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Sguardi in abisso

 
 
Dall'abisso d'ogni sguardo
ciechi oceani cercan cieli
nello sguardo d'ogni abisso
dove cieli oceani celano
 
Baran baratri di luce
nelle oscurità impaurite
sulle superfici tenebre
bere oblii
d'un Io profondo

In abissi sguardi chiari

occhi neri di malori
raggi in diametri smarriti
dagli abbandonati amati

Negli accesi abissi bassi

ceri e fede defraudati
con imperativi privi
d'ogni florilegio
in plagio"

 

La stella che invidiava le stelle

Quella notte avevo deciso di ammirare il cielo stellato da una posizione privilegiata, seduto su di un poggio naturale lassù in montagna dove avevo acquistato una casetta. Lo spettacolo naturale era di quelli mozzafiato, che solo la montagna in stato di grazia sa donare. Ad un passo dal cielo tutto acquista una dimensione più intimistica, il respiro si cheta e lo sguardo viene inevitabilmente catturato dalla magnificenza di un cielo stellato. Stavo così, rapito, la mente sgombra da fardelli inutili, in pace con me stesso, quando fui attratto da un pianto sommesso. Era un suono flebile seppure distinguibile che immediatamente riconobbi come un pianto. Sì, qualcuno stava piangendo sommessamente accanto a me. Alquanto preoccupato, poiché reputavo esser solo, scattai in piedi, girai lo sguardo e faticosamente cercai qualche presenza nel chiarore riflesso della notte. Niente, non vi era nessuno. Sedetti di nuovo e nuovamente il pianto fu percettibile, stavolta più distintamente. Abbassai istintivamente lo sguardo e allibii. Una stella alpina proprio accanto a me stava singhiozzando disperatamente. Non credendo ai miei occhi e soprattutto ai miei orecchi mi chinai verso lei e fu allora che sentii distintamente una vocina che diceva: <<Vorrei un paio d’ali. >> Sempre più basito non seppi trattenermi e domandai <<Un paio d’ali? Come mai e cosa ne faresti, tu d’un paio d’ali?>> Mi rendevo conto che la situazione era assurda, ma la montagna fa anche di queste magie. <<Raggiungerei le mie sorelle – disse la stella – loro sì che sono ammirate e hanno vestiti brillanti che attirano sguardi. Io qui, ancorata alla terra, nessuno mi vede. >> Invano cercai di convincerla spiegandole che una stella alpina come lei era un dono meraviglioso della natura, la firma inconfondibile della sua bellezza. Niente da fare. Leggi tutto »

Seme e germoglio

 mi semina a spaglio sorrisi
come segale o frumento
sul declivio della vita
che l'accoglie incubandoli.
e sì che la nutro
leggo scrivo penso dico
la neve della riflessione
li protegge dal gelo della realtà.
a primavera allago di cielo
gli occhi della mente
cerco tra le pieghe le zolle
dell'anima i germogli attesi
nasce poco o niente
che non sia buono il seme?
 

la magia dei lontani orizzonti

è la magia dei lontani orizzonti
quella linea accecante
che confonde
le sagome nebulose dei
viaggiatori
sulle strade
sono i suoni che rotolano
in gola
per giorni e giorni
arrivando alle cime estatiche
del nord
tra gli umori delle rocce
e i latrati dei cani
ogni pietra crepita gioia
nel sole della prima
preghiera
mi chiedo chi ci sia sotto
le corolle
dei fiori coraggiosi
di gennaio
forse sono gli spiriti
dell'altopiano
e ricamo un saluto per loro
sulla brina
prima di sentirmi chiamare
in un tuono
 
 

Le mie segrete

Ho tra catene pensieri
ed in manette idee
nell’ammalata mente
d’umane condizioni
 
Recludo insegnamenti
regolamenti atavici
in vita annichilita
affetta da influenze
 
