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Compendio di Metrica di Lorenzo Bacco

Parlare di Lirica contemporanea  è come immergersi in un mare di eccelsi sentimenti e di profonde espressioni dell’animo che sgorgano fluidi dalla mente del Poeta, almeno così mi succede, quando d’improvviso un lampo s’accende nel cuore, osservando un’immagine oppure un angolo di mondo che si apre allo sguardo, mentre il logos della Ragione si avvinghia al canto della melodia fantastica, dando luogo  in un baleno a canzoni, sonetti e metriche orientali, versi dettati  dalla cosiddetta ispirazione, sorretta quest’ultima, anche, da un Tema Settimanale. Temi che, a dire il vero, sono presenti settimanalmente sui Social Network o sui vari Salotti Letterari e poichè nulla è al caso, è d’uopo immergersi nella stesura di un testo poetico nella consapevolezza  di conoscere la grammatica italiana, la sintassi per capirsi e farsi capire dal lettore, obbligo soprattutto per coloro che scrivono sui blog  personali  o multiblog comunitari. Osservando la struttura delle poesie che giornalmente  si leggono in tempo reale, si nota la stesura in versi liberi, dettati dalla propria immaginazione o fantasia, l’immagine mentale che si costituisce soltanto in seguito al processo percettivo, compiuto con i sensi esterni, senza, peraltro, trascurare coloro  che, memori degli insegnamenti scolastici e delle memorie dei grandi poeti, scrivono poesie non tralasciando i ritmi ed i metri, le corrispondenze, le rime e le metafore o le figure retoriche, i cui parametri  sono presenti numerosi  nei glossari e nei libri di metrica stilistica.
Secondo i manuali di Letteratura Italiana, la metrica è la struttura letteraria di un componimento poetico che ne determina il ritmo e l'andamento generale: la critica letteraria, analizzando una parte significativa della produzione poetica, stabilisce i  canoni categoriali, significativi e ricorrenti che classificano la composizione dei versi e delle strofe.
Nella poesia greca e latina la metrica era fondata sulla quantità (brevità o lunghezza) delle sillabe (metrica quantitativa); nelle moderne lingue anglosassoni si basa sulla rima e alternanza degli accenti (metrica accentuativa); nelle lingue romanze su rime, accenti e numero delle sillabe.
Sempre con il termine metrica si indica anche quella particolare branca della scienza filologica che si occupa dello studio di queste strutture.
La poesia, dunque, è l’arte di usare, per trasmettere un messaggio, il significato semantico delle parole insieme al suono e il ritmo che queste imprimono alle frasi, quindi, ha in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere emozioni  e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa. Una poesia non ha un significato necessariamente e realmente compiuto come un brano di prosa, o meglio, il significato è solo una parte della comunicazione che avviene quando si legge o si ascolta una poesia;  l'altra parte non è verbale, ma emotiva, dettata meramente dall’affetto e dal sentimento e a dirla con Foscolo nella “corrispondenza di amorosi sensi” (dei Sepolcri).  Poiché la lingua nella poesia ha questa doppia funzione trainante di significato, di suono, di contenuto, di informazione, di emozione, la sintassi e l'ortografia possono subire variazioni (le cosiddette licenze poetiche) se queste risultino utili ai fini della comunicazione complessiva.
A questi  due aspetti della poesia se ne aggiunge un terzo quando , anziché essere letta direttamente, viene ascoltata:  con il  linguaggio del corpo ed il modo di leggere,  il lettore interpreta il testo, aggiungendo una dimensione teatrale. Non dimentico le interpretazioni magistrali di famosi attori che hanno letto La Divina Commedia o parte di Essa.
Queste strette connessioni  fra significato e suono rendono difficoltosa la traduzione di  una poesia in lingue diverse dall'originale, perché il suono e il ritmo vanno irrimediabilmente perduti , dovendo  essere sostituiti da un adattamento nella nuova lingua, che in genere è solo un'approssimazione.
Secondo il Filosofo Benedetto Croce, La Poesia solo in piccola parte si trova negli innumerevoli libri detti di poesia e ancora, ci ritroviamo nell’affermazione di Ralph  Waldo, saggista e critico statunitense, secondo il quale,  “Solo la Poesia ispira la Poesia”
E  ne sappiamo qualcosa Noi del multiblog, nonché Salotto Letterario  Rosso Venexiano,  quando ci ispiriamo ai versi di un Poeta .
A proposito dei versi  e delle sillabe :
