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blog di Franco Pucci

Quasi fosse Settembre

Sfogliare chicchi d’uva come fossero rose
succose gocce rubino a ingolosire il palato
così il sapore degli anni passati insieme. 
 
[quasi fosse amore, sempre]
 
Amore zuccherino divorato a piccoli morsi

Ancora voliamo il tempo

Sono fuggiti in silenzio, senza frastuono
gli anni perduti, giocati per troppo amore,
l’arroganza del falso pudore ha lasciato
bisacce di sogni comprati a poco prezzo 
nei mercati della vita e un baule ricolmo
di ricordi e foderato di buone intenzioni.
 

Senza sangue (as a pulp fiction scene)

In fondo erano solo finti colpi
al cuore, ben assestati peraltro,
ma l’animale non profferì verbo
sputò la lingua biforcuta e sorrise.
 
[tutto si svolse in un amen
in una sera dove parole non dette

La pazienza degli angeli

L’erta sfiorisce.
 
Un ultimo respiro spezzato
e nel chiarore improvviso
l’ovattata ombra silvana
scolora il muschio antico.
 
Si apre a due passi dal cielo
la fatica ridente del passo

25-Più in la

Solo un volo di farfalle.
 
Circospetti passi tra le felci
levano come cipria iridata
un volo di farfalle.
 
Il cuore apre alla certezza
della meta sospirata, 
finalmente il crinale declina.
 

Due pietre

Ho le dita intorpidite,
le nocche impallidiscono.
Stringo mucchietti di parole 
che anelano cieli diversi.
 
[disteso, sospeso tra due blu,
come in un limbo immeritato,
godo di privilegiata situazione]
 

Era di San Martino. O giù di lì...

Era di San Martino. Ancora?
 
Scatoloni guardavano attorno affranti,
le voci dei figli rincorrevano inesauste
il rimbalzar dell’eco tra le stanze vuote
e nel tuo sorriso complice nascondevi 
rughe di dolce stanchezza tra le ciglia.
 

Nessuno è il tuo nome

[c’è chi aprendo gli occhi al mondo 
esibisce la sua arroganza e lo reietta]
 
Nascondi la tua paura tra bit e transistor
manipolando le vesti con icone artefatte
vendi la tua vita a una scatola bugiarda.
 

Perché, ancora...

[perché, ancora 
i tuoi fianchi raccontano]
 
Dolci declivi allo sguardo
le sinuose penombre
e mormorio di ruscello
è il glicine bianco aperto
su un bocciolo di rosa.
 

Compravendita di false identità

Ho barattato un paio d’ali stanche
di gabbiano corroso di salso mare
e ho circuito una lince errabonda
che avea smarrito il senno e la rotta.
 
Ho venduto tre versi incomprensibili
a quattro soloni dalle penne dorate

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