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Quelli shick al bar del corso

chissà perché mi do pena continua
per quello che succede intorno
quasi avessi una sola possibilità
di porvi un qualche rimedio.
Incombe la tenebra nella notte
e alieno stanco nasce il giorno
allora - forse - è meglio andare
per queste strade vuote d'anima ma
piene di gente svagata impassibile
con una tascata di giuggiole mature
succhiarne il dolce succo
e sputare i noccioli sui cappellini
alla moda sui calzoni falsovecchio
di quelli seduti sul mondo
al bar shick del corso principale.
 

rovo

Ma tu, da dove sei,
lo senti come si strugge
la radice del rovo sotto la neve?
Lo senti quel suono dolcissimo
al di là dell'imbrunire?
E' una nenia che odora di terra.
Io ti canto a me.
Tornerà la rondine
a mangiare le mie more

 

 

L'aula di disegno dal vero

 
La vita è come il sole
se ne sta lì coi pianeti intorno
una grande aula piena d’artisti in erba
che imparano a guardare e a disegnare.
 
Al posto di bottiglie dalle fogge strambe
ma anche di busti antichi e marmi assai pregiati
ci sono avvenimenti e accesi sentimenti
fiori dalle aguzze spine perfino a volte belli.
 
Immobili si lasciano osservare
amare e anche odiare
creando l’illusione che siano sempre diversi
e invece siamo noi  che girando loro intorno li vediamo tali.
 
Ed è così che ben presto c’accorgiamo
che il pugno in pancia non fa più male
ma solo perché cambiando postazione
la luce ce lo mostra da un’ulteriore angolazione.
 
tiziana mignosa
gennaio 2010

L'ebreo di Gaza

Ho visto l'Ebreo a Gaza
la sua chitarra
piena di adesivi
d'altri lidi e terre.
Ho visto la sua donna
scura come ebano
accompagnarlo tra i detriti
e la polvere dei bambardamenti.
Il bene il male
i perseguitati e i persecutori
scambiano a volte i ruoli
così cantava
l'ebreo di Gaza.
Le bombe al fosforo
dilaniavano le carni
e sparavano ai contadini
anche nei campi.
L'ebreo di Gaza cantava,
ma non l'ho visto
resuscitare i morti,
ma l'ho visto
seppellirli nel campo
delle promesse.
E la sua donna
a baciar feriti,
a metter bende,
pulendo pus
e occhi piangenti.
Un prete,
dalla tonaca nera
tra Hamas e una mongolfiera
con il suo crocifisso
a benedire.
L'ebreo, tra una nota
e uno spartito
prese il crocifisso
e ridendo disse
alla fine al prete,
non è che mi somiglia molto.
Lui non capì
la sua donna rideva
ed io con lei,
perchè Maddalena
ha la pelle d'ebano
e voce sincera.

Ho sgommato

Ho sgommato a manetta fino ai bordi
di mia lurida e fantastica esistenza
per incrociare i vostri occhi
Afrodite di favola milesia
esala profumo d’asfalto
contro arazzo gotico fiammante.
Quar en barzan no us enverse
Madonna, nulla me lo impedisce
ispirata, dettate a me
strazi di labbra mangiate
pesca maleducata
vi assaggio, regredito pisquano,
perduto fra un asterix e il mahabharata.
 
 
(il settimo verso è preso da "Ar s' espan la flors enversa", di Raimbaut d'Aurenga; colonna sonora, “Born To Be Wild”, degli Steppenwolf)
 

(di) Bambola Evocata

credevi...
che forse non potevo essere in grado di dire fare lettere e baciare
che era tutto un copione che mi studiavo la mattina tra il caffè e lo spazzolino
che non mi piacesse vederti ridere e saperti felice
che non mi fregava quando ponevi delicatamente attenzioni sulle mie palpebre
di non avere abbastanza senso per permettermi di capire quanto mi volevi bene
che non ero fragile e sensibile quanto basta per essere dolce e tenera
che non ero abbastanza abbastanza abbastanza
che sarei cambiata e trasformata in premurosa geisha tuttofare
che se non piangevo era perchè non sentivo nulla
credevi e ci credevi tanto alla storia dell'algida e disinteressata
della fredda e indifferente
della cinica ed egoista
di plastica e metallo
silicone che scorreva nelle cavità del mio cuore
ci credevi alla follie di cui mi nutrivo
che un giorno sarei morta bruciata
fumo nero e sgradevole come barbie sul girarrosto
senza peso che agisce agisce agisce
senza respiro
pellicola
pellicola
e ancora pvc
avvolgimi
ora
stringi con il nastro adesivo di tela nera
legami polsi e caviglie
e buttami
buttami
dopo l'uso
si butta
l'oggetto
la polvere
le cicatrici
i ricordi
le sensazioni
e da buttare via la mia pelle
non pensarci più
( mi farai sapere un giorno quanto mi vuoi bene?)