Un verso di una poesia è la sua unità ritmica principale e corrisponde a grandi linee ad una riga: la lunghezza del verso determina il ritmo, lento per versi lunghi, veloce per versi corti. I versi si classificano per il numero delle sillabe di cui sono composti:  nella lingua italiana si hanno dieci tipi di versi, di cui cinque parisillabi (2, 4, 6, 8 o 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9 o 11 sillabe).
In ogni verso, il ritmo della lettura è dato dagli accenti più forti, che per questo vengono detti ritmici: il tipo di verso, più che dalla lunghezza in sillabe (che può anche variare: vedi i versi ipèrmetri e ipòmetri) è definito soprattutto dalla posizione degli accenti forti al suo interno.
I versi tradizionali italiani sono:
  • il bisillabo o binario o bisillabico, verso che ha un accento ritmico sulla prima sillaba;
  • il trisillabo o trisillabico, verso che ha un accento ritmico sulla seconda sillaba;
  • il quaternario o quadrisillabo, o quadrisillabico, verso con accenti sulla prima e sulla terza sillaba;
  • il quinario o pentasillabo, verso in cui gli accenti ritmici cadono sulla prima o seconda sillaba e   sulla quarta;
  • il senario,  verso con gli accenti ritmici sulla seconda e sulla quinta;
  • il settenario,  verso che ha il primo accento ritmico mobile, che può cadere su una qualsiasi delle prime quattro sillabe, mentre il secondo accento è fisso sulla sesta sillaba;
  • l’ottonario,  verso con gli accenti sulla terza e sulla settima sillaba;
  • il novenario o enneasillabo: da qui in poi sono necessari tre accenti ritmici anziché due soltanto, per l'accresciuta lunghezza dei versi: gli accenti ritmici del novenario cadono sulla seconda, quinta e ottava sillaba;
  • il decasillabo,  verso con accenti sulla terza, sesta e nona;
  • l’endecasillabo, con un solo accento obbligato, sulla decima sillaba, mentre gli altri due possono presentarsi in varie posizioni, mentre uno può addirittura mancare.
né più nel cór mi parlerà lo spìrto (4a, 8a, 10a)
delle vergini Mùse e dell’amóre, (6a, 10a)
unico spìrto a mia vìta ramìnga (4a, 7a, 10a)
...
(Ugo Foscolo, Dei Sepolcri)
Altri tipi di versi sono
  • Il dodecasillabo,  con tre accenti, quarta, ottava, undicesima
  • Versi sciolti , generalmente endecasillabi, che pur rispettando la misura, non sono legati alla rima
A seconda del tipo di parola con cui  termina il verso si ha il  verso piano, sdrucciolo o tronco: piano se termina con una parola piana (accento sulla penultima sillaba) sdrucciolo se termina con una parola sdrucciola (accento sulla terz'ultima sillaba) e tronco se termina con una parola tronca (accento sull'ultima sillaba). Più l'accento è vicino alla fine del verso, tanto più il ritmo viene marcato.
Nel  verso,  la scansione delle sillabe metriche è regolata da alcune leggi che riguardano le vocali, nelle loro associazioni o nella loro contiguità fra le parole.
Le associazioni nelle parole riguardano
I dittonghi, i trittonghi e lo iato
Il dittongo è l’insieme di due vocali che formano una sola sillaba
Chiu/de/re/   i u  due vocali deboli di cui u è accentata
Il trittongo è l’insieme di tre vocali che formano una sola sillaba
Miei, tuoi, suoi, fi/gliuo/li   accento in e o o vocali forti
Lo iato significa apertura separazione ed è l’incontro di due vocali che non formano dittongo quando trattasi di due vocali forti  po/e/ta   de/a
Un verso di una mia poesia “Dal ponte” così inizialmente disposto
Ove stanziava tempietto d’una dea
non è endecasillabo perché  il termine dea  forma uno iato con  due sillabe separate  de/a
Quindi meglio è
Ove stanziava il tempio d’una dea
Endecasillabo  e ultimamente l’ho riproposto così
Eccezioni allo iato
Io, mio, tuo, suo, zio, formano monosillabo ad interno e inizio verso
Alla fine del  verso formano iato, cioè due sillabe
Le esigenze di Metrica prevedono l’uso di espedienti che permettono  la fusione di vocali distinte e la separazione di vocali unite.
La dieresi  indicata da due puntini posta sulla vocale debole, divide due vocali, strette in dittongo e di una sillaba ne fa due
Ar mo ni o so  cinque sillabe anziché quattro
Fi e vo le quattro sillabe anziché tre
La sinèresi  unisce due vocali separate da iato in una sillaba unica viaggio diventa bisillaba  viag gio applicando la sinèresi
La sinalefe  è la figura metrica che unisce in una sillaba unica quella finale di una parola con la sillaba iniziale di una successiva
Dolce e chiara è la notte e senza vento -  primo verso de  La sera del dì di festa  di Leopardi  è un endecasillabo in cui si verifica tre volte la sinalefe
Dol  cee  chia  raè  la  not  tee  sen  za  ven  to
La dialefe  figura metrica opposta alla sinalefe,  si  realizza una rottura fonica tra la vocale finale di una parola e quella iniziale della successiva
Attimo ardente
At  ti moar den te  diviene di cinque sillabe anziché sei
 
