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Fatemi spazio.

fermati, ascolta
 
[sibilo compresso
aria che cerca spazio
polmoni in apnea]
 
fermati, ascolta

Migrazione cruenta del verbo

Alle capanne la sopravvivenza dei muschi
dal lato nord dove comincia l’umido nelle bussole
fu garantita dalla sapienza degli anziani
che parlarono in ultimo dello stragemma del freddo per indurre
cuore ed amore a rimarsi. Ma non bastarono le favole.
 
Noi, allora, venivamo da sud e lì trovammo pietre
per i nuovi muri e per la testa dei serpenti
di cui facemmo scempio.
 
Si disse così dei migratori che avevano abbattuto anche i peccati:
niente di vero; la perdita delle pelli a quelle serpi
costò la vita ai serpi veri: questi che sulle pire danno un senso
di giustizia nelle ossa.
 
Gente inattesa per le ceneri. Tutti uomini messi a nudo
in un solo grumo;
perché è così tra i popoli:
si vive a corte solo per ammazzare il re
avendone i calzari e la regina.
 
Non coltivammo il verbo:
dopo di noi, parlò il silenzio.

Adesso, ancora.

abbasso lo sguardo sui tuoi capelli
lenti si muovono al ritmo dei fianchi
mentre i  tuoi seni danzando ribelli
battono il tempo su cosce tremanti
 
grido l’amore tra i pugni socchiusi
ora il rossore il tuo viso riaccende
muoio e rinasco tra gli spasmi attesi
l’onda che arriva il respiro ti prende
 
ora la calma riprende il possesso
così il tuo fiato che torna padrone
del mio respiro che proprio adesso
torna a richiedere nuova emozione
 
acquamarina i tuoi occhi ridenti
chiedono ancora vulcano e lapilli
pronta ti chini e in pochi momenti
torno a serrarti di nuovo i capelli
 

Il miele della menzogna

 
Il miele della menzogna
 

È il vischioso inganno del “sublime” a intrappolare l’uomo prima di ogni altra cosa, per poi farlo sospirare con intollerabile pazienza, dopo l’immensa, indicibile chiarezza”
Mishima Yukio, Il tempio dell’alba Leggi tutto »

'fanculo i cani.

In un momento di buonismo, andai al canile, proprio un canile, quello della Maristella, a cercare un derelitto da portare a casa a riempire quel buco che mi si stava aprendo dentro, lentamente ma, inesorabilmente. Pareva un "girone" dantesco in cui i dannati, qui i cani, stavano immersi nella merda. Lei, povera donna, pensava di fare e faceva il massimo, date le circostanze. Comunque, tra le decine di animali, di tutte le età, colore e dimensioni che si aggiravano nel recinto comune, molti erano i cuccioli e quando entrai, si precipitarono ai miei piedi scodinzolando e uggiolando festosi. Poi capii il perché: i visitatori portavano sempre qualche leccornia alimentare per loro. Scelsi quello che mi pisciò sulle scarpe. Ho sempre avuto riverenza per quelli che me l'hanno fatto nella vita. Naturalmente nero, li ho avuti sempre di quel colore, orecchie lunghe cadenti, occhi tristi e lacrimosi: un incrocio cooperativo di bracco-segugio-bassotto, di sperabile taglia non grande. Quando feci per prenderlo, si buttò sulla schiena e continuò a pisciare, smodatamente. Sembrava ridesse. A casa, bagno caldo. Disperato si arrampicava sui bordi della tinozza, che non gli facevo superare e guardandomi pareva chiedermi e chiedersi : ma, allora, non mi vuoi bene. Avvolto in spugna e massaggiato a dovere, si ricredette e cercò di leccarmi il viso, più volte. Intanto, come da quando l'avevo preso, scorrevo mentalmente una serie di nomi, da affibbiargli, meritatamente, se possibile. Cominciai coi soliti: Bobi, Black, Ringo ma, sapevo già che non mi piacevano e ritornavo sempre a quello che avrei voluto mettere al mio cane in odisseica memoria ma, guardandolo, non mi parve il caso. Allora, anche se mi stanno sulle scatole certi fumetti francesi, per via del protagonista ammazzaromani ma, nonostante ciò, li trovo divertentissimi, decisi per Asterix.

Senza titolo

 E t'assapor
in un precoce attimo
 
Tu il Giorno
io
per sempre notte
 

La pace dei sensi

Nel tuo corpo eburneo
profumato di essenze gentili
come la seta morbido glabro
trovare l’ansa l’approdo calmo
al mio peregrinare irrisolto
è sensuale pace dei sensi.

Non vi turbi il mio pianto

"Voi ch’avete l’intelletto sano"
della psiche la felicità
e occhi per gustare del cielo e
dei fiori il colore guardate
pure la mia malinconia
con occhio socchiuso sbircio
l’angolo della bocca grinzo
le spalle alte indifferentemente.
Non vi turbi il mio pianto
che in solitudine nasce e
mi dilava palpebre e gote
vede un attimo queste righe
veloce passa le vostre pupille.
 

Inadeguato

Mi colgo spesso qui
nei meandri della mente
in sofferenza stretto
da fatti non miei.
Che mi scavano
cercando risposte
che vorrei avere
ma che le braccia
appese larghe
dicono di...no.
Struggo l’anima lungo
percorsi di fatiche altre
bravamente convinto
che qualcosa si possa
alfine.
Ma, anche stavolta
piango l’inadeguatezza che
m’accompagna ancora.
 

Il sole m'ha accecato

 Il sole m'ha accecato
nel più banale dei modi
Entrando dalla finestra
ritagliava il mio viso
ed io lo attendevo ad occhi spalancati
incapace di accettare la notte
l’assenza di me
 

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