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piccola storia di soprusi e frullatori

ghost train - daniel j. mounsey

 

attraverso l’occhio del mio paradiso
come in un lungo treno che odora di fantasma
deponendo in un unico blocco il destino
e le armi migliori
mentre urlo di una certa personale follia
gli ultimi fuochi del disastro
contando in un unico blocco di soluzioni
le antiche contrade della storia di tutti noi
e le invincibili armate
di un pensiero già bello e spezzettato e defunto

oggi
è ora di gelato di crema e cioccolato
sogno di una difficile arte di mettermi fuori dall’oscurità
che è una galleria senza barriere che proteggono
e pertanto pronta a ricevere il crollo dei massi
oggi
è ora di ottime caramelle al miele di te
che sei la linea di demarcazione tra tragedia e dramma
forse oasi di abbracci discontinui
ma ottima pozione sulla strada della disfatta
perché oggi
sei tu che governerai l’antica prospettiva di vittoria
in un ideale di torta al mascarpone
con nocciole e noci tritate finissime
ma mai a polvere di fragilità
tu con le spatole del miglior pasticciere
montando tuorli d’uova dallo sguardo abulico
che sanno riaccendersi alla gaiezza di un forno ventilato
di questo oggi
senza moribondi e senza guarigioni miracolose
negli albumi che diventano neve fresca
delle splendide capacità del gusto
in guarnizioni colorate a festa
di farci noi ancora più felici
e sognatori

attraverso le stelle del mio unico pezzo di cuore
come provando la velocità del fantasma sulle rotaie
negli alambicchi del purgatorio
e nei conforti delle caldaie in fiamme
spaventando me stesso e tutte le fragranze della nobiltà
in questa fucina dove i fabbri invocano gli dei
e decidono le sorti della battaglia
in questa macchina della verità dove stritolo i poteri
e decido da me le strade del disinteresse
e del disimpegno dalle grandi manovre
giocando per l’ennesima volta con gli ingredienti
preferendo le bombe caloriche
agli orrori della potenza bruta
dei muri divisori
  Leggi tutto »

NOTTE D'ESTATE

Quando la luna accende
Tutte le luci del bosco
Quando ogni insetto si arrende
Alla carezza del buio
Ogni rumore si perde
Tra fili d’erba argentati
I grilli intonano
Dolci canzoni d’amore
La musica porta lontano
Tristezza e malinconia
E l’anima si libra
nell’aria come una foglia nel vento
Il pensiero si accende come faro nel buio
I sogni si schiudono
Come corolle nel sole
E imprigionano
Ricordi con invisibili ragnatele
A volte scorrono lacrime
A lavare l’anima
E quando l’alba arriva
E si riaccende il sole
Accolgo con un sorriso
Ogni nuovo giorno
 
Caterina saias

Istantanee d'autunno

Sono foglia sottile nell'ultimo volo
  Lascio un ramo che mi diede vita
Plano e volteggio in cerca di vento Leggi tutto »

Non credo .....

Non credo alle stelle
che brillano alte nel cielo
non credo alla luna
che mi guarda
con quella sua faccia piena
non credo
all'orizzonte
che non mi fa vedere chi ci sta oltre
non credo al mio cuore
che danza
in una melodia
d'amore
non credo
nel volo di un semplice richiamo
eppure sono qui
immersa
nella luce di una candela
che oscilla
tra ombre e marea
ascoltando il silenzio
di una notte misteriosa
note di una sinfonia d'amore
eppure sono qui
e non dimentico la tua dolce carezza
che accende i sensi
come tempesta
che risveglia in me
la voglia di te!

Nulla è per caso

 

Incontri.

 
Intrecci di vita, di storie diverse.
Come trame di fili sottili
abilmente intessuti
sovrapposti, accostati, poi di nuovo distanziati.
Ad arte orditi
nel compimento
d’un preciso disegno.
 

 

Quella sera, a Venezia

Ora sono qui, seduto su questa sedia stile Luigi XVI, in questo salotto dove respiro Venezia e dove tutto ciò che mi circonda me la ricorda e descrive. Sono qui, arrivato buon ultimo in punta di piedi per non recare disturbo alcuno, che mi guardo attorno e cerco di trovare una posizione meno scomoda sulla sedia. Non sono abituato evidentemente. La tazzina con il caffè che gentilmente mi è stato offerto al mio arrivo ora viene rigirata pigramente tra le dita, il caffè freddo non l’ho mai amato, è una vera schifezza. Giro lo sguardo intorno a me e vedo molte facce note, ma anche molti nuovi convenuti. Manco da tempo, si vede. Le conversazioni si intrecciano, colgo mozziconi di frasi e di argomenti. Il fastidio per la posizione innaturale assunta sulla sedia sta viepiù crescendo. Raccolgo un sorriso complice dalla padrona di casa che sta farfalleggiando impegnata tra i nuovi ospiti. Non ho profferto una parola, finora. Dopo aver cercato inutilmente un tavolino appoggio delicatamente la tazzina colma della schifezza nera gelata sul tappeto e mi alzo.
Sfoderando uno dei miei migliori sorrisi idioti saluto gli astanti con un cenno del capo, inarcando un sopracciglio e mi avvio in punta di piedi, come sempre, verso l’uscita. Sulla sedia una rosa rossa fiammeggia il mio grazie alla padrona di casa. Chiudo la porta alle mie spalle, senza far rumore. Mi accolgono le note del Rondò Veneziano provenienti da chissà dove. Ah, Venexia…
 

Non è terrestre.

se veste di madreperla
di fili d'oro ha il crine
smeraldi topazi brillanti
gli occhi
musica celeste la voce
in purezza l'anima
certo è un angelo
ma non conosce il bacio
neppure l'ombra allora
lo lascio volare via.
 

Del buio e della luce.

Che ne diresti tu
se mi perdessi all'improvviso
e scivolassi di furia repressa
mischiandomi al fango
e ti chiedessi un bacio
-umida e sporca-
solo per un assaggio di sollievo?
Ora assecondiamo la luce
che  pare ci accechi
del buio però
cosa mi dici?
 

Uno sguardo e ho capito

Lirica di Vittorio Fioravanti

In quest'ora nascosta
posso stracciarti nell'aria
fendere le tue membra aperte
bruciarti a pezzi
posso
appendere un cerchio in cielo
scompigliarti di luce i capelli
e adorarti a strati
la brezza
è un sussurro d'amante
soffre la curva nuda
giù
del tuo corpo striato
d'ombre e sospiri
amica
m'afferrasti negli occhi
andavo chino fermo incupito
sprofondandomi lento
nella pelle di certe illusioni

uno sguardo e ho capito

c'è un giorno o quest'ora
in qualunque momento
della vita di uno

ora sono qui a spiarti
la gioventù levigata e tersa
appena offerta
morsa col vigore riaffiorato
e la sete subito spenta
a spiarti mentre me ne vado
con una voglia antica di frutta
fra le fronde tra i rami
e l'orizzonte verde che chiude
con una linea di polvere
il cammino di sempre
d'una strada di terra battuta
giá bianca di sole

20 novembre 1986

ancora

vara l'epilogo di un giorno disumano
prestandoci  la pioggia da sgranare

esordirà tra poche ore l'alba
restaurando la smorfia di miseria
se l'ombra, sì, se l'ombra saprà accostarla
in primo piano, seppure non a fuoco

nessuno si accorgerà del mio andirivieni
tra cubi di rottami e le radici
con l'ennesima grotta da scavare
nel tuo mare acerbo

ancora

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