In questa città entrerei scivolando nei vecchi
cavi della linea telegrafica, io suono
che rammenta il battito cardiaco e tempi eroici
di distanze favolose quando i treni aprivano
sentieri sugli atlanti sognanti – immensa terra.
Negli stabilimenti balneari alle frontiere
d'Asia, sulla facciata velata dalla notte,
proiettano film alle ombre millenarie dei nomadi
che si hanno un solo levare e un solo calare
di luna per la tregua del loro andare insonne.
Bakù è distanza, bellezza di lontananza,
murata città in fondo ad un porto d'aria alcolica,
aria che rassomiglia la vita a un ebbro soffio
rapido di vertigine vorticante volo -
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Nell'azzurro degli atlanti sta immersa Bakù,
nelle regioni incognite che la poesia
va ad esplorare.
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