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blog di neraorchidea

Un tedio colorato

Chiudiamo bilanci in un saldo invisibile
facciamo conti e perdiamo
fra un’addizione e un'altra
nella malia insipida di uffici silenziosi
 
contiamo numeri e delusioni
le dimenticanze dell’amore
in un tirocinio monotono
ascoltando un’impossibile grammofono che suona nella nostra anima
la vita che si perde
in una porpora di versi e filo spinato
 
viviamo autunni che abbiamo già perduto
nel cigolio di cose ferme
in perfetta stasi d’illusione
vacillando nell’acqua dei sogni
piccole barche  di carta piegate agli angoli.
 
Poi
scriviamo appunti ai margini della pioggia passata
in un tedio colorato
pieghiamo il collo alla vita come un giogo
in un tenero supplizio d’Apocalisse
in  un allegra compagnia di soldatini di piombo
 
e stringiamo al seno la primavera
quando in cielo ricominciano le stelle.

La luna di Dachau

Li sento i calci del cavallo
il loro nitrire
il lavacro autunnale dell'orrore
il drago che taglia bionde chiome
in questa luna che balugina sbiadita
tra l'oleandro e il limone
qui a Dachau
 
si torcono del buio
gli zoccoli di cristallo
nel chiaroscuro di un lume
in un mistico plenilunio
d'ombra mai vibrate
 
spigolano le anime
meste in un cerchio d'ape
irriverenti nel loro essere carne
morbide d’amore
croci abusate nella pace del solstizio
 
appoggiata alle persiane
vedo pietre grezze
folli giumente
la fibra indegna degli illuminati
occhi di cani lupo
la vita parcheggiata al limitare del campo.
 
E una nera morte da invocare alla finestra
siamo solo transiti
appoggiati a uno spicchio di luna di talco.

La casa vecchia

Era immersa nei cerchi di grano
la casa vecchia
nella malia di cicale chiassose e di formiche
tra la malva rosata e il biancospino
in una curva dentro la città
celata delle acacie
dai fruscio incessante dei canneti
dai vecchi nidi queruli dei picchi
coglieva raggi di assenza antica
lo strazio delle foglie
vibrando di rosso e d'arancione
nei suoi fianchi tondeggianti
nel profilo ispessito dei lecci
nelle sue messi cullate a tarda sera.
E noi
nella canicola d'agosto
con collane di semi e conchiglie
navigavamo senza bussola o timone
tra le bisce della tana verde
ebbri di spuma d'onda
ci orientavamo con le lucciole
contando  nel cuore chiodi d'argento
l'alba di un crepuscolo audace
arsi dal sole
facevamo l'amore in silenzio
scambiandoci la foce,il lago,il mare
e con la brezza  azzurra degli angeli
accendevamo le illusioni
spegnevamo sotto un grezza luna
il dolore fecondo della vita.
L'amore esausto sotto le zolle.

The Wale

 

Vai Achab
stinto dalle intemperie
sulla rotta delle balene
il Pequod agganciato ad onde molli
a bordare la notte di squarci di sogni
di polle sorgive
di pallide stelle capovolte

recidi con la forbice
le primule gialle sulle prode
il ricordo dell'ultimo amore a Nantucket
il suo assillo dolce
la sua lenta nenia d’infinito
le astruse memorie in un porto di frontiera

traccia impietosi confini
arso di artigli fissi
illumina boccaporti
intreccia i capelli con le nuvole
a un sibilo di mare
nella precisione delle partiture
nella trine labili di vento

lascia cadere i baci come foglie
a bordo cuore
nel linguaggio chiaro della neve

per poi colorare la luna di porpora d'argento
le doglie del cielo
i dirupi scoscesi del tempo

e nel tuo vecchio bastimento
plasma collane di corallo
corone di rosa spina
quando la pioggia sarà alta marea
sanguinanate nell'anima e nel corpo
risacca
isola
o solo foce.

Femmine le dune.
 

Gli occhi di Alda

Erano belli i tuoi occhi
Alda
dolci come quelli dei cani abbandonati
dolorosi come il lamento degli agnelli
la vigilia della Pasqua
caldi come un nido trattenuto tra le fronde di un castagno

nascondevano sotto le ciglia
urla e risate blasfeme
incubi
solitudini precoci
il cuore umano dei mutanti

arcani
vibravano di luce cristallina
di desideri oscuri
per le strade labili della mente
nel buio che ingoiava la tua carne
impazienti nelle tue sere giocate a carte con la pazzia
in uno slargo di sole
in un sonno d'altri tempi

ammaliavano
stanchi di una travagliata vita
scossi di torpore
nascosti come rospi sotto i sassi
nello sbattere lento delle tue parole appese al vento
lame di luce percossa
naufraghi e viandanti in notti di fine inverno

gemevano alla luna
in eco al suo latrato
feriti
celati tra le ombre
fiochi di lacrime che ti rigavano il viso
nascosti in un vecchio specchio delle brame
languidi come amanti esuli

raccoglievano smarrite dolcezza
agri di amori perduti
i tuoi occhi di fiaba sussurrata
che oggi hanno visto il paradiso.

