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blog di antonio devicienti

Tappe dell'andare: Cattedrale di Otranto

"Abito

una stanza

Tappe dell'andare: Orto botanico di Palermo

Dopo la chiusura, quando non c'è più nessuno,

discende Astolfo in groppa all'ippogrifo planando

fra i tronchi fiabeschi dei ficus magnolioides

Tappe dell'andare: Wuppertal

Nella Monorotaia e Sopraelevata accadono miracoli,

così come nei versi e nei racconti accadono.

Tappe dell'andare: Cordova

Korassón de mi tierra, l'antiga, korassón

udiva l'esiliato mormorargli la mente:

Tappe dell'andare: Ortigia (notturno)

Voglio essere stanotte un viaggiatore

qui giunto dalla Germania: Ortigia

mi s'apra sulla soglia di una trattoria odorosa

di pasta agli scampi e rossissimi pomidoro.

Qui ceno in compagnia di Paolo Orsi,

squisito amico, esploratore della ctonia notte

che clemente abbraccia frammenti sommersi

Tappe dell'andare: Ortigia

M'immergerò ancora nel fascino degli atlanti,

compresi gli obsoleti o inattendibili, i magici.

Piste (con gli occhi, con l'indice, con la matita)

percorrerò – entrerò in Ortigia dove sapienti

maghe che sanno volare, figlie della terra,

figlie dell'onda salata, saldano gli umani

Tappe dell'andare: Bakù

In questa città entrerei scivolando nei vecchi

cavi della linea telegrafica, io suono

che rammenta il battito cardiaco e tempi eroici

di distanze favolose quando i treni aprivano

sentieri sugli atlanti sognanti – immensa terra.

Negli stabilimenti balneari alle frontiere

d'Asia, sulla facciata velata dalla notte,

Tappe dell'andare: Lisbona

“Sto innanzi all'Occidente merlata e solitaria.

Sono madre, turrita madre sopra l'alfama,

marezzato tappeto amaranto delle tegole

mescidanza di vento, di salmastro, d'Oriente;

siccome fui moschea, mi cercano arabe voci.

Vedo nenie africane, rotte di lontananza,

abitare le intercapedini dei tetti:

Tappe dell'andare: Bilbao

Si muovono tra le membra d'un preistorico

animale che si bagna nei cicli di luce

prima stellare, poi solare – è pietra vivente,

è metallo, legno, fibre terrestri e di tempo.

S'immergono nel corpo leggendario del canto

(il vetro, il faggio, il titanio hanno una vibrazione

Albrecht

La felicità lo raggiungeva quando
(il calamo tra le dita e il foglio
sul tavolo) disegnava.

Non copiava ciò che vedeva: lo disegnava.
La lepre, certo, e il rinoceronte
e le mani della madre.

Mentre guardo il mondo
il mio occhio si prolunga
braccio e mano e calamo e linea sul
foglio: verranno poi
l'acquerello oppure
l'incisione o la pittura ad olio.

La luce del Nord s'impiglia
su cuspidi di torri e granai -
e la memoria vede la luce dalmatica
salire avvolgente le cupole di San Marco.

È tempo dunque
di un altro viaggio.

Lo sguardo si spinge
fino a Venezia.

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