Disposizione dei versi
Si dispongono i versi in periodi o giri musicali che si chiamano stanze o strofe;  esse prendono il nome di:
  • Distici, due versi che generalmente  rimano tra loro con rima baciata AA
  • Terzine, tre versi con rima incatenata : il 1° verso della prima terzina rima con il 3°, il 2° con il 1° e con il 3° della terzina successiva e così via.
  • Quartine , quattro versi con rima alternata ABAB o incrociata ABBA
  • Sestine,  si compongono di sei endecasillabi, i primi quattro a rime alternate, gli ultimi due a formare un distico con rima baciata
  • Ottave, otto endecasillabi, i primi sei a rime alternate, gli ultimi due con distico a rima baciata
  • Nona, strofa di nove versi endecasillabi
  • Decima, strofa con dieci versi endecasillabi
Come  si può notare , non ci sono stanze da cinque versi o da sette versi  nella tradizione letteraria  della poesia classica.
I Componimenti poetici
I principali si dividono in : lirici, epici, drammatici, didascalici.
I  Componimenti  lirici sono quelli che gli antichi poeti accompagnavano con il suono sella lyra e si distinguono in odi, inni, canzoni, sonetti, elegie, capitoli, epigrammi, madrigali, ditirambi, brindisi, ballate, rispetti , stornelli.
I Componimenti  Epici rappresentano le narrazioni delle grandi imprese con il nome degli eroi.
I Componimenti Drammatici rappresentano in teatro i fatti della vita umana e sono volti a moralizzare i costumi o allo scopo di dilettare la platea.
I componimenti Didascalici segnano una qualsiasi materia di studio e istruzione di scienze, arti, lettere e altro.
Armonia e  Sentimento sono i caratteri della poesia che si evolve attraverso le Immagini con cui il poeta rappresenta le cose, gli animali, le persone o un ideale etico-morale, patriottico , religioso.
L’armonia  deriva dal verso, non un semplice insieme di parole, ma un aggregato particolare e disposizione dell’animo del poeta che stila le sillabe con ragioni musicali allo scopo di produrre cadenza e suono determinati.
Le principali figure retoriche
Si  indica col termine figura retorica qualsiasi artificio nel discorso, volto a creare un particolare effetto.
Generalmente , le figure retoriche che i Poeti di Mente e Cuore usano frequentemente sono le seguenti:
  • Allegoria: figura retorica consistente in una descrizione o narrazione che abbia un senso riposto, diverso da quello espresso letteralmente dalle  parole, per cui un concetto viene espresso attraverso un’immagine ;
Ad esempio Dante, nella Divina Commedia, rappresenta  i vizi dell’uomo con queste tre fiere
una lonza leggiera e presta molto
a vista che m'apparve d'un leone.
Ed una lupa, che di tutte brame
Le tre fiere rappresentano tre animali che turbano l'animo dell'uomo:  la superbia e la violenza (leone), l'avarizia e la cupidigia (lupa), l'avidità o per alcuni la lussuria (lonza).
L’allegoria non si basa su un piano puramente emotivo come la metafora, ma richiede un’interpretazione razionale di ciò che sottintende.
  • Anafora, la figura retorica consistente nel principio di verso o di una proposizione, la parola o le parole con cui iniziano il verso o la proposizione principale.

