La fine dell'amore
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Il prezzo di quello che perdi è lo stesso di quello che dai.
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Pietre sulla strada
scivolava via,
scivolavano le bombe che lo facevano brandelli.
I minareti alla preghiera
chiamavano,
rispondevano i campanili
batacchi sordi
alle stesse preghiere
e noi in ginocchio…
Il mio ponte
il ponte mio
dell’infanzia mia
gettata
al fiume come roba vecchia
e il fiume come una madre
che l’abbracciava
in un tonfo di tuono
e io
che avevo il cuore in mano
e la mia mano nell’acqua
a catturarne i pesci
e di bambino rivedevo
il gesto
io che avevo del mio fiume
il rispetto
dello stesso suo figlio.
Mio padre mi prendeva di peso
e via mi portava
di corsa verso casa
il mio rovescio del mondo allora
pareva il vero
e il vero era rovesciato
e allora piangevo
che il monte sputava il fuoco
e la gente cadeva a terra
nel sangue rappreso restava giorni
vedevo l’acqua
delle bottiglie bucate alla fabbrica
della birra
vedevo
il ponte cadere ed io che mai
sarei caduto... mai.
Impossibile era credere
al cielo che fugge
e Allah che piange
e Dio lo tiene per mano
che l’aria era il pane
e il pane era l’aria
senza neppure l’intenso profumo
sento ancora
i passi pesanti
lungo le scale
disperati gl’anfibi
io nell’angolo
tenendomi la testa
mio padre a difenderci
che lì rimasi
che tante volte ancora
grande che sono ormai
rannicchio il bambino in me
a quell’angolo e piango
per ritrovare mio padre.
Lì fermo mio padre rimase
in quell’istante mio padre
povero padre rimase
contro il mondo
da solo
mio padre
rimase…
per noi...
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L’eterna battaglia tra Kronos e Kairos
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Non dimenticarti mai di sorridermi
il drago marino emerge
la coda che alza onde e schiuma.
C’è chi l’ha col fratello
per lo stemma della scuola
che lui vuol portare giù
insieme a una vecchia Fender.
“Non dimenticarti mai di sorridere”.
Diceva scherzando.
“Perché io voglio sempre pensarti cosi”.
Era un volto che mi portava via.
Chissà dove, ma così lo ricordo
e lo perdo ogni istante di più.
Un hotel cinque stelle tra le nuvole
un incantesimo, un castello nella nebbia.
Ride lui, capelli lunghi legati dietro.
Occhi chiari e non sembra far male.
Non ho paura, anzi sorrido. Un angelo in cielo.
C’è la punta bianca di un monte laggiù
E poi qualcuno che mi parla accanto.
Eravamo seduti su poltrone in fila
Uno stretto corridoio alla mia destra:
“desidera signore?”
“Un caffè caldo grazie, vorrei svegliarmi sa?
Ma non riesco.... Non capisco più che succeda
la mia città da quassù... ma perché è un bosco?"
“E’ avvolta dalle piante ormai da tempo
come fa a ricordarsi? Sono passati cent’anni
signore e lei ne ha molti di meno, mi sembra”.
“Non capisco più nulla mi manca l’aria”.
“Signore, ma lei riesce a respirare?
Si sente male, signore?”
“Svegliati tesoro! Svegliati!! Svegliati ti prego...
è solo un sogno... amore mio”
La luce del mattino mi abbaglia gli occhi.
Sento le pareti della stanza stringermi le spalle.
Socchiudo gli occhi appena.
Sei qui? Sorrido appena.... e sottovoce:
“Grazie”.
“Di cosa, amore mio?”
“Di avermi riportato giù...”
“Non potevo fare altro che questo, non respiravi più.
E non potevo pensare di restar
...senza te.
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Breve racconto di un minuto.
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"Pendule papier de mais"
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Anno Domini 1181
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Implemento all'incompiuta dI Max (Liberamente tratta da “Max” di Paolo Conte)
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Il tempo del muschio nei boschi (Quando vi penso).
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