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Notti ruggenti ai Tropici

panama bianco a difendere lo sguardo
sigaro avana tra le labbra sorridenti
daiquiri di ottimo rum sul tavolino
ti sto aspettando alla Bodeguita del Medio

[adesso sarei lì se non fosse
che il volo per l’Avana è in gran ritardo
così, attendendo il prossimo volo
sto rileggendo Tropico del Cancro]

la pista della darsena è quasi vuota
tutti i gabbiani ormai son decollati
lascio la panchina davanti al molo
anche per stanotte berrò il rum da solo
 
[un panama sgualcito sul mio letto
ricorda tropici di sole arroventato
il rum di là in cucina s’è svaporato
e ormai non fumo più da tanto tempo]

 

Quello è Dio

E' una notte coi guanti di lana
appoggiata alla fontana in centro
                      s'allunga la luce del lampione
                                                           appena appena

nevica sulla chiesa
               sui cappotti abbottonati al collo

ricordo il bianco dell'abbaino
                            il crepitio che fa l'amore
e so

          che quello è Dio

Manuela
 

Venti dieci gennaio

Venti dieci gennaio
quest’erba bruciata, il gelo
che l’ha incenerita
è festa è festa, un carminio di festa.
 
Aspettammo a lungo la luna che venne
venne quando dormivamo
batté ai vetri
ai nostri che erano nudi
 
amica
nemica
così, come una notte brillante che passa
 
 
 
 

Zampa Gialla

il tuo grido acuto stanotte mi ha svegliato
come uno stridio dolente, un verso lacerato
mi sono affacciato, di  lassù c’era poca luce
ho gettato uno sguardo riconoscendo la voce

ti ho visto volteggiare, gabbiano triste e solo
un urlo di rabbia e sfida e hai ferito il cielo
a presto, zampa gialla, attendo il tuo ritorno
andare insieme a te incontro al nuovo giorno

volteggiare a larghi cerchi sopra il poggiolo
svegliare il vecchio insonne che scruta il molo
che urla alla luna attonita tutto il suo dolore
per aver il piombo ai piedi e non poter volare

 

Quelli shick al bar del corso

chissà perché mi do pena continua
per quello che succede intorno
quasi avessi una sola possibilità
di porvi un qualche rimedio.
Incombe la tenebra nella notte
e alieno stanco nasce il giorno
allora - forse - è meglio andare
per queste strade vuote d'anima ma
piene di gente svagata impassibile
con una tascata di giuggiole mature
succhiarne il dolce succo
e sputare i noccioli sui cappellini
alla moda sui calzoni falsovecchio
di quelli seduti sul mondo
al bar shick del corso principale.
 

rovo

Ma tu, da dove sei,
lo senti come si strugge
la radice del rovo sotto la neve?
Lo senti quel suono dolcissimo
al di là dell'imbrunire?
E' una nenia che odora di terra.
Io ti canto a me.
Tornerà la rondine
a mangiare le mie more

 

 

L'aula di disegno dal vero

 
La vita è come il sole
se ne sta lì coi pianeti intorno
una grande aula piena d’artisti in erba
che imparano a guardare e a disegnare.
 
Al posto di bottiglie dalle fogge strambe
ma anche di busti antichi e marmi assai pregiati
ci sono avvenimenti e accesi sentimenti
fiori dalle aguzze spine perfino a volte belli.
 
Immobili si lasciano osservare
amare e anche odiare
creando l’illusione che siano sempre diversi
e invece siamo noi  che girando loro intorno li vediamo tali.
 
Ed è così che ben presto c’accorgiamo
che il pugno in pancia non fa più male
ma solo perché cambiando postazione
la luce ce lo mostra da un’ulteriore angolazione.
 
tiziana mignosa
gennaio 2010

L'ebreo di Gaza

Ho visto l'Ebreo a Gaza
la sua chitarra
piena di adesivi
d'altri lidi e terre.
Ho visto la sua donna
scura come ebano
accompagnarlo tra i detriti
e la polvere dei bambardamenti.
Il bene il male
i perseguitati e i persecutori
scambiano a volte i ruoli
così cantava
l'ebreo di Gaza.
Le bombe al fosforo
dilaniavano le carni
e sparavano ai contadini
anche nei campi.
L'ebreo di Gaza cantava,
ma non l'ho visto
resuscitare i morti,
ma l'ho visto
seppellirli nel campo
delle promesse.
E la sua donna
a baciar feriti,
a metter bende,
pulendo pus
e occhi piangenti.
Un prete,
dalla tonaca nera
tra Hamas e una mongolfiera
con il suo crocifisso
a benedire.
L'ebreo, tra una nota
e uno spartito
prese il crocifisso
e ridendo disse
alla fine al prete,
non è che mi somiglia molto.
Lui non capì
la sua donna rideva
ed io con lei,
perchè Maddalena
ha la pelle d'ebano
e voce sincera.

Ho sgommato

Ho sgommato a manetta fino ai bordi
di mia lurida e fantastica esistenza
per incrociare i vostri occhi
Afrodite di favola milesia
esala profumo d’asfalto
contro arazzo gotico fiammante.
Quar en barzan no us enverse
Madonna, nulla me lo impedisce
ispirata, dettate a me
strazi di labbra mangiate
pesca maleducata
vi assaggio, regredito pisquano,
perduto fra un asterix e il mahabharata.
 
 
(il settimo verso è preso da "Ar s' espan la flors enversa", di Raimbaut d'Aurenga; colonna sonora, “Born To Be Wild”, degli Steppenwolf)
 

(di) Bambola Evocata

credevi...
che forse non potevo essere in grado di dire fare lettere e baciare
che era tutto un copione che mi studiavo la mattina tra il caffè e lo spazzolino
che non mi piacesse vederti ridere e saperti felice
che non mi fregava quando ponevi delicatamente attenzioni sulle mie palpebre
di non avere abbastanza senso per permettermi di capire quanto mi volevi bene
che non ero fragile e sensibile quanto basta per essere dolce e tenera
che non ero abbastanza abbastanza abbastanza
che sarei cambiata e trasformata in premurosa geisha tuttofare
che se non piangevo era perchè non sentivo nulla
credevi e ci credevi tanto alla storia dell'algida e disinteressata
della fredda e indifferente
della cinica ed egoista
di plastica e metallo
silicone che scorreva nelle cavità del mio cuore
ci credevi alla follie di cui mi nutrivo
che un giorno sarei morta bruciata
fumo nero e sgradevole come barbie sul girarrosto
senza peso che agisce agisce agisce
senza respiro
pellicola
pellicola
e ancora pvc
avvolgimi
ora
stringi con il nastro adesivo di tela nera
legami polsi e caviglie
e buttami
buttami
dopo l'uso
si butta
l'oggetto
la polvere
le cicatrici
i ricordi
le sensazioni
e da buttare via la mia pelle
non pensarci più
( mi farai sapere un giorno quanto mi vuoi bene?)

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