Il mio cuore stanco

E' rimasto sulla sua bocca
il mio cuore pallido
ritorto in due occhi imbronciati
ammorbato in un sogno bambino
in giorni di mare cobalto
come un disegno di sabbia fissato nel tempo
in stelle e numeri d'oro
 
e' rimasto là tra la riva e lo scoglio
in un tiepido battito d'ali
in un origami di vento
in illusori miraggi
con la blusa del giorno di festa
con un cappello del prete
ancorato a una mano distratta
a un pendolo che non ha più le ore
 
fino a fermarsi in sordina
in una fiammella d'argento
in nostalgie arrochite di sole
 
il mio cuore ormai stanco
come una madre sull'uscio
la sera.

Didone

E io sono quella con lo sguardo sottile
gli occhi chiari schiariti di sole
le mani piccole a raccogliere stelle
il cuore a saggiare l’approdo
il ventre a partorire la morte
il suo amplesso blasfemo

e lui
è quello dallo sguardo di fuoco
gli occhi d’oro e di nuvole
che vaga in una Cartagine azzurra
in silenzioso cordoglio
all’ombra di antichi guerrieri.

lo tratteggio a matita
il suo sguardo indeciso
nel lamento di un giorno d’autunno
con Tiro alle spalle
Pigmalione pellegrino sui fianchi

adesso che i nidi non hanno più uccelli
e il bosco non ha più spighe di grano.

sembro una bambina nella mia tunica bianca
sembrano rose le orme di sangue e di neve.

Sembra impossibile che sia già ora di andare.
 

Al mercato di Monghidoro

Era brulicante di vita  il mercato di Monghidoro, in una vallata stretta tra abeti e latifoglie, accovacciato tra l’edera e il muschio, all’inizio della salita. Dolce come l’oblio del tempo, con uno scampolo di sole che indugiava sulle stoffe rovesciate, sulle verdure fresche, sui lenzuoli candidi di bucato sparsi sulle bancarelle. Sono rimasti dentro di me i suoi odori, i suoi colori continuando a disfarsi e reinventarsi nello scorrere dei giorni, pesando sulle mie membra, diventando ricordi sottili di memoria bambina, dolci rimpianti d’infanzia col sapore del vino caldo. Quasi un segreto, un piacere interiore, i contorni delle cose che diventavano malinconia, le persone ormai scomparse che si trasformavano in sogni, scheggiando ineluttabili il ciclo senza sosta della vita. Iniziava quasi all’alba nel borgo sonnolento, allargandosi fino a coprire tutta la strada fino alla piazza della chiesa: rubiconde donne di campagna si affannavano a vendere galline ed uova di giornata, contadini con i pantaloni di velluto offrivano mucche o vitellini appena nati. Erano centinaia i banchi che si ammassavano l’uno sull’altro, a cominciare da quello che vendeva i chicchi grossi di caffè  tostato, a quelli che mostravano croccanti appena fatti, bastoncini a righe lunghe di zucchero caramellato. Il giovedì mattina si riempiva di un via vai incandescente, in un tempo teso al nulla, mischiato ad affari di cortile e a compere sfiziose. Ci si perdeva nelle enormi ciotole di terracotta in vendita accanto alla farmacia, e le bocce di vetro con la neve che scendeva, facevano pensare alla pigrizia ovattata dell’inverno che stava per arrivare. Luccicanti, eteree, sgusciavano dalla stoffa sottile del banco in mille forme, con i fondali popolati da pupazzi con il naso a carota, candidi e azzurri, di una dolcezza fittizia. Inebrianti nel fondo dell’acqua. Leggi tutto »

L'ultimo sguardo d'amore

L'ultimo sguardo d'amore
dorme in posa con i gatti sopra il fieno
in un delicato dolore che non tace

e' piccolo pesce
pettirosso esile dal volo incerto
a toccare il contorno impreciso del mio cuore
il mio ventre morbido

si srotola in un buio rappreso
in una piccola alba ingrata
in un ronzio di calabrone
posando i suoi occhi di farfalla
in un frontespizio nero
scomposto in un letto sfatto
in una stanza col colore della neve.

Ha le ossa dolci
mani di tempesta
un ciuffo di grano scuro
appoggiato all'albero di ciliegio davanti alla finestra

sorride della pioggia
in un canto d'Andaluz
rosso corallo.

L'ultimo sguardo d'amore
già divenuto addio.

Lo sguardo di Daniel

E' oltre l'assenza
lo sguardo di Daniel
indurito da indomite ciglia
voglioso di notti di cani randagi
avvolto da un sudario di luna

si appaga di lievi stupori
d'ambrosia e cristallo
sbilenco nel costato che freme

è lo sguardo di un cecchino crudele
nascosto in una sciarpa di vento
in un mantello di porpora scuro

è furore che passa per la cruna dell'ago
una serpe bianca nel seno
sparpagliato su rughe alla fronte
nei suoi occhi verdi di stagno
abbeverato da croci

che si posano piano
sulle perle del collo.

E sono amore crudele.

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