Sì, ma non si può! Uno fa uno spettacolo in una delle più rinomate café library del centro e nel dopo si rifocilla sfogliandosi una Szimborska, un Lucarelli o un Mac Cormack; e si trova la tipa che gli serve la caipirinha, mora, jeans attillatissimi e risparmiosissimo corpetto nero allacciato a fatica stile café chantant, pelle abbronzata cioccolato, fianchi adipeggiandi il giusto e in ampia mostra per produrre un sufficiente ondeggiare tremolante arabo alle notti d’oriente, che si balla una techno batucada ancheggiando come un’ossessa tra una pausa e l’altra della produzione del cocktail. Che il Picaro non sa come trattenere la bava che gli scende copiosamente, e la sua collega di palcoscenico, venuta da Milano, che gli dice: “Cavolo, ma Torino è veramente una città raffinata, piena di insospettate offerte e attrazioni”. (Sti cazzi! Per forza! Adesso il Nostro proporrà una gestione beni culturali d’avanguardia alla Biblioteca Nazionale Universitaria. Prestazioni lap dance nell’attesa, al banco consultazioni e prestiti). Ma sì, è chiaro, bisogna ampliare e articolare l’offerta culturale e turistica con appropriate strategie di merchandising e intrattenimento. Proporre un gemellaggio Las Vegas - Torino? Ramblas – Murazzi? Montparnasse – San Salvario? Comunque è una grande vittoria vedere i pellegrinaggi milanesi sotto la Mole, i giapponesi che si fanno le foto davanti alle vetrine di Benetton e Armani in Via Roma, il giornalista di Glasgow che ti decanta Vallette e Falchera come aree di potente materia di ispirazione thriller hard boiled. Eugene Sue sconvolse il suo secolo coi “Misteri di Parigi”. Il David Martin de “L’ombra dell’angelo” di Zafon scrive i grandguignoleschi “Misteri di Barcellona”. Venusia, Sasha e Ramona, le tre stangone trans operanti sul corso vicino casa, saranno i ghost writer ufficiali del Nostro nella stesura de “I misteri di Torino”.
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