Sguardi in abisso

 
 
Dall'abisso d'ogni sguardo
ciechi oceani cercan cieli
nello sguardo d'ogni abisso
dove cieli oceani celano
 
Baran baratri di luce
nelle oscurità impaurite
sulle superfici tenebre
bere oblii
d'un Io profondo

In abissi sguardi chiari

occhi neri di malori
raggi in diametri smarriti
dagli abbandonati amati

Negli accesi abissi bassi

ceri e fede defraudati
con imperativi privi
d'ogni florilegio
in plagio"

 

La stella che invidiava le stelle

Quella notte avevo deciso di ammirare il cielo stellato da una posizione privilegiata, seduto su di un poggio naturale lassù in montagna dove avevo acquistato una casetta. Lo spettacolo naturale era di quelli mozzafiato, che solo la montagna in stato di grazia sa donare. Ad un passo dal cielo tutto acquista una dimensione più intimistica, il respiro si cheta e lo sguardo viene inevitabilmente catturato dalla magnificenza di un cielo stellato. Stavo così, rapito, la mente sgombra da fardelli inutili, in pace con me stesso, quando fui attratto da un pianto sommesso. Era un suono flebile seppure distinguibile che immediatamente riconobbi come un pianto. Sì, qualcuno stava piangendo sommessamente accanto a me. Alquanto preoccupato, poiché reputavo esser solo, scattai in piedi, girai lo sguardo e faticosamente cercai qualche presenza nel chiarore riflesso della notte. Niente, non vi era nessuno. Sedetti di nuovo e nuovamente il pianto fu percettibile, stavolta più distintamente. Abbassai istintivamente lo sguardo e allibii. Una stella alpina proprio accanto a me stava singhiozzando disperatamente. Non credendo ai miei occhi e soprattutto ai miei orecchi mi chinai verso lei e fu allora che sentii distintamente una vocina che diceva: <<Vorrei un paio d’ali. >> Sempre più basito non seppi trattenermi e domandai <<Un paio d’ali? Come mai e cosa ne faresti, tu d’un paio d’ali?>> Mi rendevo conto che la situazione era assurda, ma la montagna fa anche di queste magie. <<Raggiungerei le mie sorelle – disse la stella – loro sì che sono ammirate e hanno vestiti brillanti che attirano sguardi. Io qui, ancorata alla terra, nessuno mi vede. >> Invano cercai di convincerla spiegandole che una stella alpina come lei era un dono meraviglioso della natura, la firma inconfondibile della sua bellezza. Niente da fare. Leggi tutto »

Seme e germoglio

 mi semina a spaglio sorrisi
come segale o frumento
sul declivio della vita
che l'accoglie incubandoli.
e sì che la nutro
leggo scrivo penso dico
la neve della riflessione
li protegge dal gelo della realtà.
a primavera allago di cielo
gli occhi della mente
cerco tra le pieghe le zolle
dell'anima i germogli attesi
nasce poco o niente
che non sia buono il seme?
 

la magia dei lontani orizzonti

è la magia dei lontani orizzonti
quella linea accecante
che confonde
le sagome nebulose dei
viaggiatori
sulle strade
sono i suoni che rotolano
in gola
per giorni e giorni
arrivando alle cime estatiche
del nord
tra gli umori delle rocce
e i latrati dei cani
ogni pietra crepita gioia
nel sole della prima
preghiera
mi chiedo chi ci sia sotto
le corolle
dei fiori coraggiosi
di gennaio
forse sono gli spiriti
dell'altopiano
e ricamo un saluto per loro
sulla brina
prima di sentirmi chiamare
in un tuono
 
 

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