Possesso
Voglio prendere ti te possesso
come il sole d'estate la zolla
scorpione ipnotico nero
su selce di tempio abbandonato dagli dei
con la forza dell'animale ferito
dei miei colpi inondarti
del caldo di follia delle rocce di deserto
ai sogni delle piste carovaniere
ai profumi dell'erba bagnata
agli ululati del vento della steppa condurti
artigiano d’argilla
sudore di fabbro
impregnarmi
dell'odore arcano dei petali della rosa
che muore in grembo
a un'estasi di terra di tiepido autunno
a voli di rondini in caccia di preda
di arbusti e bacche di nido
di acri succhi e amari.
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Vittoria
Vittoria sottesa al tempo veloce azzurro
di freddo nell'anima di vetro.
Lontano un mattino dal giorno
vivi il tempo rarefatto
e vieni tra i miei denti, ragazza.
Al tempo presunto un'aurora dell'anima
un vincente sortilegio antico,
tra le tue valli mi immergo
senza fare figli. Nella seta dell'aria
tutto ricomincia.. E sta infinitamente
il ramo dell'arancio a portatata
della tua affilata mano affiliata
alla duale gioia.l
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La pantera
Avanza a passi lenti
la pantera,
si confonde nel buio della notte.
Gli occhi
- due stelle che splendono
come soli nel cosmo -
penetrano il segreto del mondo,
silenziosamente avvolto
in un manto di giada.
Alexis
7.10.2009
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Ci stava fuori un campo di grano
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Il freddo intenso della sera
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spaccati i timpani
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Sonata di ringraziamento per cantanti solisti e abiti in nero – movimento del sol calante
camero, 1968 - cheryl kelley
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io c'avevo
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Nei gorghi dello zero
Ed era un caos così ordinato
da annientarmi in un minuto
e fu il terrore del normale
tutto ciò per cui sbavai
Stiracchiato e senza volto
nei gorghi dello zero.
Niente si salva lassù nella nebbia
solo piaceri di venti secondi.
Sorridevo per ogni sconfitta
sgretolandomi poco per volta
e arreso ai tuoi rintocchi
anche l'alba fu una beffa
nel suo zampillare di rosso
mentre io tremando avevo
sogni più grandi delle mie tasche
e tanta sabbia nelle mie scarpe.
E i fiori e i lucci non hanno peso
nessuno crede alla morte il pomeriggio
e se fummo stolti a volere la notte
fu un suicidio invocarla ancora.
Nella stagione della rivolta
battelli di carta prendono il largo
e i tuoi sospiri -note scomposte-
se uniti ai miei divengono musica
e non serve pesare le proprie scelte
perché tutto si svuota e tutto si riempie
e le mie lacrime non bagnano più
le mie lacrime non bagnano più.
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Al mercato di Monghidoro
Era brulicante di vita il mercato di Monghidoro, in una vallata stretta tra abeti e latifoglie, accovacciato tra l’edera e il muschio, all’inizio della salita. Dolce come l’oblio del tempo, con uno scampolo di sole che indugiava sulle stoffe rovesciate, sulle verdure fresche, sui lenzuoli candidi di bucato sparsi sulle bancarelle. Sono rimasti dentro di me i suoi odori, i suoi colori continuando a disfarsi e reinventarsi nello scorrere dei giorni, pesando sulle mie membra, diventando ricordi sottili di memoria bambina, dolci rimpianti d’infanzia col sapore del vino caldo. Quasi un segreto, un piacere interiore, i contorni delle cose che diventavano malinconia, le persone ormai scomparse che si trasformavano in sogni, scheggiando ineluttabili il ciclo senza sosta della vita. Iniziava quasi all’alba nel borgo sonnolento, allargandosi fino a coprire tutta la strada fino alla piazza della chiesa: rubiconde donne di campagna si affannavano a vendere galline ed uova di giornata, contadini con i pantaloni di velluto offrivano mucche o vitellini appena nati. Erano centinaia i banchi che si ammassavano l’uno sull’altro, a cominciare da quello che vendeva i chicchi grossi di caffè tostato, a quelli che mostravano croccanti appena fatti, bastoncini a righe lunghe di zucchero caramellato. Il giovedì mattina si riempiva di un via vai incandescente, in un tempo teso al nulla, mischiato ad affari di cortile e a compere sfiziose. Ci si perdeva nelle enormi ciotole di terracotta in vendita accanto alla farmacia, e le bocce di vetro con la neve che scendeva, facevano pensare alla pigrizia ovattata dell’inverno che stava per arrivare. Luccicanti, eteree, sgusciavano dalla stoffa sottile del banco in mille forme, con i fondali popolati da pupazzi con il naso a carota, candidi e azzurri, di una dolcezza fittizia. Inebrianti nel fondo dell’acqua. Leggi tutto »
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