana spessa color carminio
ed un cappotto sformato di colore indefinito
i capelli impastati dallo sporco cittadino
Soffrirei - sì - ma almeno ne saprei il motivo
una qualche ben articolata e surreale congiura
contro cui imprecare a voce alta e pugni chiusi
non la cieca indifferenza dell'esistere
non il silenzio - né la paura.
 

Coriandoli in anime

Colori
e primavere
si fiondan filanti
sugli asfalti di foglie

Son già morte
od agoniche
per noi maschere uniche
che mai nei carnevali
lanciamo crudeli
coriandoli in anime

Senza titolo

E ti svesto
 
sol con gli occhi
delicata
per esser
da zozze e livide mani
toccata
 
 
E ti vedo
con la mente
troppo pura, troppo da bellezza
insignita
poichè da occhi
d'un impuro maledetto
possa tu esser assalita
 
 
E ti vorrei toccar
ma col palmo sto lontano
la mia mano trema forte
sfiorar te,
per portarti la mia morte?
 
 
E d'un cuore Maledetto
che fiero d'esser tale
che da tutti è giudicato
poco men d' un animale
 
 
Che tu
fata dolce
in prospera vita
dei sentimenti di costui
or ti sei invaghita
 
 
Ch'io usassi rima in prosa
non l'avrei mai detto
ma lo faccio per te
per salvar
la tua dolcezza
da Erunamo
il Maledetto

E' Il Ricordo Più Bello

E' il ricordo più bello,
che si voleva stare a letto

nudi abbracciati fermi
mentre i bimbi dormivano.

 
      loripanni               

La solitudine delle panchine.

Traguardi posti senza alcuna partenza
con l’andare nei cordoli fatte riposo
per i solfeggi delle ossa quasi a dondolo
quando le gambe prendono una certa piega di sonno.
 
S’incamminano a fila dagli occhi,
ma paiono soldati di riserva ai sacchi di terra
o al culo del fucile che fummo:
sono trincee; sono ferme per riparo.
 
Stanno appropriate ai corpi come sarcofaghi:
dal legno al marmo un passo breve.
 
Chiunque può vedere
come andrebbero agli sposalizi
se libere di amare
quando si amano i figli.

Terrestre

Associazioni di scadute tendenze
associabili a ritorte incisioni
Mi associo alla perduta speranza
Dissociandomi dalla mancata presenza
Cosi disperdimi i sensi all' orgiata frenesia
come di biscotto la resina della schiena
smuove la cavalcata ossea del brivido
Accostami all' angolo d' ovatta come miele impastato
Mi appiccico alla nube e mi sciolgo al calore
Amami con follia che gronda dal tuo alare rintocco
Conosci la voglia mia di slegarmi dall' inconscio
sai di onnipotenza nel tuo conscio sentire
Quassù non arde che incanto rimuginar di passione
Scendimi con implacata energia discostandomi dal Sole

Come piccolo il mio cuore

In un cielo grigio e spento
mi rifugio
Tutto è confuso
quasi quasi
mi ci affogo
scavo scavo
ancora addentro
Che mi frega del profondo...
si troppo avvezza al mondo
lo so...
parlo parlo
canto e rido
come un cantante poi pentito
Mi guardate come se
fissaste quel cielo
con gli occhi
di uno spettatore
Ora cercatemi nel buio
nelle cose che amo...
in quella stella con poca luce
nascondo le mie noie
le mie paure
sembrerei solare e folle
a voler riempire un cielo intero
mi chiamereste quasi per nome
gialla splendente
a volte anche sognante

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