·         Analogia, quasi una metafora ardita ; figura che paragona elementi  semantici distanti, inferendo la loro somiglianza stretta dalle affinità di qualche elemento, dando inizio a nuovi ideali interpretativi. 

 

Es.  Stasera,  Balaustrata di brezza   per appoggiare stasera   la mia malinconia
(Giuseppe Ungaretti, L'Allegria, 1916)  Il verso  Balaustrata di brezza è un’analogia
  • Chiasmo, figura retorica consistente nel contrapporre due  espressioni, in modo che i termini della seconda siano disposti in ordine inverso a quelli della prima
Sparsa è d'arme la terra e l'arme sparte (T. Tasso, Gerusalemme liberata, VI, st. 48)
  • Congedo o chiusa, la strofa più breve delle altre, generalmente, detta anche commiato che serve come conclusione della poesia.
  • Distico, strofa composta di due versi che rimano l’un l’altro, rima baciata
Es. ombra di croci in tempo d'ognissanti
      lumi alle icone in tutti i camposanti
Da Crocifissa [mia]
  • Enjambement, significa scavalcamento: è un fenomeno metrico per cui il concetto espresso in un verso si  prolunga, per ragioni espressive, nella prima parte del verso successivo.
Es.: sol con un legno e con quella compagna / picciola da la qual non fui diserto (Dante, Divina Commedia,  Inf. XXVI,101-102).
  • Lirica, Componimento poetico, generalmente breve, che esprime in modo soggettivo ed intenso i sentimenti e gli affetti del poeta
Es.  La poesia  A Mia Madre [mia]
  • Metafora; similitudine in cui i due termini di paragone vengono fusi in una sola immagine
 Es.: Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo di strade (Ungaretti, Natale, 1-4)
  • Ossimòro, accostamento di parole dal significato apparentemente opposto.
Es.: Dotta ignoranza; - Sentia nell'inno la dolcezza amara / de' canti uditi da fanciullo (G.Giusti, Sant'Ambrogio, 65-66).
  • Personificazione o Prosopopea, è una sorta d’animazione di cose inanimate od astratte  o l’attribuzione ad animale o cosa di sentimenti umani
Es.: Vaghe stelle dell'Orsa, io non  credea / tornare ancora per uso a contemplarvi (Leopardi, Le ricordanze, 1-2).
  • Sonetto, mi piace particolarmente questo componimento  poetico, formato da due quartine e due terzine di endecasillabi, è il componimento poetico più usato nella lingua italiana. Le prime due strofe possono avere lingua baciata, alternata o incrociata, mentre le terzine presentano generalmente rima alternata, incrociata o ripetuta.  Generalmente, per economia di pensiero non disdegno  i versi  liberi,  non incatenati da vincoli  di rime.
Ogni  ulteriore ricerca di altre figure retoriche  sono disponibili in qualsiasi manuale di Letteratura Italiana dei Gradi di Istruzione di Primo e Secondo grado.
Gli esempi e le corrispondenze di questo Compendio  sono il frutto delle mie conoscenze pregresse, accumulate in anni di lavoro nella Scuola, attraverso la lettura dei manuali e ultimi i due Volumi “Conoscere la Metrica” V. Grasso Editore,  Padova, 2010, 2011.
 
Lorenzo Bacco

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a cura di Ezio Falcomer

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