Confino con garitte
e le galere nere
stringendo lacci e nodi
d’acciaio inossidabile
Oh labirinto labile
mi tien tremando immobile
con abili comandi
d’autorità in me innata
Ho tra lucchetti il cuore
e l’anima segreta
nel cielo c’è il mio volo
lo guardo e m’innamoro
Ma annovero paure
d’oscure istanze spente
infanzie e a dolo scienze
ch’arrestano scoperte
 

Però

 
portare in tasca un mal di testa
per un sogno da nulla su lei
che ti guarda spesso come non ci fossi
raccapezzare un letto sfatto
da incontinente voglia d'averla
farà di questa giornata
una fottuta ragnatela appiccicosa.
così te la porti al mare, l'emicrania
l'onde agli scogli montano schiuma
scricchiolano le conchiglie
sotto i passi distratti lungo riva
la cornacchia vola dalla carcassa
gracchiando disturbata.
la brezza salsa fruga tra i capelli
e le falde dell'impermeabile
il sole che bacia senza scaldare
spinge lo sguardo verso l'orizzonte
infinito lontano e s'apre l'anima.
quanto è grande l'universo
e tutto mi sfiora mi prende e si dà
non è perduta l'immensità di esserci
...se ci fosse lei...
 
 

Livorno

 
certe volte siedo ancora
sulla spalletta del fosso (*)
stesso posto come cent'anni fa
a rimembrar la stessa gente passare
portando vecchi fardelli pesanti
borbottando tra se imprecando
e qualche importuno schiamazzo
scappare via a volo passero radente
quotidiane faccende in ciabatte
delle donne ai banchi del pesce
le giacche a spalla dei portuali
giù dal turno, abbottonati quelli
che andavano a montare sul trasto
lenti scricchiolare i navicelli (*)
imprigionati alle banchine
sfregandosi per le spinte d'onda
di qualche barca a motore
verso la darsena della fortezza vecchia
il grido gioioso di finto spavento
d'una madre che rincorre un elfo
irridente mezzo nudo inzaccherato
che finge d'essere imprendibile.
 
(fosso=canale; navicello=barcone da scarico)

In vita.

Se qualcuno di voi crede che il tempo si perda
causa orologi stanchi delle solite ore
ne faccia partecipe la corporazione delle lancette
a cui si consente un minutaggio a sbafo;
nel dubbio scelga le meridiane,
perchè il sole da ere - non da ieri - fa un buon lavoro
né alcunchè lamenta.
 
Io per parte mia lascio che il respiro mi guidi
e finchè mi traina la voglia dell’aria, godrò la vicenda del sonno
alternato; opportuno alla coscienza di me.
 
Non devo più adattare i vestiti
né rammendare idee:
 
ora è il momento di ridere forte
in vita di qualsiasi sorte.

Gennaio

PICT0071
 
Sordo è il buio delle mattine
di gennaio, trabocca sonnolenza,
m’attira come se sprofondassi
nell’oblio.  Quando non ho difesa,
una corrente di immagini piena
e calda e di pensieri mi trascina
come il guinzaglio un cane frettoloso.

Avrei potuto essere un poeta

Avrei potuto essere un poeta
invece di ritrarmi e aver paura
stillare versi come resina dai pini
invece di persi sguardi e dardeggianti
 
Ma d'altronde
 
              ci sarebbe voluto coraggio
a guardare ciò che scrivo e dire
 
- eccomi, questa sono io
nient'altro che questo
qualche segno indecifrabile
che avrete già dimenticato
 
 
NOTA
Scrive Nelly Sachs a Paul Celan: "Vi è in me, vi è sempre stato in me con ogni mio respiro, la fede in un'attività cui siamo stati chiamati: impregnare di dolore la polvere, darle un'anima. Io credo in un universo invisibile nel quale inscriviamo ciò che abbiamo inconsapevolmente compiuto. Sento l'energia della luce che fa scaturire la musica delle pietre e soffro per la freccia della nostalgia, la cui punta ci colpisce subito a morte e ci spinge a cercare al di fuori, là dove l'insicurezza comincia a sciacquare via ogni cosa".
 

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