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Il vernacolo pisano

Il vernacolo è una lingua naturale, la lingua madre degli abitanti di una località. E quello pisano, secondo quanto scritto da Dante Alighieri è uno dei cinque fondamentali vernacoli dell’area linguistica della Toscana, che ha profonde e antiche radici in questo pezzetto di terra dove è nato a immagine e somiglianza della gente del luogo ove si esprime.
 
Infatti a Pisa, città di studi, d’arte, di nobili tradizioni si parla un vernacolo che pur tenendo conto della sua matrice popolare, mai scade nel becero. E' il vernacolo che si scrive , quello della battuta di spirito, che al pisano non manca e quando ci vuole ce la mette, ma è anche il vernacolo della protesta a viso aperto o della sottile ironia, quando le cose non vanno come dovrebbero; è quello tenero e struggente dei ricordi, degli affetti familiari, della nostalgia per una Pisa che fu grande ed irripetibile.
 
Anche Renato Fucini, maremmano di nascita, subì il fascino di questo particolare mondo, tutto pisano di dire le cose.
Dopo aver peregrinato per la Toscana, fatta esperienza delle diverse parlate decise di scrivere I suoi celebri sonetti in vernacolo pisano, dando così il via a una letteratura vernacola che ha una sua dignità e che pur avendo superato di gran lunga il secolo di storia è tutt’ora straordinariamente vitale.
 
Il vernacolo è un linguaggio che molti pisani ancora sentono sulla pelle e che consente loro di dire quel qualcosa che hanno da dire nel modo in cui lo sentono e ,lo vogliono dire…
(Athos Valori)
 
Ar vernàolo, a questa lingua antìa,
io provo a fanni ‘na radiografia.
Per noi pisani, tanto pe’ chiarì,
è la parlata ‘he si parla ‘vi
inventata da noi tant’anni fa.
E ‘n modo tutto nostro di parlà,
di dì le ‘ose ‘ome le voi di’,
di sputà ‘r rospo! D’un tenèllo lì!
Io l’ho ‘mparata da mì mà e mì pà
senza bisogno di stalla a studià :
a me è bastato di stalli a sentì!
La Ci, come si sa, si fa sparì’,
ci garba l’Erre, ‘r Sì si fa sonà’.
E c’è quer nun so che che ni si dà’!...
Se quello gliè di ‘vi e ni dà la via
‘un è ‘na lingua, gliè ‘na sinfonia
 
. A dà’ retta a ‘n gruppetto di briai
sta per morì’, ma…nun morirà mai! (Athos Valori)
 
Questa lirica, riferita al vernacolo pisano, narra d’ una lingua antica e d’un modo di parlar chiaro. Il vernacolo si apprende nell’infanzia , ascoltando parlare i propri genitori. Sue caratteristiche sono la sparizione della lettera C nella pronuncia ed il rafforzamento della lettera R. Nell’insieme, il vernacolo, ha i toni d’una sinfonia. Dicono che morirà, ma ciò non succederà mai
 
 
Comica
 
Mentre è ‘n portrona a legge’ ‘r giornale, un omo vede la su’ bimba piccina “Babbo”, ni hiede ‘ncuriosita “ ha detto la TV che li scapoli son guasi sempre magri, ner mentre l’omini sposati sono grassi. O come mai?” Lui sospira, posa ‘r giornale, guarda la su’ moglie dilà ‘n cucina ‘he rigoverna…”Ora te lo spiego, bimba mia. Devi sapè che la sera, quando lo scapolo torna a casa, prima di tutto va a guardà ner frigo, e siccome ‘un ci trova nulla di bono, va a letto. Lo sposato, ‘nvece, guarda prima di tutto cosa c’è nel lettto, eppoi va a aprì ‘r frigo”

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