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Al mercato

Brulicare in andirivieni
senza senso direzionale
in un brusio sommesso
e struscìo di suole a migliaia
interrotto qua e là da voce
professionale amicale e
ruffiana intorno a minime cose
"signo' so' rosse come sangue
l'arance / come miele i mandarini"
accanto a "5 paia di calzini a 5 euro"
in continuazione
nel caotico muoversi tra banchi
dai colori accesi naturali e tinti
urti intoppi e subito impersonali
"permesso - scusi - fa niente - prego
oh! chi si vede - come stai - e la mamma?"
passare e ripassare come a cercare
non trovare e continuare a guardare
e camminare
sbattere pestare urtare inciampare
poco o niente comperare
non importa - serve a non pensare.
 
 

La piazza dei gigli.

 Tutti coloro che vollero la piazza dei gigli
portarono una stoffa bianca
per parlare.
 
Quando si raccolsero insieme,
sventolarono una idea muta che capì anche il vento
passandovi accanto.
 
I contrari non erano al bar, né si dettero per vinti.
 
Cominciò il mormorio da un caso di sollecitudine:
i bimbi avevano innocenze nette;
quelle donne di paese li spinsero a piantarla.
 
Nessuno - e mi si creda: nessuno! - obbiettò sulle fontane;
aspettando le tenebre,
si raccontarono l’innaffiatura di un domani.
 
I contrari, poi, tutto negando, e ancor più adducendo ragioni di luce,
accecarono la notte aggredendola nel buio.
Non si potè quindi il giorno seguente, né il successivo, o il mese del sole;
e fu sempre sera:
per anni
e, forse, ieri.
 
Ora, i bambini della piazza dei gigli,
non possono i giochi dei prati:
con le verdi cortecce stanno alle aiuole
come alberi mancati
 
esposti agli arnesi.

Silenzio

 
Silenzio
fischio lontano
che scheggia il cielo
in notti sospese

la lingua

 saetta pronta
quando è estratta 
per colpire,schiocca
incessantemente
sugli accenti.
ma gusta e pregusta
per un intero ciclo
il sapere ed il sapore

L'amido delle patate raccoglie gli spiriti

La dove le patate aprono la strada
siluri di carne bollono lenti
mi straziavano quelle parole
lontano il sole faceva capolino
erano i giorni della merla
il freddo s'insinuava tra gli anfratti delle rocce
scoscese a mirare il mare nella lenta risacca
eremi i nidi frettolosi dei gabbiani
ancorati alla roccia
privi di dettami, di ombre di lotta
i falò che scaldavano le celle del corpo
antichi rigori trapassati
latenti
nei sogni declini al sorriso
erano i giorni più freddi
i palcoscenici dei nostri amori
soli e densi
come il gnocco di febbraio
 
 
 

di mistero e di domani

cercata  la meraviglia nelle pieghe
di un destino
 i vestiti  sul lungomare
a svolazzare in bianco e nero
 mentre i treni passavano tra le palme
a dirci addio
 le luci sulla terrazza tremolavano
canzoni
 
era l'odore del sesso sulle mani
che tornando a casa sapeva di
mistero
e dei nostri  inafferrabili
perdoni 
 
 
 

Tra un momento spegnerò la luce

 
Sono le undici passate.
Fra un momento spegnerò la luce.
Sono seduto sul ciglio del mio letto.
Fra un momento sarà tutto buio.
 
E' come quando sono seduto sul bordo della mia barca, coi piedi già in acqua, le bombole sulla schiena, la maschera ed il boccaglio stretto fra i denti.
 
Spengo la luce. Mi lascio cadere di fianco, adagio la testa sul cuscino. Mi copro.
Le lenzuola un po' fredde. Mi rilasso.
 
Un colpo di reni e salto giù. L'acqua inevitabilmente fredda al primo impatto.
Un ultimo controllo alle attrezzature, una capriola, scendo.
Sono un po' teso, come ogni volta. Pochi attimi e mi rilasso
 
Gli occhi restano spalancati, fissi a guardare nel buio.
Quale immensità è il buio. Mi sento piccolo piccolo.
Penso.
Mi sembra di essere immerso nell'infinito.
 
Gli occhi spalancati, continuo la mia immersione.
Quale immensità sento intorno a me. Mano mano è sempre più scuro.
Il campo visivo sempre più ristretto, si riduce al cono di luce delle mie lampade.
Mi sento sempre più piccolo.
Ho l'impressione di essere inglobato nell'infinito
 
Entità troppo grande per la mia stanza e la mia mente, c'è da perdersi.
Il mio sguardo avanza instancabile scansando stelle e pianeti, ma è come camminasse in senso opposto su una scala mobile.
Un minimo di angoscia.
 
Mi sento sospeso nel nulla, un frammento di meteorite nello spazio.

Ruscello

 
gorgogliando s'avvolge
ai ciottoli, passa tra sassi
li scavalca e sgocciola oltre
stretto nella gorgia di pietre
si fa cascatella e si tuffa
nella piccola pozza
bliip blop bliip bluc
sconvolge una foglia
rivoltandola più volte
la lascia prigioniera
d'un ramo sommerso.
in piccoli gorghi
accelera friggendo
e bolle d'aria emergono
raggruppandosi e poi
filano via alla spicciolata
quasi incorsa tra loro.
afferra un giunco basso
lo sommerge e fa scodinzolare
quando si libera e si scuote
cadono sul filo perle brillanti
plin plic ploc pluc.
 

Calici d'inverno

L’arida terra
beve dalle tue labbra
calici infranti.
 

ombre

fumò hashish di contrabbando
misto a tabacco biondo
il grigio le scuoiò i polmoni
squagliandole il cervello

 

poi furono ombre
capovolte leggi di natura
spreco di mimose
sull'altare del cielo
e la luna
un' ostia senza bocca
buttata sul selciato

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